L’Isola che c’era e che c’è ancora – di Stefania Bonanni

C’era l’Isola, e c’è ancora. Chi ci ha vissuto lì ha marchiati a fuoco, da qualche parte, quei giorni e quei discorsi che sono diventati bisbiglii confusi , piccoli rumori che arrivano da lontano, senza perdere senso, né sentimento. Credo, che si sappia o no, che quei giorni siano stati il barcone sul quale siamo stati traghettati, e non sono sicura che ci fosse terraferma, allo sbarco, perlomeno non per tutti.
L’Isola era lì , molto più vicina della seconda stella a destra, ma il viaggio era cominciato con noi, non si improvvisano compagni di viaggio, per la vita. Fossi un pittore, disegnerei una Chiesa in fondo ad un piazzale coperto di sassi, in cima ad una scalinata ricoperta d’erba , circondata da cipressi lunghi lunghi secchi secchi. Tutt’intorno un muro su cui sedere, sospesi in alto sul paese. Sotto il muro, disegnerei una nuvola spessa e cotonata, un po’ riparo, un po’ nascondiglio.
Fossi un poeta, direi “un campanile che non sembra vero, segna il confine tra la terra e il cielo”, e sul telefono arriva la foto del campanile. C’è scritto: veglia sempre su di noi. C’è chi sta pensando gli stessi miei pensieri, ancora.
Ci si passavano i pomeriggi d’estate. Erano estati caldissime e polverose, le ombre stitiche dei cipressi coprivano poco il sole prepotente, anche perché nel pomeriggio si allungavano oblique verso il muro di cinta, mentre noi ci si sedeva sui gradini della chiesa. Erano strani tempi: nessuno che si meravigliava del caldo d’estate, nessuno allergico ai cipressi, nessuno che passasse le ore in casa da solo. Erano i tempi delle gonne corte, valutando che in campagna arrivavano dopo, le novità. Sempre più corte, le mie. Ricordo il tentennare di traverso della testa della nonna, e il caldo rovente degli scalini della chiesa, dove appoggiavo cosce alla fine, nude. Si arrivava a piedi, noi abitavamo sotto il campanile, o su scoppiettanti motorini, che erano al tempo, l’unico vero oggetto del desiderio. Dovevano essere assolutamente rumorosissimi e per questo si sentivano strane cose tipo “truccare il motore, stappare la marmitta”, gerghi da maschi, incomprensibili. Dovevano farsi sentire, avevano timore non ci fosse altro mezzo, forse. Come con le gonne corte, per farsi coraggio.
Ripensandoci, quei motorini erano davvero buffi. Avevano cassoni stretti e lunghi, sedili allungati dove si entrava anche in due, anche se era proibito. Per acchiappare il manubrio, il guidatore si doveva schiacciare sul serbatoio dando origine ad una strana forma di essere, moderno centauro tutt’uno con il mezzo, dotato di camicia gonfia ai lati, che l’aria gonfiava come fosse una vela.
Immagini di vele, viaggiatori, barche. Del resto, era un’Isola…
Su quel piazzale, a fianco della chiesa, tutti eravamo stati all’asilo dalle monache, poi alle elementari. Si era giocato sempre, da sempre, sotto quei cipressi, e si era bevuto dalle mani polverose l’acqua della fontanina. Poi si era fatta la cresima, la comunione, si era stati tutti in processione per le feste del paese. Sempre su quel piazzale c’erano anche funerali, ma all’epoca non ce li volevano, i ragazzi. In quelle occasioni da una porticina a lato dell’ingresso della chiesa, altrimenti chiusa con lucchetto, spuntavano uomini vestiti di nero, con il cappuccio, che srotolavano striscioni e baldacchino dorati. Tutta la messinscena rendeva morire una faccenda molto misteriosa, paurosa, ma anche appartenente ad una dimensione altra, dove il dolore si mescolava alla scenografia, facendolo diventare sacro e condiviso, da un paese che non lasciava da soli, mai. Nel bene, e nel male.
Scrivi con il pennello e lo fai benissimo
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Hai descritto una realtà che anche io ho vissuto,mi hai fatto ricordare tante cose, non solo te in giovane età ma anche nonna Marianna.Sei brava dentro
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non ho parole per come descrivi le cose,bello.
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Mi sono ritrovata anche io in un pomeriggio assolato seduta su gradini che scottavano. Non è vero, non c’ero, ma ero lì con te mentre ti leggevo. Bravissima
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Un bravo scrittore usa le parole, i pensieri e le immagini per catturare il lettore e tu lo sai fare molto bene,grazie
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