Il guardiano del grano – di Carmela De Pilla
Era tutto pronto per la giornata del martedì grasso, già una settimana prima Piero aveva preso dalla cantina lo spaventapasseri, imbronciato per essere stato buttato in mezzo a mille cianfrusaglie, per lungo tempo dimenticato da tutti.
Era da ringiovanire un po’ così si mise in un angolo del porticato e incominciò il trattamento, prima di tutto lo imbottì di paglia fresca poi gli abbottonò la camicia a quadri gialli e rossi e gli tirò su i pantaloni stretti in vita da una corda, due grandi tappi di sughero dipinti di rosso li mise al posto degli occhi e la bocca ricavata dalla buccia di una zucca la cucì sul viso con il fil di ferro.
Un vecchio cappello di panno verde e un fucile di legno a tracolla completavano l’ opera, si allontanò per osservarlo meglio e soddisfatto disse a suo nipote Tommaso – Con quegli occhi di brace e il fucile farà buona guardia al grano, quest’anno tra merli, passeri, gazzelle e cinghiali non ci si salva, sono sicuro che farà il suo dovere!!!
Dovevano preparare ancora i lunghi pennacchi per la “Carbonchiata” e Tommaso che non perdeva di vista nonno Piero lo guardava incuriosito e incantato e si dette un gran da fare, dovevano essere almeno una decina così presero dieci lunghi pali, fecero delle fascine di paglia e rami e li legarono all’estremità, dovevano essere folti perché il fuoco durasse a lungo.
Nella fattoria c’era un gran fermento per il grande evento, Piero portò lo spaventapasseri in mezzo al campo di grano già abbastanza alto e lussureggiante e lo piantò ben saldo, doveva resistere alle piogge primaverili e al vento mentre le donne preparavano al canto del camino gli spiedini per l’arrosto della sera.
Per lo spaventapasseri che tutti chiamavano Grassone era una giornata memorabile quella, finalmente era ritornato in vita, aveva ritrovato se stesso e con il petto in fuori e il suo smisurato pancione si dava grandi arie di “Guardiano del grano”
Ecco giunto il grande momento, verso l’imbrunire tutti, donne, uomini, ragazzi e bambini si ritrovarono nel campo, erano tanti, almeno una ventina, i ragazzi facevano a gara per portare i lunghi pennacchi, se ne vantavano, voleva dire che stavano diventando grandi mentre gli uomini accendevano le ciocche di paglia.
Come per incanto il cielo s’illuminò, lingue di fuoco danzavano nell’aria tra nuvole di fumo e intorno si spandeva un’atmosfera di mistero e di allegria, tutti applaudivano e all’unisono incominciarono a cantare a squarciagola
“ Carbonchio, carbonchio il grano lascia stare in quest’ultima sera di carnevale….”
Era importante per loro ripetere tutti gli anni questo rito che si tramandava dalla notte dei tempi, il fuoco, amico da sempre, li rassicurava e li aiutava a sperare che il grano non venisse attaccato dal carbonchio, malattia letale che distruggeva intere coltivazioni e vanificava il duro lavoro di un anno.
Camminavano in fila indiana lungo tutto il perimetro del campo urlando e cantando, c’era anche chi accompagnava con la fisarmonica e fra loro si creava un desiderio di pace e fraternità che li univa ancora di più.
Quando le fiaccole stavano per esaurirsi gli uomini con lunghi coltelli staccavano con un colpo secco i pennacchi dal palo e li lanciavano più in alto che potevano, dieci palle di fuoco si scagliarono nel buio ritornando a terra ormai esauste.
Ci fu un attimo di silenzio interrotto dalla voce di Tommaso che urlò “Grassone, ora tocca a te, sei tu il guardiano del grano! “
Grassone se ne stava lì, aveva seguito con passione la lunga sfilata e aveva sentito la voce del bambino, si riempì di orgoglio per essere utile a quella piccola comunità, era felice della vita ritrovata e gli piaceva credere che quella festa fosse dedicata anche alla sua rinascita.