Per ridere ci vuole coraggio – di Gabriella Crisafulli
foto e oggetti di Gabriella Crisafulli


La giornata si presentava nebbiosa: strano il meteo aveva previsto sole e cielo terso.
Non si fece prendere dalla malinconia: non se lo poteva permettere.
Mentre stava traghettando dallo stagno del dolore continuo al lago della pena dolente erano arrivate un paio di notizie che le facevano attraversare notti piene di interrogativi e che le spalancavano gli occhi di prima mattina.
Si alzò e si mise a trafficare, con la solita lentezza certo, ma almeno non rimaneva ferma, paralizzata dalla depressione.
Quello che faceva ogni giorno era un vero e proprio lavoro di testa in cui tentava di impegnarsi con le poche risorse mentali che le rimanevano. Provava a stimolarsi senza essere troppo severa con sé stessa per non creare un’opposizione ribelle a una rassegnazione che le stava stretta.
Veniva da un’infanzia in cui era stata dichiarata la regina del castello che le era stato assegnato ma dove in realtà era prigioniera, mentre i suoi coetanei camminavano nei campi o per i giardini, si arrampicavano sugli alberi o sulle altalene, si rotolavano tra le foglie o sui prati, parlavano, giocavano e litigavano fra loro … Giustamente tutto questo non le era stato concesso essendo lei una regina che doveva essere appartata rispetto agli altri e su un gradino più in alto.
Oggi, ormai vecchia, si sentiva un’analfabeta dei sentimenti e delle relazioni. Così stava facendo un apprendistato autodidatta per guadagnare nuovi territori di relazioni, affetti, amori, … ma era difficile venir fuori e avventurarsi in un mondo con regole e modalità di interazione per lo più sconosciute.
Per fortuna arrivavano le parole di Matite solidali ma spesso le situazioni raccontate le facevano risuonare echi dolorosi.
In una sorta di confronto con gli altri ripensava al gioco con la margherita: “Ce l’ho, ce l’ho, … mi manca”. Purtroppo si ritrovava a dire: “Mi manca, mi manca, … non ce l’ho”.
Allora si metteva a vagliare la sabbia di fiume che era la sua vita alla ricerca delle pepite d’oro con le quali poteva ricomporre il mosaico scompaginato. La sua casa ne era costellata. Alcune lisce e levigate, altre ruvide, acuminate, taglienti. Ne aveva scelta una quel martedì da raccontare on line: un gattino di gesso rannicchiato tra la maschera giapponese e la donna seduta.
Non stava bene adesso quel gattino.
Non si fece prendere dalla malinconia: non se lo poteva permettere.
Davvero bello Gabriella, una pagina limpida e spietata…….
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” analfabeta dei sentimenti, delle relazioni”
Basterebbe questo per costruire un tessuto forte tra trama e ordito.
Non possiamo farci prendere dalla malinconia, eppure…
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Bello come descrivi le tue sensazioni,in alcune mi ci ritrovo.
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