Amici immaginari – di Vanna Bigazzi

Sono una modalità ideativa e creativa della mente alla quale si deve considerazione e rispetto.
Possono essere bambolotti, oggetti morbidi per i più piccoli, amici ideali con i quali si condividono giochi e confidenze per i più grandicelli. Se si protraggono ulteriormente, amici con i quali si possono scambiare opinioni e confidenze. Una specie di alter-ego positivo. Non necessariamente sono compensazioni di bambini soli, più spesso sono frutto di fervide fantasie che aiutano lo sviluppo cognitivo. In genere sono amici segreti, molto fidati che ci conoscono più di ogni altra persona. Sono specchio di emozioni legate all’amicizia e per dirla con Freud: “una via regia” verso la socializzazione. Spesso sono un mezzo che serve al bambino per adattarsi al mondo difficile degli adulti. Per quanto mi riguarda, ricordo di aver avuto amici immaginari nell’infanzia, sporadicamente nell’adolescenza. Non erano persone ma animali che correvano liberi in una
natura incontaminata di verdi radure o boschi folti percorsi da acque cristalline. Non ho mai analizzato il perché di queste mie fantasie, presumo un bisogno di quiete, di concentrazione su me stessa e di rifugio da situazioni conflittuali, in genere molto sentite dai bambini. Situazioni che non lasciano lo spazio e la libertà necessari ad una mente fanciulla, per esprimersi e far galoppare la
fantasia. Potrebbero, più semplicemente, anche essere state nostalgie per la campagna dove solitamente andavo a trascorrere i mesi estivi. Auguro a tutti di aver avuto compagni immaginari meravigliosi, che siano stati di aiuto alla propria crescita e verso i quali abbiano potuto provare un sentimento puro e disinteressato, utile ad acquisire e sviluppare la futura capacità di amare.




