Gong – di Gabriella Crisafulli
Era una vita che desiderava trovarsi là. Adesso l’emozione che provava le faceva tremare le gambe.
La sua stanza era accogliente, luminosa, con un ampio scrittoio ed un balconcino dal quale poteva affacciarsi. Il cielo, il sole, la luna, le nuvole, il vento, sarebbero stati tutti suoi e se li sarebbe goduti in ogni minuto del giorno e della notte.
Si sarebbe sbizzarrita a scrivere, riscrivere, cancellare, provare e riprovare in un tempo tutto dedicato alle sue fantasie.
Si sentiva come una bambina, quella nascosta dal tempo, dalle avventure della vita, quella bambina che non trapelava davvero dal suo aspetto rigido e severo.
Nella stanza un quadro dipinto nelle gradazioni dall’arancione al rosso si riproduceva nello specchio che rifletteva il mare. Se ne stava lì carico di energia fra le onde spumeggianti del blu che lo cullavano.
Mentre guardava lo specchio un delfino in gara con i compagni del baccello saltò da un bordo ad un altro del quadro mescolando la realtà con l’immagine.
Le sembrò che gli spruzzi arrivassero fino a lei.
Era felice di essere lì.
Si voltò e cominciò a disfare la valigia che aveva appoggiata sul letto.
C’era di tutto.
Tirò fuori il porta occhiali a forma di bulldozer che le avevano regalato anni addietro con intento malizioso e indossò le lenti.
Ecco, aveva portato anche la scacchiera: sembrava un quadro d’arte moderna.
Durante quel viaggio doveva assolutamente studiare le mosse da compiere per realizzare il meglio per sé e la sua famiglia. Brancolava nel buio. Non aveva assolutamente idea di cosa fare né come e si domandava anche se fosse il caso di fare qualcosa o meno.
Si sentiva decerebrata.
Provò a non scoraggiarsi pensando che le notti a venire le avrebbero portato consiglio.
Era stata come la torre, la sua pedina preferita, ma adesso doveva imparare a fare il cavallo fra tutte quelle caselle inclinate, imprevedibili, che le si paravano davanti.
In quel momento le creavano una grande confusione e si sarebbe messa ad urlare: ma non se lo poteva permettere.
Sorrise di sé, della sua confusione, del suo smarrimento, del suo abbattersi tra una difficoltà e l’altra e finalmente cominciò a tirare fuori gli indumenti: si era attrezzata con un abbigliamento pieno di colori.
Mentre fantasticava sugli abbinamenti possibili a seconda delle situazioni, venne fuori da una tasca laterale della valigia una giovane donna e si materializzò magra e luminosa, coperta da un velo trasparente. Si mosse lungo la scia del vento leggero che entrava dalla finestra e si affacciò alla balaustra del balconcino.
La guardava da dietro e si domandava chi fosse, che ci faceva lì, cosa voleva da lei.
Non aveva ancora assorbito la sorpresa quando dal fondo del bagaglio si materializzò una seconda donna esile, fragile, rivestita dai lunghi capelli. Muovendosi a tentoni lungo le pareti della stanza raggiunse il balconcino affiancandosi all’altra sulla cui spalla appoggiò la mano con gesto protettivo. Le due se ne stavano lì silenziose, incluse in un cerchio magico che le univa da cui lei era esclusa.
Comunicavano senza una parola mentre il vento le avvolgeva in un abbraccio.
Le scrutava e si poneva molte domande ma non fece in tempo a proferire parola perché così come erano venute sparirono nel nulla dissolvendosi nelle nuvole.
Restò lì in mezzo alla stanza sbalordita dall’accaduto, priva della capacità di una qualunque reazione.
Venne presa dal vortice del tempo che divenne fluido e indeterminato. Che giorno era? Il 16 o il 19? Mercoledì 19? No, il 19 era domenica. Ma allora che giorno era? Si costrinse a trattenere la mente che andava avanti e indietro dilatandosi mentre i giorni si allungavano e accorciavano tra le due date e i mercoledì e la domenica.
Perse il capo. Lo vide sollevarsi in aria come un palloncino gonfio di elio.
La riscosse il suono del gong: era il modo con il quale veniva comunicato il momento del pranzo ai passeggeri.
Recuperò la testa tirando a sé il filo del palloncino.
Era di nuovo nei suoi panni e si ricompose.
Indossò il vestito verde macchiato da pennellate di rosa e le scarpe in tinta, spazzolò i capelli e si diresse verso la sala da pranzo.
Al tavolo che le era stato assegnato c’erano già la signora Zoppas e il signor Fly: erano stati bene insieme la sera prima. Avevano chiacchierato a lungo facendo le ore piccole.