La stanza-nonna – di Stefania Bonanni
Una stanza luminosa, dove si sta bene, coperta di mobili chiari in contrasto con un pavimento nero. Una stanza che non si puo’ fare a meno di frequentare perché ci si mangia, ci si cucina, ci si fa il presepe, si disegna, si fanno i biscotti, ci si fa colazione e merenda. Dove si mette a bollire il sugo, mentre si fanno le parole crociate e se c’è un raggio di sole ci si affaccia su un minuscolo angolo di verde giardino, popolato da gatti estranei. Una stanza che si usa perché serve, ma che è piacevole e serena, popolata da strani oggetti frutto spesso di visioni fantastiche, come il cane di legno portato dalla piena dell’Arno, ed il pappagallo di plastica che si poso’ sul lampadario, senza più ripartire. Una stanza che si chiama cucina, ma si potrebbe chiamare Nonna. Che è semplice e molto moderna, ma mantiene pranzi della domenica e delle feste, come da tradizione. Una stanza dove trova posto il seggiolone che tra poco non servirà più a nessuno, ma che aveva trovato una nicchia perfetta e sembrava un arredo. Dove molte cose hanno trovato posto: ne’ troppo, ne’ troppo poco cucina. Ne’ una gran fatica, ne’ una minestrina riscaldata.