Lo spaventapasseri da orto

LO SPAVENTA PASSERI – di Anna Meli

            Nonno Pietro era un vecchietto arzillo proprietario di un grande orto vicino casa mia. Coltivava di tutto: patate, fagioli, piselli, insalatine e anche fiori come zinnie e dalie ecc..Guardare quel pezzo di terra era una gioia per gli occhi. Al confine dell’orto c’era un grande cipresso che ospitava in gran numero di passerotti che erano la sua disperazione ma forse anche il suo gioco.

            Tutti gli anni costruiva uno spaventapasseri in sostituzione del precedente che non stava più ritto in modo che l’orto non rimaneva mai sguarnito in qualsiasi momento dell’anno. Non so se prendesse per modello se stesso perché se lo faceva molto somigliante. Procedeva così: due pali incrociati ad ics saldamente legati con un rametto di salice costituivano lo scheletro, poi un sacco di iuta riempito di paglia per il corpo dal quale fuoriuscivano le gambe divaricate e ben piantate a terra con su dei vecchi pantaloni stracciati e le braccia infilate in una camicia a quadracci rossi e neri il tutto completato dalla testa rotonda come una palla infilata in un cappellaccio sbertucciato a coprire occhi inesistenti; un fazzoletto blu al collo, che non c’era, e un grembiule anch’esso blu come quello in uso ai contadini  completavano il tutto.

            I passerotti non ci facevano più caso, ormai faceva parte dell’insieme e continuavano a saltellare ora sulla testa, ora sulle braccia alla ricerca di qualche semino di grano rimasto nella paglia e cinguettavano a più non posso. Pietro allora faceva capolino dal capanno in cui si attardava di solito in faccende e, uscendo con una canna in mano gli scacciava con mille versacci mescolati a “porchemarianne”. Era un gioco? Probabilmente sì. Noi ragazzi che giocavamo in uno spazio lì vicino si scoppiava dal ridere e lui se la prendeva anche con noi.

            Allo scender della sera Pietro usciva dal suo capanno per tornare a casa, andava vicino al suo spaventapasseri, gli risistemava il cappellaccio come si fa con un bimbo e proseguiva lentamente. Era il suo modo di rimboccargli le coperte prima di dormire.             Ho sempre pensato che quella sua creatura o meglio creazione lo facesse sentire meno solo visto che era molto in là con gli anni

Il ritorno degli spaventapasseri

Disegnati da Simone Bellini nel 2013

ispirati a:

Spaventapasseri 22/10/2013

Simone: uno spaventapasseri grasso, con un bersaglio per frecce come pancia, con arco e frecce per braccia, allegro e musicale

Elisa: uno spaventapasseri barocco, vestito d’argento e lustrini, in movimento, cigolante, con civette finte sulle mani

Sandra: uno spaventapasseri sereno, all’aria aperta, che non fa niente, in compagnia degli uccellini, biondo, alto, ridente…..con un po’ dei miei capelli rossi…

Patrizia: uno spaventapasseri buffo, allegro, con la faccia tonda e un cappello a cilindro nero

Ema: uno spaventapasseri infelice, con un compito ingrato che non ha scelto, bloccato in un campo che non gli appartiene.

Franca: uno spaventapasseri che atterrisce, l’uomo nero con un mantello nero e una maschera sul volto, che appare sempre di fronte anche quando insegue.

Mimma: uno spaventapasseri protetto dal freddo, pieno di paglia fino a scoppiare, con una sciarpa perché non abbia freddo, non bellissimo ma colorato

Stefania: uno spaventapasseri in casa, sulla pietra del camino, come una nonna capace di ascoltare sempre, con un vestito a fiorellini e la crocchia in una reticella

Laura: uno spaventapasseri vestito da lavoro, con abiti consunti ma dignitosi, che possa spargere semi di condivisione, come i semi del grano

Donatella: il ricordo della mamma, la sua sciarpa e il pensiero dei suoi ultimi anni vissuti insieme

Roberto: il direttore di banca senza anima,vestito grigio e bombetta nera, bastoncino in mano per camminare o per colpire: quello che si rischia di diventare.

Spaventapasseri in giardino

Mio, il mio spaventapasseri – di Rossella Gallori

foto, interpretazione e disegno di Lucia Bettoni

Un agremano dorato? No meglio un gallone,  la giacchettina di velluto rosso fuoco è così  bordata alla perfezione, sotto un gilet di broccato avorio, la camicia di un pizzo macramè delicato, cela un collo rigido, di legno prezioso, intagliato. I pantaloncini riempiti dal nulla,  di velluto nero liscio…oh no ti manca il cappello,  a nascondere lo sguardo un basco piccolo di feltro grigio, una piccola penna azzurra punta verso il cielo…..Mio come sei bello!!

Ti pianterò in giardino, nascosto tra le rose, non ti espongo, non ti ho fatto la bocca, non devi parlar con nessuno, anche gli occhi  ho dimenticato, son rimasti nei miei, il nasino piccolo a patata, ti farà riconoscere il mio profumo sempre, alle mani  guanti di pelle bianca, le dita larghe ben imbottite, come ali corte e solide, il palmo rivolto verso l’alto….un piccolo portatabacco appeso alla cintura, ma non fumare MIO lo sai, ti fa male…

Aspetterò il primo giorno di primavera ed insieme sceglieremo il posto, qui no? Qui forse? Un posto riparato, allora avevo ragione, tra le rose rosse…lo sapevo…abbiamo gli stessi gusti.

 È notte, dal buio di camera mia ti osservo, sei solo in mezzo a quel praticello, che campo non è, sento che vorresti dirmi qualcosa, mi pento sai, Mio, di non averti fatto la bocca, non importava una mezza luna, bastava un cuoricino, quel tanto per parlarmi, per sorridere, respirare…il vento di un maggio tiepido  ti muove appena il capo, non ti ho fatto occhi, era per difenderti, dalle cose brutte, da quello che avrei voluto nasconderti, non so se è stata una buona idea, lascio tutto a metà, mi perdo nei particolari, dimenticando le cose importanti…. Importanti come questi tre o quattro uccelli che ti saltellano intorno, sbeffeggiandoti, sento il loro gracchiare, in un battito d’ ali stupido ed inutile, come il beccar foglie di rose alla faccia tua che non ti puoi muovere, ridono di te, che sembri un damerino d’altri tempi: ti manca solo la cipria sul nasooooo , sibila il merlotordo.

Mi alza di colpo, no, non ti lascio lì, Mio mio, mi vesto in fretta, indosso la vecchia camicia a quadri, la parrucca rossa, una cravatta brutta, trucco malamente il mio viso stanco, il cappellaccio lo recupero tra i rifiuti in partenza, guanti gialli di gomma, pantaloni a righe di chissà chi, transitato e morto da tempo….metterò anche una coda, ho saggina, nel sottotetto…ecco sono pronta, sono MIA la spaventapasseri…

foto e spaventapasseri di Rossella Gallori

Ti sollevo dal tuo incarico, ti sostituisco,  bercio ai poveri pennuti, che scappan più per accondiscendere che per paura…ma chi spaventa più uccelli?  Ma chi tiene alla larga intrusi voraci?

Ti porto in casa, Mio, al riparo da tutto e tutti, ti spolvero un po’, ti disegno occhi  e bocca e ritorno al mio posto, mentre la notte si fa un po’ più buia ed io piantata in terra, con un’unica  gamba di legno, resisto e guardo il cielo… e quella luna che non mi è mai sembrata tanto grande….