Il vero sorpasso – di Stefano Maurri

Era il 1951 quando la famiglia Rosati, composta dal padre, dalla madre e da tre fratelli, arrivarono a Livorno dalla provincia. Il padre, di Caserta, cominciò a lavorare come facchino nel porto, la madre come rammendatrice in casa, nel quartiere di Ovosodo, dove le case popolari cominciavano a crescere come funghi. Quando si presentava al porto il suo volto forte e solare si apriva al sorriso per i compagni di lavoro; il sudista, come lo chiamavano, aveva imparato rapidamente a bere ponch, a bestemmiare e farsi fare tatuaggi o dire “ci vediamo deh”. La moglie mandava avanti la casa insieme al figlio che cominciò rapidamente a farsi ricordare in cortile per cazzotti, botte, libri tirati dietro. Alla mamma che si lamentava ripeteva spesso “il fulmine non cade due volte sullo stesso albero”, intendendo dire che non sempre sarebbe andata come adesso, che tutto poteva migliorare. Il suo volto glabro e malinconico aveva raggiunto l’età dei diciott’anni quando a bordo di una motoretta scassata e senza marmitta, fece la sua prima rapina alle poste, dietro il mercato. Cominciò così una serie di rapine nel quartiere sul lungomare a Castiglioncello: lo chiamavano il rapinatore bambino per il suo aspetto giovanile e dinoccolato, sembrava che non si potesse acciuffarlo, quando, dopo un’ennesima rapina sui tornanti del Romito incrociò una macchina, una spider rossa, guidata da un giovane biondo con a bordo un altro signore più attempato. La spider sbandò e finì contro la motoretta, che precipitò nel burrone prima ancora della macchina. Il mondo si ricordò dei due componenti la spider: Jean Louis Trintignant e Vittorio Gassmann, ma nessuno fece caso al rapinatore-bambino che sparì nel nulla.
…Non tutti restano nella memoria…
molti cmq fanno la storia, storie di vita tra: “cazzotti botte e libri lanciati”
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Forse non è proprio vero che “il fulmine non cade due volte sullo stesso albero”
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tra la realtà e la fantasia nasce un racconto amaro e divertente…mi piace
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