Lo Spaventapasseri e il suo cappello

LO SPAVENTAPASSERI   – di   MIRELLA CALVELLI

 Ho deciso di costruire uno spaventapasseri… ma deve essere speciale, perchè ce ne sono tanti sparsi nei campi di tutto il mondo. E il mio deve essere unico.

Fanno la guardia a raccolti di grano o di mais, in ogni angolo del globo.

 Vigilano sulle risae del sud est asiatico.

 I loro abiti sono dismessi ma seguono “la moda “ del luogo.

La cosa più prestigiosa è il loro cappello, perchè li sotto, ben accudito c’è il tanto famigerato cervello.

Per averlo, il capostipite di tutti loro,  ha dovuto combattere la strega cattiva dell’Ovest. Fare amicizia con chi gli era lontanissimo per forma, educazione e buon senso. Credere in se stesso a tal punto da sconfiggere tutte le malevole e altezzose cornacchie.

 E’ stato preso in giro da chi Mago non era.

La sua tenacia a fatto si che sulla sua testa vuota, si posasse una corona e divenisse lui il re della città di Smeraldo.

Siamo tutti un po’ spaventapasseri.

 Tutti dobbiamo allontanare da noi insidie e cattiverie.

Ci corazziamo di una forza inaudita, per attingerla, facciamo tanti giri nella spirale della vita. Raccogliamo qua e là spunti, raccomandazioni, approfondimenti e strategie.

Li nascondiamo sotto i nostri abiti, nelle tasche e nelle borse, per tirarli fuori “alla bisogna”.

Abbiamo tutto a portata di mano, ma per agire, dobbiamo credere, spesso abbiamo bisogno di qualcuno che ci incoraggia o anche semplicemente ci presta una lente per vedere meglio ciò che abbiamo .

Ci indica  una mappa virtuale , per orientarci in un percorso che già conosciamo, ma facciamo fatica a vedere. Rimaniamo incollati al palo della vita, beandoci del sole e sciaquandoci sotto la pioggia. Le sventagliate gelide o le brezze estive , ci scuotono un pochino, facendoci perdere un po’ di lustro. Ospitiamo sulle nostre lunghe braccia aperte, uccellacci e uccellini. Ascoltiamo da loro parole benevole e malignità gratuite.

Accogliamo il mondo, perchè ci hanno fatto con le braccia spalancate.

A volte non vediamo più in là del nostro naso.

Sotto il cappello abbiamo un’impagliatura che nasconde il nostro cervello.

E grazie a quello e al nostro cuore un po’ più in giù del primo bottone che possiamo affrontare il mondo, non come una sfida, ma come un dono prezioso. Dalla nostra abbiamo la fortuna di osservare, con attenzione ogni minimo mutamento o trasformazione. Chi passa di li ci guarda, ci fotografa, commenta o ci schernisce, ma da ciò noi acquisiamo tutto quello che vicino o lontano da noi scorre.

Quando poi il tempo sarà passato,

il pallone della nostra testa sgonfiato,

 il vestito ridotto ad un brandello,

nessuno mai si chiederà del nostro cervello.

La corona a due mani sulla testa si pose

 Re della sua vita e del suo mondo scompose.

Non sa più dove ha messo il suo cappello

poco importa il vento lo ha avvolto con il suo mantello.

Il rossetto

Gabriella:  Mi piace tanto il rossetto-Carla con la sua quieta e lussureggiante femminilità. Il rossetto-Carmela ha un tocco birichino.

Anna: Mi piace tanto il rossetto e spesso prima di uscire me lo metto, soltanto le mie labbra non lo tollerano e finisce spesso in un fazzolettino di carta. Questo non succede per il trucco degli occhi e se a volte lo trascuro mi sembra di essere nuda. Ritengo che ogni tratto del viso sia diversamente espressivo  e che ognuno metta in evidenza la parte che piu’ gli si confa’

Simone: Sono sempre stato restio a baciare una donna col rossetto, tutto ciò che è impiastricciamento  mi ha sempre dato noia , anche quando devo mettermelo quando vado in scena

Carla: Rosso per invitarti, rosa per intenerirti, bordò per intrigarti, poi c’è anche il rossetto quasi nero per punkarti. Ah! Dimenticavo, c’è anche il rossetto arancio ed è per stregarti.

Rossella:…… poi c’ è quello: me lo levo per baciarti…

Carmela: Quando le giornate sono un po’ più monotone e più spente ecco che arriva lui, il rossetto, rosso ciliegia, rosso carminio, rosso bordeaux comunque rosso e mi sento subito “femmina allegra” lo dico in maniera giocosa naturalmente…

La pagina delle favole

Il bambino sorriso

Testo di Cecilia Trinci e disegni di Monica Trinci

Questa è la seconda storia nata nel primo lockdown. La seconda perché si riferisce al secondo nipotino di una nonna e di una zia molto affrante da quei giorni di lontananza. Secondo nipotino ma non secondo per amore, perché lui è la prova di come l’amore si moltiplica sempre alla pari e non si divide mai.

C’era una volta un bambino che volle fare il fratellino.

Non ci fu nulla da fare. Lui voleva fare il Fratellino.

Voleva fare il fratellino minore, perché sapeva bene quanta fortuna c’è nell’avere un bambino più  grande che ti prende per mano e ti porta nei giochi e nei boschi, nei fiori e nelle farfalle, nelle corse e nel sole.

Lui, il suo fratellino lo aveva scelto. Lo aveva visto che saltava qua e là in una casa sui monti e gli era piaciuto tanto, ma così tanto che a tutti i costi voleva crescere con lui.

Così nacque un giorno d’estate molto caldo. Il fratellino lo aspettava da tanto tempo. E’ bellissimo farsi aspettare con ansia.

E il bambino-sorriso lo sapeva bene.

Così quando nacque era già felice. Felice di essere un bambino e felice di essere un fratellino.

Da quel giorno imparò l’arte del sorridere.

E diventò sempre più bravo. Rideva con la testa indietro, esplodendo in risate che partivano dalla punta dei piedi, attraversavano la pancia e il cuore e arrivavano al faccino rotondo come uno scoppio di migliaia di stelle.

Rideva quando ballava, quando mangiava la pappa buonissima, quando giocava, quando leggeva i “brini” sul letto con la mamma o il babbo. Ma soprattutto rideva quando il fratellino faceva le facce buffe, o faceva quei discorsi lunghi e complicati che dovevano essere fantastici e rideva quando lo vedeva fare le bizze e si arrabbiava di niente.

Rideva, il bambino sorriso, e tutto il mondo si illuminava. Le stelle si accendevano, le fate cantavano e il mondo girava al contrario, ballando in una giostra di cristallo che rimandava mille riflessi arcobaleno. E tutti non potevano fare altro che ridere con lui

Lo spaventapasseri

Costruzione dello spaventapasseri – di Tina Conti

L’insalatina era spuntata in fretta nella grande vasca dove le bambine con trepidazione l’avevano seminata, anche le fragole piantate vicino avevano un bell’aspetto, partiva un piccolo orto, “ora serviva uno spaventapasseri” suggerirono eccitate alla nonna che le incoraggiava e stuzzicava a competere con  il suo grande e fantasticato orto.

-Vi posso aiutare, oggi ho tempo, procuriamoci i materiali,  acconsenti’ la nonna. Nel cestino mettiamo tutta l’erba secca che ha tagliato il babbo ieri l’altro, i bastoni sono sul tetto della legnaia, andate a prenderli. Portiamo tutto il materiale  sul piazzale, io vado a prendere gli attrezzi.

-Si fa  un bambino oppure una bambina? Domanda  Tea.

-Cerchiamo i vestiti in casa e  poi si decide, prosegue sempre la nonna.

Gli incroci con i pali sono fatti, non c’è intesa sulla personalità dello spaventapasseri. Decidono di farsi ispirare dai vestiti che troveranno in casa.

-Non razzolate cosi i cassetti, si cerca con due mani, si alzano gli indumenti, brontola la nonna , preoccupata per il fango  e le pestatacce fatte dalle calosce per tutta la casa.

-Prendiamo i pantaloni di Giulio, questa maglietta e le scarpine che piacevano tanto a me quando ero piccola, suggerisce Tea.

-Facciamo il capo con lo spago, fermiamo la paglia e poi  la leghiamo al collo, bisogna infilare la maglietta prima di imbullettare le braccia, questi bastoni sono giusti.Taglio a questa lunghezza, domanda la nonna, per provare le braccia?

-Imbottiamo il corpo con il fieno, facciamo spuntarne  dalle maniche un  po’ per le mani.

-Mettiamo il berretto di Giulio, mi sembra che stia bene, è diventato proprio carino.

-Gli occhi non si mettono, piantiamo  il palo in terra vicino all’insalata,

-Bene, bene, non litigate, non lo lasceremo da solo questo bambino, va bene per una signora, nonna, mamma, zia, si decide dopo. Per la signora  aspettate ferme qua, vado fra i miei vestiti a cercare qualcosa.

-Bella nonna quella gonna, non te l’abbiamo mai vista!

-Per forza, sono ingrassata e non mi entra piu’, va proprio bene per noi. Serve una maglia, io non l’ho trovata dice la nonna, domandate alla vostra mamma?

-Bene, mettiamo la paglia per la testa e il corpo. Ho portato questo bel cappello e un cestino, lo legheremo alle braccia della signora.

-La piantiamo vicino al bambino, cosi lui non ha paura di notte, propone la Tea

-Belli i nostri spaventapasseri, faranno buona guardia?

-Andiamo a cercare fra le cravatte del nonno se si trova qualcosa per una sciarpa

-Brave, avete scelto bei colori, il nonno era d’accordo?

Si guardano complici ma non rispondono, il nonno non si accorgerà mai del furto.

Teodoro  il rospetto, che ha la sua tana vicino al fontanello ha seguito tutto il lavoro, era contento, non aveva mai visto come si costruisce uno spaventapasseri.

 Si  avvicinava lentamente per non farsi scoprire, ascoltava i discorsi, ride quando sente  le schermaglie delle due sorelle, era contento di aver fatto una nuova tana  in quel bel posto, fresco, riparato e con tanto fango.

Ha pensato che ora avrebbe avuto un amico nuovo, anzi due…. no quattro se le bambine  diventeranno mie amiche, ha pensato saltellando.