Al buio incontriamo la persona vicina: Luca racconta Rossella

Rossella – di Luca Miraglia

Un nucleo potente e appassionato a forma di bimba che sgomita, scalcia, piange di gioia e ride di rabbia… che sa colorare il proprio mondo di amorose memorie e dei segni di tante battaglie.

Il senso del tutto nel gioco sottile e ironico, ma intenso e a volte doloroso, con cui incontra la vita.

Al buio raccontiamo la persona che ci sta accanto: Carmela racconta Lucia

Creare per volare – di Carmela De Pilla

Creare per volare

 Ammirare per giocare con le emozioni e coi colori

Creare gli uccelli a modo mio senza legami

Volare nei cieli immensi per planare lo sguardo sulla magnificenza della natura

Ammirare la bellezza di un piccolo fiore o di un panorama sconfinato dove la mente può viaggiare indisturbata

Sentire il battito di una farfalla e meravigliarsi dell’armonia che spande nell’aria

Guardo la bellezza con stupore e la trattengo nell’anima come sorgente di vita

Come l’ultimo respiro

Quello più prezioso.

Al buio raccontiamo chi è seduto vicino: Anna e Tina viste da Patrizia, mentre Sandra racconta Nadia

Patrizia racconta Tina e Anna – di Patrizia Fusi

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Nel gioco che abbiamo fatto non sono stata capace di percepire nulla sulle mie compagne.

Vedo Tina nella sua famiglia circondata da figli e nipoti, pronta sempre a mettere alla prova la bravura cha ha per coltivare l’orto, per il suo pollaio, la fantasia in cucina con erbe del territorio, il modo bello nel dipingere: percepisco una persona che mette passione in tutto quello che fa.

Vedo Anna una persona molto disponibile verso i suoi familiari e con amici, aperta alle amicizie, una persona buona, attenta a tutto quello che la circonda, ai rapporti umani , ha capacità con le piante, ha delle bellissime orchidee, ha capacita con gli animali, le tartarughe e un gatto dal carattere deciso, alcune volte fra tanta serenità e bontà un velo di malinconia, che scioglie nelle comminate nella campagna.

Di Nadia sento questo – di Sandra Conticini

Il carattere scherzoso è solo una maschera per sdrammatizzare i problemi.

Empatica, ultimamente un po’ confusionaria, Nadia è una persona impegnata nella vita politica, piena di interessi, amorevole con i nipoti, ma non assillante.  Riesce a stare da sola, ma ha bisogno di compagnia e amicizia, con una gran voglia di viaggiare e conoscere cose nuove.

Al buio si racconta chi è accanto: Lucia racconta Carmela

Carmela – di Lucia Bettoni

foto di Lucia Bettoni, mani di Carmela De Pilla

Dal mare si erge una collina
Nella terra della collina
sono stati scavati tanti scalini
Uno scalino dietro l’altro
Uno scalino sull’altro
Una scalinata su un’alta collina

Un filo alla destra
Un filo sottile di perle
dove aggrapparsi per salire
Un passo dopo l’altro
La mano destra sul filo di perle

Avanzi lentamente
Ti innalzi con fatica
con il petto aperto e
le spalle dritte
Un passo dopo l’altro
La mano destra sul filo di perle

Ogni tanto ti fermi
Quello che hai lasciato in basso
ti chiama
A volte la voce è straziante
e il cammino si strozza si blocca
Il respiro è affannoso

Poi passa un fagiano e canta
Il tuo sguardo si alza per seguirne il volo
Segui il fagiano
Segui il suo volo

Un profumo di terra impregna l’aria
Puoi sentire l’odore delle penne
del fagiano bagnate dalla pioggia
Profumo di vita!

Il cammino continua
Si intravede la cima
Ma cosa ti aspetta sulla vetta?

Sei curiosa
Inarrestabile
Modelli gli scalini perché
i tuoi passi siano più comodi
e scorrevoli

Non hai paura

Hai le mani piene
Hai le mani ricche
Hai le mani tutte tue


Al buio raccontiamo chi è vicino: Carla racconta Gabriella

Gabriella – di Carla Faggi

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Un filo di lana, molto lungo fatto di vari colori. Si arrotola su se stesso e diventa gomitolo. Mentre si arrotola incontra dei nodi, degli strappi, a volte cade e si srotola ma poi piano piano ricomincia a riaggomitolarsi.

Quando l’ho conosciuta qualche anno fa era un gomitolo parecchio rattoppato, a momenti sfilacciato ma si percepiva la forte volontà di auto-guarirsi e di accettare una mano anche da noi matite. A volte riuscivamo a tendere il filo perché lei lo riavvolgesse bene, a volte magari rischiavamo di strapparlo. Ora dopo arrotolate e srotolate percepisco un gomitolo ben fatto che si tiene bene e che trasmette calore a chi lo tiene per mano

Al buio parlare del proprio vicino: Rossella racconta Luca

Luca – di Rossella Gallori

disegno di Rossella Gallori

Luce Spenta, Silenzio, avverto calore al braccio Sinistro…

Luca si rivela per una immensa  ESSE maiuscola, una solida base bronzea la sorregge:

Se solo sapesse, se solo scrivesse brevi poesie, se si spargesse per cielo, per mare, per acqua di fiume, per cibo, per sale, per zucchero….(poco)!

ESSE solo ESSE, come salute, come sogni, come sto con te.

ESSE come sensazioni, come salgo… scendo…come scappo, come silenzio scandito da suoni, come scarpe senza stringhe.

Poi basta uno  ssssssguardo con più ESSE e  ci sei tu! .

Quindi dicevo: scottava,  stasera il mio braccio sinistro…

(La mia mano destra disegna una ESSE gigante)

Un giallo fiume quasi giapponese di Simone

Giallo fiume – di Simone Bellini

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Appoggiato alla spalletta del ponte guardavo scorrere l’acqua del fiume colore oro arancio che l’approssimarsi del tramonto gli donava. Era spiovuto da poco, nel cielo si era diffusa quella particolare luce gialla che nettava tutti i contorni evidenziando l’architettura e le sue ombre . L’arcobaleno delimitava quel chiarore separandolo dal grigio plumbeo delle nubi che si stavano allontanando. L’aria fresca, ancora umida , entrava nelle narici infondendo un senso di pace. Ero rapito da quell’atmosfera, ipnotizzato dai bagliori gialli riflessi sulle increspature dell’acqua che scorreva sotto di me facendomi sporgere nel seguirli. Un senso di tranquillità aveva spazzato via tutti i miei problemi. Ero in pace con me stesso.
-Ma cosa fa? Si fermi! Non lo faccia!- un energumeno mi si fiondò addosso bloccandomi in un abbraccio- ci ripensi, la vita è bella! A tutto c’è un rimedio!!!-
-Ma cosa fa, mi lasci- dissi dimenandomi per liberarmi da quella presa- mi lasci ho detto!- Lo strattonai con tutte le mie forze……. Troppe direi!!!…..mentre la spalletta si allontanava repentinamente dalla mia vista. Annaspando nel vuoto ebbi solo il tempo di dire:
-MAVAFANCULOOOOOoooooooo !!!!
SPLASH 💦

Color terra un po’ Giappone di Tina

Il colore della terra – di Tina Conti

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Si fa presto a dire è una macchia di terra.

Si deve indagare bene da dove provenga, come sia distribuita , che tonalità abbia.

La colorazione che osserviamo ci parla del mondo, della sua  natura e formazione.

La nostra terra ci racconta tutto del  tempo passato.

Della geografia e della storia , della nostra esistenza.

Qualcuno ha dato già alle  colorazioni caratteristiche  indicative: come  per  la terra di Siena  che   nella tabella delle colori  ha una posizione  ben determinata.

Noi possiamo vagare con gli occhi e scoprire tutte le variazioni che i nostri sensi  ci regalano.

Si può dire allora che il colore della terra non esiste, muta sempre, è diverso a seconda di dove lo guardiamo e in che momento di luce e condizione atmosferica.

Lo osserviamo.

Ritornando alla famosa macchia che si è stampata sui pantaloni bianchi mentre lavoravo in giardino.

Si può affermare che l’acqua abbia fatto un buon lavoro nel rimuoverla ma, guardando bene la si vede ancora apparire.

Come una leggera ombra ben delineata.

Era una macchia di terra oppure altro si dirà.

La magia del colore è infinita, quando denso  lo mettiamo su una superficie, lo vediamo rilucere al sole, aggiungendo acqua, si espande, corre, si schiarisce si mescola.

Cambia col calore e la luce.

La carta, la stoffa, la pietra, l’intonaco, assorbono il colore dando risultati diversi fango secco, terra nera concimata, polvere terrosa, terrina di fosso, terra argillosa, quasi sabbia.

E’ talmente forte l’attrazione dell’uomo per la terra  che

L’ha usata in tutti i modi,anche cospargendosi il corpo.

Mimetizzandosi, curandosi  per sentirsi parte di essa.

Un quasi giapponese color fuliggine in movimento di Gabriella

Color fuliggine in movimento – di Gabriella Crisafulli

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Dai tornanti che si succedevano dietro la salita si intravedeva il bianco della cima stagliarsi sull’azzurro di un cielo terso.

La spianata a cui conduceva la strada era un paesaggio lunare.

Ad un’estremità uno sperone di roccia si affacciava sul turchese della costa.

In qua e in là il terreno fumava attraverso i crateri che spaccavano il suolo.

I piedi calpestavano sassi, brecciolino, sabbia che rotolavano lungo il pendio ad ogni passo, ad ogni folata di vento.

Il color fuliggine era in continuo movimento. Scivolando risplendeva nelle sue sfaccettature ferrose e rifletteva la luce.

Accendeva migliaia di cristalli, tanti piccoli fari per viaggiare nel tempo che rimane e nello spazio tutto per noi.

Un quasi giapponese color sacco di juta di Daniele

Colori naturali di un sacco di juta – di Daniele Violi

Photo by Maria Orlova on Pexels.com

Sono lontani, ma ancora vicini nei ricordi e cosi presenti davanti ai miei occhi, i sacchi di juta con i bordi arrotolati, allineati sotto tettoie di capanne di canna o di lande di lamiera, che contenenti polvere, spezie profumate ricavate da foglie radici e fusti di piante aromatiche, si sfoggiavano alla mia vista, nei mercati di Dacca e Katmandu. La Curcuma color arancione, il Curry color giallo, la Cannella, la Paprika, lo Zafferano, il Ginger, con colori diversi in questi sacchi colmi, davano a me un’idea di quanto il piacere per il contatto di fibre, colori e la materia che le piante ci forniscono e la loro generosità, mi attraeva e attrae da tempo immemore gli occhi e tutte le sensazioni di piacere che regala il contatto con il colore, con i colori, che la Natura ci offre in molteplici momenti, aspetti e dalle attività che fin dall’antichità Donne e Uomini hanno vissuto e con cui hanno misurato la propria esistenza e la sopravvivenza condividendola con le Piante, compagne di viaggio. I tanti colori che ci circondano e ci influenzano, nei mercati dell’oriente ci ricordano che la cultura dell’uomo é cresciuta con i colori della natura. A me i colori dei sacchi di spezie hanno aperto sensazioni di gioia. Il profumo che esaltava ogni spezia colorata e la storia di quel sacco colmo che mani capaci e amorevoli ne avevano reso possibile l’esistenza, per donare il piacere della conoscenza che veniva tramandata e conservata. I colori naturali, le tonalita’ che impariamo fin da piccoli; la frutt,a le piante dell’orto, i campi coltivati, il colore dei boschi, le macchie che con toni diversi ci indicano specie diverse; sono abituato a ragionare con i colori. Colori maturi, colori appariscenti, colori forti che mi appagano e mi fanno emozionare e intenerire. Il colore della sabbia naturale, con il colore che si addice e che amiamo fin da piccoli. Un colore che poi complice, si aggiunge ad un colore che abbiamo creato nel tempo, come alcuni e uno in particolare, già manomettere la sua polvere nel suo sacco mi inquieta; il suo uso e la sua importanza ci sono familiari e complice anche la sabbia. Un colore che non amo e mi disgusta. Il color grigio del cemento, che trovo innaturale e che solo la Natura sa nascondere. 

Dal quasi Giappone il color rosso falò di Rossellina

Color rosso falò di fine anno – di Rossella Bonechi

foto di Rossella Bonechi

Forse i colori sono quelli più difficili da definire: come poter ingabbiare in una parola sola il colore del mare o tutte le sfumature di un prato selvatico in fiore? La Luce stessa si è fatta trasparente per l’incapacità di mostrarci tutte insieme le emozioni dei colori.

A me è il colore rosso-fuoco che recentemente mi ha colpito.

31 dicembre, una piccola piazzetta davanti ad una piccola chiesa di un piccolo paese ai piedi del monte che si butta in mare, gente riunita intorno ad un falò, quello sì grande, sapientemente costruito a pira per durare il più possibile; l’accensione accompagnata da un applauso collettivo e poi….tutti a guardare l’ipnotico fuoco rosso che saliva sempre più su.

 Ma per qualcuno era di arancio-speranza che il Nuovo Anno fosse migliore, per altri era di blu-favilla per dare un calcio a quel che era stato ed era finito, per qualche persona era di giallo-calore nella convinzione di aver scacciato lo stare da soli.

Quanti colori in quel fuoco dal pagano sapore purificatore, quante scintille prodotte dal rosso-bruciare incaricate di portare in alto nel buio fino a sparire chissà dove pensieri, desideri, preghiere, buoni propositi.

Forse il rosso-fuoco non è nemmeno un colore ma una catarsi potente che tra la fine di un Anno e la nascita di un altro ci ha fatto sentire un po’ tutti delle piccole Fenici.

Quasi dal Giappone il verde bambino di Carmela

Colore verde bambino – di Carmela De Pilla

Photo by Abdul7amid Al Fadhly on Pexels.com

Batteva forte.

Picchiava sull’asfalto, sugli alberi, sui muri e portava via con vigore ogni cosa, lo faceva con rabbia o col desiderio di purificare, di togliere le incrostazioni del tempo che avevano nascosto l’antica bellezza?

Quella pioggia aveva bagnato tutto, anche la sua anima che ora si sentiva libera, aveva lavato ogni angolo del giardino e quando il vento portò via l’ultima goccia il sole si affacciò prima timido poi prepotente e tutto sembrò più bello.

La donna camminava silenziosa per non disturbare e guardava con devozione ogni filo d’erba, controllava che tutto fosse in ordine proprio come fa la mamma col suo piccolo.

Camminava senza una traiettoria precisa, andava in qua e in là chiamata da una foglia o da quel fiore sbocciato prima del tempo poi si fermò stupita e con gli occhi di un fanciullo seguì disordinatamente quei ciuffi d’erba appena nati.

Chiazze di un “ verde bambino” schizzavano birichine qua e là nel prato invecchiato dal freddo, quei fili così fragili e delicati nascondevano una forza quasi sfacciata, avevano voglia di esplorare il mondo, di affacciarsi a quella terrazza dove l’azzurro del  cielo si appoggiava sul seno delle dolci colline.

Quei fili d’erba delicati e ancora innocenti erano felici di avviarsi verso l’avventura del vivere.

Quasi giapponese il colore dei sogni di Sandra

Color verde sogno – di Sandra Conticini

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Cirilla era quella bambina che in paese  chiamavano ”la sognatrice matta”. Tutte le mattine si alzava e passava la giornata per strada a raccontare i suoi sogni, che poi erano sempre gli stessi.

Purtroppo non era stata troppo fortunata perchè  parlava  male, così  non riusciva ad avere amicizie,  la beffeggiavano e si rivolgevano a lei come fosse una strega, ma per fortuna non capiva.

 La giornata iniziava sempre dicendo la stessa frase:- Stanotte il mio sogno era bellissimo!!!.

C’era un giorno che raccontava di aver sognato un tacchino verde smeraldo che le correva dietro, oppure del principe verde pagliuzza di grano, spesso parlava di aver mangiato una schiacciata verde carota con mortadella verde rubino.

Chi cercava  di convincerla che i suoi sogni non potevano essere così colorati perchè sono in bianco e nero lei con molta tranquillità rispondeva: – Io sono sicura che i miei sogni sono tutti colorati di verde perchè è il colore della natura che mi  rilassa mi aiuta a vivere. I vostri sogni neri venati di bianco sono il colore della tristezza e non  riuscirei a tirare avanti in pace, allegria e con tanta speranza.

Quasi giapponese: il color fantapasticcio di Anna

IL COLORE DEI SOGNI – di Anna Meli

Photo by Pixabay on Pexels.com

            Dicono che durante il sonno sogniamo molto e solo alcuna volte ricordiamo storie e immagini che ci sembrano reali. Nel ricordare rivediamo scene, cose e personaggi con i quali abbiamo interagito, riviviamo sensazioni che ci fanno soffrire o gioire.        

            Mi capita che svegliandomi prima della fine di un sogno di volere che esso continui perché mi piace e mi sforzo di riprendere sonno per arrivare alla conclusione. E’ una cosa impossibile perché al sogno subentra la mia fantasia che viaggia su una linea parallela e falsa cancellando quello che sarebbe stato il vero finale.

            I sogni sono incomprensibili nei loro intrecci, i nostri pensieri possono fornire loro una indicazione o un desiderio nascosto ma poi tutto si risolve senza una logica.

            Spesso mi capita di svegliarmi col desiderio di crogiolarmi in essi e strizzo gli occhi per non farli andar via. Vedo allora i colori che mi ricordano gli acquerelli con i quali pasticciavo da bambina: giallo, rosa, azzurro, verde intenso, qualche pennellata di grigio, poi una pennellata andante di bianco ed ecco formarsi un unico colore con mille differenti sfumature. E’ il colore dei miei sogni: color fantapasticcio.

Il gusto cromatico orientale è con noi: color oro del Giappone di Luca

Color oro del Giappone – di Luca Miraglia

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E’ pesante, traforato, con tanti buchi e tanti tappi.

Assomiglia ad una campana magra magra, lunga lunga e ricurva a mo’ di busto umano.

Non si sa bene da che parte incontrarlo…. lo chiamano ottone ma solo a guardarlo si capisce che è molto altro, forse proprio qualcos’altro.

Non lo percuoti, non lo pizzichi, non servono altri marchingegni per dargli un senso.

Basta un soffio, quasi un soffio di biblica memoria, e la vita gli scorre dentro, esitando in un canto fatto non di parole ma di suoni dai toni umani… e il senso lo ritrovi nel ritmo del respiro che si fa voce dell’anima attraverso la sua anima d’ottone… oro del giappone

Quasi Giappone a colori: il color sabbia arroventata di Carla

Color sabbia arroventata – di Carla Faggi

Photo by Lisa Fotios on Pexels.com

Amo il mare,il caldo, l’estate e i suoi colori.

L’estate per me è come una bella signora vestita di “celeste mare calmo” che è un azzurro-verde chiaro, con accessori in grigio-verde sbiadito cosiddetto color “mare agitato”. Porta dei capelli lunghissimi color “sabbia arroventata”.

È una donna matura, innamorata; infatti ci si innamora sempre in estate!

E di chi ci si innamora in estate?

Ma di lui! il Vento forte in pieno acquazzone!

È un bell’uomo, giovincello ma di carattere, veste con un lungo abito color “bisogno di dominare”, marrone bruciato sfumato di ocra.

Lo cambia spesso con un altro color “fidati che ti porto via con me”, un blu petrolio sbiadito.

Ma lei, l’Estate, lo ama un po’, ma poi si stanca e decide di cambiare.

Con chi? Ma con lui,il bel damerino soprannominato Sudore, che non la molla per tutto il periodo necessario, lei sa che su di lui si può sempre contare, con quel bel colore rosa polveroso con striature indaco.

Eh già! Son tutti belli i colori dell’estate!

Quasi un colore giapponese: il color karkadè di Nadia

Color karkadè – di Nadia Peruzzi

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Mi ha sempre colpito perché é un colore intenso, di un rosso profondo, che sa di vicino oriente e di Mediterraneo. Piacevole e rilassante questo “profondo rosso” ,non certo come il film di Dario Argento che mi fece così paura da costringere gli amici con cui lo avevo visto ad accompagnarmi fin dentro casa.
Il fiore da cui deriva questo nettare ,l’ibisco è da climi caldi . A Rodi ricordo siepi altissime e con fiori che erano il doppio di quelli che vediamo nei vasi da noi. Con quelle temperature, una bevanda fresca ad accompagnare la siesta e il torpore che prende nel mezzodì è indispensabile. 
Quel colore ,più che il sapore un po’ asprigno, è quello di un sogno ad occhi aperti. Che mi riporta a qualche anno fa.
Una notte placida ,con una nave che senza fretta risaliva il corso del Nilo fra Assuan e Luxor, in un caldo infernale, malgrado fossimo ad ottobre. Nessun rumore se non quello delle onde che ogni tanto schiaffeggiavano con delicatezza la chiglia.
Rivedo il tavolo attorno a cui son seduta con i miei compagni di viaggio, i bicchieri grandi in cui si rifletteva la luce e Il liquido rosso che si rompeva in una miriade di rubini giocando in mezzo ai cubetti di ghiaccio.
Appannati e ghiacciati, quasi era difficile tenerli in mano. Durò poco, la notte più calda che avessi mai sperimentato, li intiepidì rapidamente. 
Anche il colore cambió volgendo al granata.
Il Nilo ai lati della nave era buio, una lunga striscia di cui non si vedeva fine né inizio .Il cielo sopra di noi una coperta di stelle. Bastava alzare un dito per poterle toccare da tanto che sembravano vicine.
Si parlava a bassa voce ,bevendo, per non rompere quell’incantesimo di sapori, profumi, di appagamento dei sensi!

Quasi Giappone: color impasto di Patrizia

Colore impasto – di Patrizia Fusi

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Impasto, colore che riempio dei miei ricordi, in questo periodo sento la fatica del mondo che cambia in maniera negativa per me, questo mi fa  ricordare un quarto di secolo vissuto, con timore, incertezza, con gioia leggerezza della gioventù, dolori che la vita ci infligge e la fatica alcune volte del vivere.

Ricordo il modo di vivere in paese, mi sembra così strano che sia cambiato cosi tanto, di come erano le abitudini, il lavoro, la radio in quasi tutte le case, le prime televisioni che andavamo a vedere nei circoli o nei bar, di come cambiarono i consumi alimentari, tutto fu inscatolato impacchettato e imbottigliato, non si vendevano più i prodotti sfusi, ricordo quando vidi i ravioli al pomodoro in scatola e golosa come sono li comprai (una delusione )

Il muoversi, a piedi, in bici, in moto, in tutto il paese solo due macchine e noi bambini quando sentivamo il rumore della moto correvamo a vederla passare.

Ricordo la felicità delle donne del paese quando il comune mise il fontanello dell’acqua potabile in ogni rione, a quel tempo le abitazioni nel mio paese non avevano l’acqua in casa. In questo periodo quando vedo i bambini e i giovani mi viene di pensare come sarà cambiato il loro modo di vivere la società quando avranno la mia età di oggi, come sarà cambiato il paese, come saranno i rapporti umani, come l’intelligenza artificiale condizionerà le loro vite

Quasi giapponese: il color orabasta di Rossella

Color: ORA BASTA…tra lacrime, rabbia, silenzio e follia…VIOLA  ( semplicemente violetto di Parma) – di Rossella Gallori

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…la piccola sedia di paglia a stento conteneva me, gambette, cosciotte … bucava la stroppia un sederotto già largo e piatto prima di diventar grande, subiva “ il pungere” in silenzio.

Il fuoco disegnava  strane figure negli occhi di una bimba disattenta al tanto ed attenta al poco, le fiamme costruivano storie.

La stanza era troppo grande, veramente troppo…

Ciondolava dal soffitto un ombrello a mò di cappello, un lampadario molto assemblato, pieno di lampadine al minimo di tutto.

Odore di cibo nell’ aria, vero o finto che fosse, c’era, un po’ di castagnaccio, un po’ di sugo vero, odore di impaccio….

Pensavo con le mani affondate nelle guance e gli occhi semichiusi, il cuore batteva, batteva dipingendo un colore, ripetendolo  instancabile: viola toc…viola toc….viola toc… Cosa aspettavo? Cosa volevo, cercavo, chi mi aveva schiacciata li???

Le lacrime scendevano, un po’ blu, un po’ prugna, unendosi in un unico ruscello color fango.  Le parole mi restavano nell’ ombelico, cercando di uscire: spam, spam, spam.

Il silenzio era nel cervello, affollato d’oro glassato, un miscuglio di metalli preziosi.

La sirena dei pompieri svegliò di soprassalto i miei colori, i sogni non raggiunti, i silenzi maledetti, gli abbandoni…bruciava tutto: la sedia piccola, il lampadario grande, il castagnaccio, il sugo buono…ed io!

La porta si spalancó alla prima pompa messa in funzione…all’acqua color menta  ciucciata.

Il primo “ dirigente capo della sezione sud” scrisse brevemente al suo superiore: nessun morto, nessun ferito, stanza deserta, solo un’immensa macchia violaceo, tendente al violetto di Parma, difronte al camino, spento…….

Un colore quasi giapponese: il rosa pelle in mutazione di Stefania

Color pelle usata, in mutazione – di Stefania Bonanni

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Palmo della mano un tempo rosa, poi sempre più tendente al giallino, con tratti scuri dove la pelle penetra in linee sempre più profonde, quelle dove si leggevano la durata della vita, gli amori, le malattie, e che ora si sta attenti ad ignorare (non si sa mai)…

Palmo dove cominciano ad affiorare macchiette, ed è certo sia l’età,  che cambiano il rosa tendente al giallino in rosino sul marroncino  e poi chissà…cominceranno a somigliare all’interno di quelle zampe gialle gialle dei polli, e poi anche un po’ grigie, color abbruciacchiaticcio anche prima di essere davvero passate sul fuoco

Palmo della mano: nasce rosa e morbido, gonfio come un puntaspilli, profumatissimo, diventa rosa tendente al giallino, poi zampetta color abbruciacchiaticcio, sempre più contorta e risucchiata.