Lettera – di Nadia Peruzzi

da Rai3 immagine di repertorio – Nadia e Walter durante una manifestazione
Cara Jane.
Da quanto tempo non ci vediamo , né sentiamo. Mi sei tornata in mente ascoltando per caso una canzone di Guccini.
Non quelle nostre, degli anni delle minigonne e il dark totale dei nostri vestiti. Quelle degli anni arrabbiati e colmi di futuro e cambiamento. Eravamo , ti ricordi, con quel macchinista su quella locomotiva. Lo comprendevamo e l’ammiravamo anche nel suo schianto finale contro le ingiustizie. Un gesto estremo quando non si ha da perdere altro che le proprie catene.
Sul coraggio di quel gesto abbiamo tanto parlato, ma l’idea della risposta estremista allora non ci toccò mai. Ricordi come scappammo indignate da quella manifestazione appena partita da S Marco, quando ci accorgemmo che in via Martelli la testa del corteo era in mano a tre file di ragazzi con i passamontagna e le spranghe di legno?
No, non era questa la nostra strada. Mai stata .La lotta per il cambiamento o si manteneva su basi democratiche o non avrebbe portato a nulla di buono. La pesantezza degli anni del terrorismo la subimmo mentre preparavamo le nostre tesi e finivamo l’università.
Anni di grandi interrogativi. Dei colori forti, dei contrasti e delle letture che li rappresentavano. Quanto ho amato la sofferta umanità dell’omicida Raskolnikov, le oscurità di quell’Uomo del sottosuolo e la tragicità dei personaggi dei Demòni e dei Karamazov.
Quell’”io son poi da solo, e loro sono tutti” è ancora scolpito nella mia testa. L’uomo del sottosuolo è dentro ciascuno di noi .
E quanto poco invece ho amato e amo il tuo Tolstoji, con i suoi ampi spazi, le sue pianure e le sue battaglie epocali e i grandi balli della nobiltà. Quanto abbiamo discusso su questo, ricordi?
Oggi e a distanza di anni e anni e malgrado cio’ che ci siamo dette ed è accaduto a noi e al mondo dopo il periodo delle nostre scorribande in cui il futuro sembrava pronto ad accoglierci a braccia aperte se solo lo afferravamo dalla parte giusta, penso che siano i personaggi di quelle oscurità dostoevskijane a rappresentare ancora una volta i contrasti di questo momento sopraffatto da ombre pesanti.
Mentre ti scrivo rivedo le strade che abbiamo percorso. Troppo poche allora nel mondo “altro” da noi, per la mia maledetta paura di volare. Le strade che ci siamo adattate a seguire nei libri, sugli atlanti , nei racconti di chi quei viaggi li aveva fatti, nei resoconti fotografici pieni di umanità in movimento e pieni di colori.
Le strade come “ricami ideali del mondo” le abbiamo seguite in ogni modo possibile, molto prima che internet ci portasse ovunque noi c’eravamo già state. E dove poteva mancare l’evidenza era la fantasia a fare il resto. Il sogno era che quelle strade fossero ricamate di pace e di coesistenza pacifica, così non è stato, purtroppo.
Abbiamo passato anni belli e anni brutti, dopo che te ne sei tornata a casa, in America.
Non perdiamoci di vista ci promettemmo. Poi si sa. La vita, il tran tran, il lavoro, le incombenze familiari e man mano ci siamo perse di vista e per di più abbiamo perso anche il gusto di scriverci con la regolarità dei primi momenti.
Risentendo la canzone oggi mi è tornato voglia di farlo. Lo faccio col vecchio sistema. Carta e penna e quel mio inchiostro verde che a te piaceva tanto.
Gli anni della gioventù sono passati. Stiamo entrando nel tempo dei bilanci, delle verifiche, del futuro che si accorcia e del passato che invece ha braccia sempre più lunghe , vestite spesso di una nostalgia che spezza l’anima.
Le domande aumentano. A volte faticano ad uscire per paura delle risposte che potremmo darci noi stessi.
Te ne rivolgo alcune e spero che tu sia in grado di aiutarmi a sciogliere i nodi che aggrovigliano e pesano sul mio cuore da tempo.
Davvero saremmo state più felici se invece di stare su quella locomotiva avessimo lasciato che fosse l’indifferenza a prevalere?
Un mondo senza patemi chi non lo vorrebbe attraversare?
Prendere la vita di striscio non ci avrebbe permesso anche di soffrire di meno?
Ma sarebbe stato davvero un bene? Non ci saremmo sentite un po’ vigliacche ?
In fondo la domanda che pesa di più è: possiamo in tutta onestà ammettere che abbiamo vissuto quel tempo con fede cieca dietro a poveri miti, malgrado il fallimento evidente e il ritorno indietro di oggi?
Te lo chiedo con un pensiero fisso a mia mamma. La Luisa, spero che te la ricordi ancora.
Quanto parlava quando venivi a cena da noi. Quanto sapeva, lei che si era costruita con letture onnivore un suo bagaglio culturale invidiabile anche per noi che pure eravamo a quel tempo studentesse universitarie.
Negli ultimi suoi anni il suo rovello era l’avermi trascurato per la sua attività militante. Nella verifica di un mondo che andava tutto meno che verso l’orizzonte per il quale lei e il babbo e tanti altri con loro si erano battuti, sempre più di frequente si chiedeva a cosa era servito darsi tanto da fare, sacrificare tanto anche rispetto al tempo da dedicarmi se poi il risultato era quello che la tv ci mostrava quotidianamente.
Io cercavo di tirarla su in qualche modo. La buttavo un po’ sul ridere.
“ Mamma, dimmi. Ma io son mica diventata come Giuliano Ferrara ! Io non sono passata dall’altra parte come anche secondo Freud probabilmente avrei dovuto fare! Sempre qui sto. Non rinnego nulla della vostra storia, del vostro impegno, delle vostre idee. Anche se mi son sentita sola da piccola, in quelle lunghe settimane nelle quali ci vedevamo solo la sera a cena, e nei sabati e nelle domeniche, sono qui a pensare che quei principi e quei valori non sono morti. Il vostro impegno in quegli anni il paese l’ha cambiato. Gli anni 70 non ci sarebbero stati senza i tanti semi gettati negli anni e con le lotte precedenti. Non fu il 68 e basta a determinare il dopo. Gli anni delle leggi importanti , quando ancora riforma aveva il suono positivo che si porta dietro e significava cambiamento profondo dell’esistente!”
No quei principi e quei valori non sono morti. Hanno solo bisogno di nuove gambe per rimettersi in marcia e nuove teste che li sappiano riconnettere e tarare alla contemporaneità e ai bisogni delle persone in carne ed ossa di oggi.
Da li dove stai adesso , lo sguardo sul mondo immagino sia molto diverso dal mio.
Proprio per questo vorrei sentire quali siano i tuoi pensieri e i tuoi sentimenti oggi.
Quando il tempo stringe la borsa , cosa rimane? Cosa ci è rimasto?
Io nonostante tutto, sento ancora di dover ringraziare il passato per tutto quello che mi ha fatto vivere in quella stagione magica di lotte e di sogni e per quello che mi ha insegnato.
Mi piace pensare che pur con un oceano in mezzo , una professione che ti ha portato direttamente a contatto con i potenti della terra, che qualcosa anche tu abbia conservato di quella stagione, e in un cassettino del tuo cuore ci sia della nostalgia per quei tempi nei quali per un po’ anche noi siam stati un piccolo pezzo di quella meglio gioventù che riuscì per un periodo a cambiare il paese .
Un grande abbraccio . Nadia
Quei meravigliosi anni 70, in cui non tutto era bello, non tutto era sempre giusto, ma quanto fermento, quanta lotta per i diritti! La Stamperia Braille fu recuperata in quegli anni, perché “tutti avessero diritto ad accedere alla cultura, allo studio, alla parola scritta”. Anni di leggi per i diritti, per le donne, per i disabili, per i deboli. Anni che si sono persi. Abbiamo vissuto fino ad oggi di rendita di quello che quel periodo ci aveva dato. Non “donato” ma proprio DATO perché lo avevamo guadagnato in tutti i settori: dalla sanità all’istruzione, dalla scuola al diritto comune. Anni di lotta per tutti. E lottare vuol dire spendere energia, spendere del proprio, mettere la faccia e il cuore, rinunciare. A volte anche alle persone più care, ai figli. “Mamma io sono qui, non sono cambiata mai” e questo sì, lei certamente lo sapeva e lo sa. E si resta saldi a credere nei diritti anche quando vengono tolti e calpestati. E si ricomincia, sempre vale la pena.
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Quei principi e quei valori non sono morti, hanno solo bisogno di rinnovarsi con nuove gambe e nuove teste e riconnettersi con i bisogni della contemporaneità
Grazie a te e alla tua famiglia
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Quando si parla, di ciò che si sa, di quello che si è vissuto, amato, sofferto, respirato, nasce un brano che sa di storia, di vita, di grande amore, il passato ti ha dato la forza di avere un futuro buono, che sa di bandiere, di pane, di lavoro, di sentimenti.
Ho respirato quell’ aria, il 68….la paura di perdere il lavoro( che avevo già da tre anni) per chiedere quello che ci spettava…..Non lo dico mai, non ne ho il titolo, miespongo oggi….BRAVA, BELLO senza nomi altisonanti, con tanto tanto sentimento… quello che serve per vivere, sopravvivere, ❣GRAZIE❣
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Grazie per le belle parole…quella meglio gioventù lo siamo state tutte.. Abbracci di cuore Cecilia Lucia Rossella.
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(No,
quei principi e quei valori non sono morti, hanno solo bisogno di nuove teste che li sappiano riconettere e tarare alla contemporanieta e ai bisogni delle persone) Grazie
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Giusta lotta per giusti ideali che hanno reso la tua vita ricca e realizzata. Mi piace
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Verissimo Cecilia!
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Grande Nadia! Hai saputo raccontare un mondo e i sentimenti che lo abitavano. Come dice Patrizia nel suo commento, quei principi e quei valori non sono morti, hanno solo bisogno di nuove teste che li sappiano riconnettere e tarare alla contemporaneità e ai bisogni delle persone.
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Bello quello che scrivi Patrizia: malgrado tutto ci credo ancora!
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