Il pane non si butta

 

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Pane e pane – di Rossella Galori

lo diceva spesso, come per dare una risposta ad una domanda che nessuno le faceva: per mia madre c’era un “PRIMA DELLA GUERRA” un “DURANTE LA GUERRA” un “ CON I RAGAZZI PICCOLI”  poi buttata lì, mai casuale, puntuale e pesante, almeno per me, arrivava senza tanti preamboli…”DA QUANDO SEI NATA TE”.

La mamma avrebbe potuto fare molte cose nella vita, forse l’indossatrice, aveva un bel personale, la maestra, aveva studiato per farla, suonare il pianoforte, mi han detto che lo faceva più che bene; poi la vita l’ aveva voluta commessa un po’, infermiera molto ed operaia al bisogno…ecco si avrebbe potuto fare di tutto ma la psicologa no, quella proprio no. Quello che comunque le riuscì meglio fu recitare, per la gente, per i familiari, più che altro per se stessa.

Decretare che, dal 51 le cose erano andate a scatafascio, era per me un grande dolore, ho passato anni a domandarmi perché venivo considerata: peggio di una guerra, peggio delle leggi razziali…spesso anche peggio di una malattia. Con il senno di poi ho cercato di aggiustare tutto, cercando, con difficoltà, di non confondere un lungo periodo con una bimba che il babbo voleva Giordana e la mamma chiamò Rossella.

Si perché lei era lei nel bene e nel male. Sorrideva, quello lo ricordo bene, sorrideva, anche quando le difficoltà erano tante, troppe, per una donna sola con tre figli, l’ ho capito tardi, ed in ritardo le chiedo scusa.

Ci fu un momento “ STORICO” in cui il pacco  CIRIO  non arrivò più per mancanza di destinatario, quindi rifiutando il pacco per i PERSEGUITATI POLITICI e non essendoci grosse risorse finanziarie, entrò prepotentemente ed inesorabilmente in casa mia, IL PANE, tanto pane! Si annunciava dopo il 20 del mese, distratto e trionfante, le fornaie del viale Cadorna, erano amiche della mamma, spesso aggiungevano per me un bambolottino di pane al latte lucidino e profumato, che nascondevo, per poi ritrovarlo secco e ferito, tra i miei giochi, non lo mangiavo, lo consideravo un fratellino buono, da rispettare, un piccolo amico che non sapeva niente di me, l’ ideale.

Di una cosa però devo rendere atto a quella donna chiamata mamma, era piena di fantasia…cucinava da Dio ed anche con il pane devo ammetterlo ci sapeva fare, presentava tutto sempre al meglio.

Al mattino affettava il pane sottile, sottilissimo, lo  metteva sulla griglietta, aspettava che fosse tiepido, lo imburrava e zuccherava,  poi cambiava la decorazione del piatto in base alla stagione, petali di peonie, di rose, una ciliegia, un bigliettino con un buongiorno un po’ unto ma solo suo. Noi sorridevamo il  giusto, capivamo come sarebbe andata a finire PANE…PANE E PANE.

Ed infatti all’ ora di pranzo spuntavano i crostini con la pasta d’ acciughe, marca Balena, “la migliore” sottolineava trionfante,  antipasto, sottolineava, e poi era minestrone magari, con qualche pezzettino di pane..

A merenda pane e marmellata, quella dei vicini sempre e “siculamente “ di arance…e a cena caffellatte e……no dai , Vi lascio indovinare!!!

Faceva miracoli, il pane fritto così bollente e dorato, lo sformato di pane e latte dove nei casi più fortunati si  affacciava un po’  di mortadella, il fiore di pane messo su un piatto, con le mezze fette a mo’ di petalo e la salvia fritta, le palline di pane zucchero e ricotta, con lo stecchino, regalo dell’estate, un lecca lecca fragile e fresco…

 

Mi perdo stamani, e non solo nei ricordi, non ci fu mai tristezza, questo è vero, nelle sue panzanelle, nelle sue pappe al pomodoro, nel suo pane abbrustolito, nel suo elegante modo di metterlo in tavola, sempre e solo un sorriso e pane, pane….

Ricordo la sua risposta, alle domande dei miei fratelli: oh mamma ma un toast?

Lei tirando su lo sguardo, che spesso era una sfida: mica siamo americani…..

E raramente se  veniva detto: mamma, sempre pane??!!

La risposta aveva gli occhi leggermente velati: ce lo avesse avuta il nonno una fetta di pane in tasca…..laggiù!

Ed a questa risposta non ci dovevano essere repliche, questo, nei miei silenzi di bambina lo avevo capito ed ancor meglio lo capisco oggi che non ci sei più, a volte mi sembra da sempre, altre da mai…perché la vita è un po’ cosi, per un pezzo di pane si campa, ci si strozza, si sorride, si piange, si ama e si odia…ma più che altro si ricorda, come adesso che la mia fetta di pane brucia, mentre scrivo su un coso che tu avresti definito, una macchina da scrivere inutile e silenziosa, sbruciacchiato si, ma lo mangerò ugualmente, perché lo dicevi sempre  IL PANE NON SI BUTTA….poi sognando girerò lo sguardo e ti vedrò arrivare… ma dove sei stata? Ah già a comprare il pane……..

 

 

 

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

2 pensieri riguardo “Il pane non si butta”

  1. Nella tragicità l’ironia non ti manca mai ed è questo il bello del tuo scrivere sapere ironizzare anziché lacrimare, piangersi addosso. Il tuo racconto ha ridestato un mio ricordo molto simile al tuo ma con le patate tanto che mia sorella appese fuori della porta un cartello “Perdete ogni speranza o voi che entrate ma qui non si mangia altro che patate”

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