Le cartine di Daniele

Il bosco di bamboo- di Daniele Violi

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Tanti anni fa, trenta sicuramente, ho avuto il piacere di entrare dentro un grande bosco di Bamboo. Territorio di Montecarlo, Lucchesia. Un luogo che mi solletica sempre la fantasia per il fascino e la scenografia che agli occhi appare come al pensiero quando talvolta ricordo questa delizia protettiva del mio immaginario.

Il bosco di Bamboo riesce a far entrare i raggi solari e il tappeto che si trova ai piedi delle svettanti canne  viene condiviso da piccole piante che riescono a trovare la forza della vita, si riproducono e con i fiori che come occhi puntati riescono a farsi notare (carta 1). Spazio che piace pensare di visitare e con gioco rincorrere o farsi rincorrere dalla mia compagna (carta 2) che giovialmente partecipa alla voglia di correre in mezzo alle canne di Bamboo, alte e slanciate.

Nel mentre una ragazza, curiosa di tutto ciò, appare dietro fila di grandi e larghe canne che riescono a coprire il suo volto per metà (carta 3).

Le carte di Anna

IL FIORE, L’OCCHIO, IL PAVIMENTO – di Anna Meli

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            I raggi del sole illuminarono la casa sulla collina e fecero risaltare la semplice e luminosa bellezza delle sue vetrate e del loggiato adorno di edere e altre piante rampicanti.

            Chiara uscì come ogni mattina. Non si stancava mai di ammirare quel poggio ricco di fiori e erbe spontanee che crescevano in libertà donando all’aria bei riflessi dorati. La sua mente si riposava e spaziava leggera.

           Socchiudendo gli occhi respirava profondamente e percepiva buoni odori che legava ad indelebili ricordi. In quei momenti si sentiva viva come non mai e pervasa da sottili e  piacevoli brividi.

            Camminando si era spinta al margine del grande prato presso la cipressaia fino alla casetta che il giardiniere usava per per riporre gli attrezzi. La porticina semiaperta sembrò volerla invitare ad entrare. C’era aria di mistero.

            Un forte odore di terra umida e di concimi le arrivò d’improvviso al naso e il passaggio dalla luce al buio gli impedirono di vedere chiaro; poi l’occhio si abituò e si posò sui vari attrezzi ammonticchiati e sul pavimento di mattonelle rettangolari di colore diverso ma disposte in un certo ordine.

            Un immotivato senso di paura le fece richiudere in fretta la porta sgangherata e… nuovamente respirò libera nei colori, nei profumi, nel sole.

Le cartine di Patti

La donna e i papaveri – di P.B.

Una sabbia fine, calda, un intenso colore ruggine scivola sotto i miei piedi nudi mentre discendo la duna verso il lago. Nella mia confusione, la quiete del luogo mi rasserena. Mi siedo. Mi sdraio. E i miei occhi incontrano il cielo.

Si affaccia un arcobaleno. Svolazza una farfalla, incerta sul dove andare finché non posa i suoi colori sulla mia mano.
Un fruscio felpato mi arriva alle spalle. La sabbia slitta sotto passi leggeri.

Sopra di me, degli occhi dolci e scuri incorniciati da lunghi capelli ebano mi guardano, mi sorridono. La donna mi tende una mano. La prendo seppure con timidezza e mi alzo. Senza una parola, ci incamminiamo nella scia di un profumo di resina intenso.
Sono perplessa, incredula, sorpresa per avere esitato così poco a seguire la donna. Non la conosco eppure una parte di me le stringe la mano in piena fiducia, si lascia guidare. Il nostro potrebbe essere un cammino all’infinito. Vorrei chiedere, vorrei fermarla, ma procedo dietro di lei, ammutolita. Mi ricorda una dalia nera, impeccabile nel disegno, fiera, il collo teso verso la luce. Vorrei abbracciala, fondermi in lei.
Ascolto la musica di un’acqua che sgorga. Mi distraggo vedendo all’improvviso una radura seminata di fiori rosso fuoco. Lascio la mano e m’incammino sola. Mi chino sui papaveri.

Vorrei coglierli ma il cuore arresta immediatamente il mio gesto. No, no… non farlo, nello strappo alla loro terra, perderebbero subito forza e splendore, appassirebbero.
Mi giro verso la donna misteriosa. Ha uno sguardo penetrante, è uno sguardo d’intesa, spensierato mentre la sua immagine si stempera fino a sparire del tutto. Sono attraversata da un brivido.
Avverto. No, non si è dileguata. È solo rientrata in me, riconosco la sua determinazione, il modo ineguagliabile di mostrarmi la via… quella di non scordare mai i papaveri che, privati del loro centro, delle loro radici, avvizziscono, si perdono, muoiono.

Le cartine di Sandra

La fata dei colori – di Sandra Conticini

Non saprei chi me l’ha messa in testa questa spiaggia della Maremma ma, nonstante i tanti anni che ho trascorso in quella zona, non sapevo che potesse esistere un posto così affascinante.

Scesi dalla mia bicicletta tutta sgangherata, presi un sentiero che costeggia la pineta e  subito  trovai  un paesaggio di fine settembre, che mi fece tornare indietro nel tempo.

Davanti a me delle dune selvagge con  arbusti di rosmarino , in qua e in là  qualche raro giglio fiorito,  e qualche ginestra ormai sfiorita ma, la cosa più bella, tante capanne fatte con i legni portati dal mare e costruite dai pescatori per ripararsi dal freddo e dall’umidità.

Iniziai a camminare sul bagnoasciuga, riuscìì a trovare una capanna tutta per me, tirai fuori il mio asciugamano e, dopo aver fatto un bel bagno in quell’acqua  limpida e calda, mi sdraiai a prendere il sole.

L’atmosfera era rilassante, quel posto mi faceva sentire libera, era una sensazione molto piacevole che non provavo da anni.

Forse il rumore del mare e i profumi dell’aria mi portarono ad una grande capanna con tante tende coloratissime che ondeggiavano al soffio del vento. Dopo un po’ che sbirciavo uscì una donna lunga e magra con un cesto di capelli grigi, spettinati e crespi. Il viso era spigoloso con un bel naso pronunciato e due orecchi che sembravano quelli di neonato. Il suo abbigliamento era coloratissimo, aveva un vestito giallo limone con fiori rossi, come il rossetto che portava sulle labbra, e sopra il vestito una gonna azzurra viola e nero. Al collo aveva diverse collane lunghe e corte,che sembravano una tavolozza di colori, braccialetti dorati e argentati arrivavano quasi al gomito e , in ogni dito delle mani e dei piedi aveva almeno un anello. Rimasi anestetizzata da tutti quei colori e,  ancora di più, quando vidi centinaia di pappagalli colorati uscire dalla capanna e svolazzare intorno alla fata dei colori. Si avvicinavano alla testa ed  entravano in quel cesto di capelli , sulle mani, e insieme  ballavano a suon di una musica dolce e suadente.

Stavo per avvicinarmi, ma aprìì gli occhi e vicino a me c’eranto tante capanne, ma nessuna assomigliava a quella che avevo visto, la fata era sparita insieme ai suoi pappagalli e a me non rimase che ammirare il bellissimo tramonto  rosa con la palla gialla  che si butta nel mare di quella bella spiaggia.