Gli autori di questa sezione hanno collaborato al progetto di scrittura creativa “La Matita per scrivere il cielo” come ospiti esterni, regalandoci immagini e ricordi di quello che loro stessi hanno definito “Il Piccolo Mondo”, cioè il mondo antico della vita quotidiana, che risalta vivida e appassionata.
Il rosa del pepolino – di Jolanda Vignoli

Sono nata nel Casentino. Il mio paese era di montagna, c’era sempre la neve alta, il lume a petrolio, il foco per riscaldarsi, le mezzine per prendere l’acqua alle fontane. Si chiamava Cozzo, vicino a Montemignaio. Nevicava sempre tanto. Quando s’andava a scuola d’inverno ci dovevano spalare la strada.
Era un paese povero, qualcuno lavorava nei campi o alla macchia. Ma il lavoro non c’era: molti andavano in Sardegna. Andavano a Grosseto, in Romagna, verso Roma, ….per tagliare la legna, ma anche per qualsiasi altro lavoro.
Stavano via 5 o sei mesi. Partivano con una cassettina di legno con un po’ di roba…mica si lavavano, mica si cambiavano tanto, quindi avevano bisogno di poche cose.
Andavano col treno merci a carbone e s’era tutti sporchi quando si scendeva per colpa di quel vapore….mettevano la paglia in terra sul vagone merci, ci si stava sopra come le bestie…
S’andava alla macchia anche noi bambini e non s’andava nemmeno a scuola se si stava lontano.
Andavano con la Sita o coi somari o coi ciuchi e andavano a prendere il treno a Porrena per prendere poi un altro treno per Arezzo. Anche per andare a Firenze si doveva fare un pezzo nel bosco con l’asino per andare alla Consuma. Allora i bambini si operavano tutti di tonsille. Si partiva per l’ospedale di Firenze con un ciuco carico. Per arrivare alla Consuma dove si prendeva la Sita per Firenze, bisognava alzarsi presto, passare per i boschi anche se pioveva. Ci lasciavano un giorno ricoverati e poi il giorno dopo i familiari venivano a riprenderci alla Consuma coi ciuchi e poi ci portavano a casa.
Non c’erano strade.
La Sita ci faceva male perché c’era quel puzzo di benzina e ci faceva dare di stomaco.
Ho fatto tante volte questi viaggi: si pativa freddo, i vestiti addosso erano tutti di lana e pizzicavano, non ci si poteva stare nemmeno dentro, sembrava d’averci gli spini dentro la schiena
Io ho giocato poco, c’era da fare le cose in casa…..i giochi non c’erano….Al mio fratello gli compravano il cavallino di cartapesta con le rotine …un genitore lasciava tutto al maschio, ma le donne non erano considerate….s’era anche gelose. Io ero gelosa del mi’ fratello. Un s’aveva nulla tutto ci pareva bello, le bambole si facevano con le spannocchie di granturco, si pettinavano…..si facevano con un mattone o un pezzo di legno, si vestivano… erano quelle le bambole. Ci mettevano un cencio o una sciarpa attorno a un pezzo di legno e ci bastava, si teneva abbracciata come una bambola vera. A Firenze c’era qualcosa, ma lassù un s’aveva nulla.
D’inverno andavo poco a scuola perché avevo sempre la sinusite mi sono operata a 18 anni , sono del 39….. quanto avrò patito…..sempre mal di testa….
Alla fiera ci compravano il croccante, l’anellino con la madonnina,….s’era felici di queste piccolissime cose . D’estate ci davano il pane con il cocomero, l’arancia col pane d’inverno…o bagnavano il pane e ci mettevano un po’ di zucchero se c’era. Nei campi si aveva tutti qualcosa….di fame non si moriva…si mangiava tante castagne …o c’era le mele, le more, le fragole….le patate…

Le balle di canapa, una volta usate, si ricamavano e si facevano le tovaglie. Le persone più anziane le ricamavano a punto a croce, filo erba, punto quadro….giornino.
Sfilavano la stoffa, facevano il giornino e poi le frange e le mettevano sulle tavole come tovaglie. Io non lo facevo ma la mia mamma sì….Magari quando pioveva quando non potevano andare ne’ campi, non potevano fare il bucato facevano queste cose qui…rassettavano, facevano ricami, lenzoli federe…..camiciole….calzettoni, golfi…. la calza….e con queste facevano le tovaglie non per mangiare ma per bellezza….Le balle le vendevano , ci mettevano le castagne, la zanza delle castagne, le patate, il grano…le utilizzavano per queste cose qui….vengo da Montemignaio….le castagne le seccavano nei seccatoi…..mettevano le assicine, con uno spazio sufficiente perché non cascassero e a forza di foco le facevano seccare. Le mettevano poi nelle balle e le portavano a macinare. Poi tenevano anche i minuzzolini, per fare il foco durante l’inverno e anche questa zanza la mettevano nelle balle e via via d’inverno la bruciavano….
Ora ci sono tutti questi sacchettini che non son boni. Le balle invece le lavavano e le riponevano per l’anno dopo. Prima non si buttava via nulla.
Con la canapa facevano anche i lenzoli duri che non si bucavano nemmeno con l’ago. Facevano tutto da sé. La lana la filavano con il rocchetto e poi facevano i golfi, le camiciole, le calze…
La lana la filavano, la lavavano, la stendevano, l’aggomitolavano e poi ci facevano i golfi.
Prima era tanto freddo in Casentino ma i cappotti non si portavano. Ci si vestiva a strati e si avevano i geloni alle mani e gli zoccoli di legno con i calzettoni fatti a mano. Freddo non si aveva, ma si pativa una vita dura. Io avevo solo una sottanina e una volta che dovevo andare a Firenze la mamma la lavò la sera e la fece asciugare al foco durante la notte. Ci pativo perché ero ambiziosa. Dopo però, da adulta, non mi sono mai più fatta mancare i vestiti e le scarpe. Ho sempre speso per comprarmi quello che mi piaceva. Poco tempo fa, quando sono tornata in Casentino e ho ritrovato una mia amica di allora gliel’ho detto: “Ti piace ora come mi vesto? Guardami bene!”
La primavera veniva tardi e allora tutto si riempiva di fiori. I campi erano pieni.
Il pepolino si metteva nel minestrone: fa dei fiorellini piccolini ma con tanto profumo, delicato. E’ festoso con i suoi fiorellini rosa sulle prode dei campi! In primavera tutti i prati si coloravano del rosa del pepolino. Si raccoglieva da bambine, si facevano mazzolini che poi si mettevano sulla tavola, o nelle cappelline. Ce n’era tanti di fiori prima, viole, fiordalisi, papaveri. Quando si tornava da scuola o si usciva ai primi giorni di festa si raccoglievano questi mazzolini e si mettevano nei vasi alla madonnina. Si faceva la gara a chi li faceva più belli. A volte vincevo io a volte le mie amiche, si faceva da noi a dire chi vinceva. “Oggi tu hai vinto te, c’hai più colori, più fiori.” Noi si faceva sempre, ora non ci sono più tutti questi fiori. Si sono persi. C’erano tante belle campanine che sono sparite. Hanno bruciato ogni cosa..
Inportanti questi ricordi di vita vissuta,sono un museo della memoria,descrivendo una parte della soceta di allora,bello.
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Commento di Sandra Conticini:
I DIVERSAMENTE GIOVANI RACCONTANO
Ho letto i brani appartenenti al “Piccolo Mondo” scritti d persone che hanno avuto una vita molto difficile, ma si percepisce la semplicità e l’accontentarsi di quello che potevano avere. Sono vissuti nella povertà, guerra,fame, ma comunque erano tanto più felici di ora. Non avevano le case piene di ogni tipo di mangiare, surgelati, aragoste, verdure, formaggi, affettati. I bambini si inventavano i giochi, forse con un legno e un sasso, una bambola era fatta con due cencini, e se la ricordano ancora. I nostri figli non sanno cosa hanno nella loro cesta dei balocchi e, siccome non sono contenti, continuiamo a comprarglieli, ma non abbiamo capito che quello che gli manca sono altre cose? Lo stare insieme, giocare con loro, stare ad ascoltarli, invece di fare finta?
Mi sembra di risentire mia madre quando mi raccontava che per andare a scuola partiva la mattina con i suoi fratelli da Rimaggino per arrivare a Ricorboli. Se andava bene trovavano un carretto atrimenti tutto a piedi andata e ritorno. L’obesità non la conoscevano, ora invece in macchina andata e ritorno….
Anche la storia della civetta, mi ricorda la mamma.
La mattina si alzava e diceva: -Stanotte non ho dormito ho sentito la civetta! – e, se nel giro di qualche giorno succedeva anche una sciocchezza, era colpa di quell’animale che portava male. Credenze semplici che facevano parte della vita di allora.
Mi sono piaciuti molto questi racconti d’altri tempi dove i valori erano legati alla vita semplice. L’importante era mangiare, curarsi, e sopravvivere. Anche i vocaboli che usano sono semplici e curiosi, quello che più mi è sembrato curioso è “zanza di castagne” mai sentito rammentare, quindi sono andata su wikipedia che naturalemte non mi ha tradito.
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