Verde possesso

Ribellione al . . verde – di Nadia Peruzzi

Foto di Rheza Hendy Jana Prasetya da Pixabay


Nelle trasparenze del gin, l’anello di smeraldo sembrava ancor più grosso di quanto in realtà non fosse.
Aveva cercato di conquistarla così.
Malgrado l’ambiente fumoso del locale, la pietra rilasciava una luce intensa che sembrava riverbersarsi ovunque . Anche il miscuglio a base di sciroppo di menta che il cameriere stava preparando per qualcuno ai tavoli brillava come non mai.
Che serata ! Ce l’aveva messa tutta per prepararla bene.  Anche i fiori li aveva scelti con accuratezza, in modo che parlassero al suo posto.
Avevano fissato direttamente al locale. Uno di gran moda. Uno di quelli da rampolli dell’alta società. Voleva far colpo, quella sera. Era la sera della capitolazione, quella decisiva, per lui.
Fino a quel momento si erano incontrati qua e là prevalentemente nei luoghi che lei frequentava con le amiche e gli amici di sempre.
Voleva fare il grande salto. Impressionarla. Sapeva di valere un intero mondo e voleva portarla li . I locali simpatici, familiari e popolari dopo un po’ lo stancavano, non facevano per lui.
Le sue donne le voleva attrarre completamente nel suo universo fatto di bella gente, supermacchine, casa in collina, parco e servitù numerosa.
Si era incapricciato di quella ragazza perchè era l’opposto dell’ambiente che frequentava abitualmente.
Era una sfida di quelle atte a misurare e compiacere ego smisurati come il suo.
Le aveva girato attorno come si fa con le prede perfette. L’aveva blandita, solleticata, lanciandole contro tutto il suo armamentario da tombeur de femmes di alto lignaggio, sperimentato in anni e anni in una condensa sgradevole di molto cinismo e poco sentimento.
Bramava il possesso per il possesso tipico del mondo in cui viveva. Tutto misurava sul metro della profittabilità, delle occasioni da cogliere , dell’assenza dei limiti.
Abitava la parte di mondo occupata dai vincitori e considerava gli altri solo contorno,  pezzi di un puzzle da poter muovere a piacimento. Nati per essere comparse e non protagonisti veri, destinati a soccombere .
Se la vide arrivare vestita come una sirena . L’abito uno spettacolo di blu e verde che si rincorrevano sollecitati dalla luce . Chissà dove l’aveva preso, pensò. Una così non l’aveva certo nel guardaroba.
Poche parole fra loro. Le mise davanti i fiori , ma lo fece con poco garbo.
Ogni gesto tradiva la smania di possedere.  Era un re leone che poggia la sua zampa sulla preda ormai sfinita e vinta, appena prima del pasto ferale.
Lei sembrava vederlo per la prima volta. In quell’ambiente disvelava man mano la sua natura più nascosta. Per la prima volta si soffermò sugli occhi,  più che sulle sue moine da gran maestro di cerimonie.
Li vide gelidi. Occhi da animale notturno, di quelli che sanno essere senza pietà. Occhi di un rapace che al momento giusto punta diritto all’obbiettivo e alla preda senza farsi fermare da niente.
Ne ebbe conferma quando mise sul bancone vicino a bicchieri mezzi vuoti e a macchie ormai secche e prive di vita il cofanetto di velluto rosso.
Eccessivo, stonato,  volgare . Tutto meno che un pegno d’amore per il quale ci sarebbe voluto ben altro contesto e ben altro svolgimento a partire dal loro primo incontro solo qualche settimana prima.
Era la fretta tipica di chi sa di avere tutto e vuole di più, e più ancora e misura tutto solo col denaro e la sua potenza di fuoco nell’idea che tutto sia riducibile ad una transazione d’affari.
Io ti do, tu mi dai o mi darai. Punto.
Si ritrovò di fronte uno smeraldo grosso ben più del dito al quale avrebbe dovuto metterlo. Gli occhi di lui erano fissi nei suoi come a dire, guarda di cosa sono capace, fin dove posso arrivare. A te non resta che cedere e lasciare che il resto della partita sia io a condurla, sottotitolo almeno fino a che deciderò che ne valga la pena.
La sirena prese in mano l’anello. Lo girò e lo rigirò in mano mentre i suoi occhi dardeggiavano guardando quelli di lui.
Rabbia? Delusione? Commiserazione?
Si, probabilmente tutto questo e molto altro ancora.
La molla vera fu un’altra che nemmeno sapeva di avere con sé.
La ribellione delle classi dominate verso quelle dominanti. La voglia di rovesciare il tavolo da sempre imbandito solo per i pochi che credevano che con i soldi si potesse ottenere tutto sempre e comunque.
Era l’umiliazione cocente di chi si alzava tutte le mattine prestissimo per andare a fare un lavoro di merda per pochi euro e a 60 chilometri da casa e si trovava di fronte un anello che valeva minimo nove o dieci volte il suo stipendio di un mese.
Avrebbe voluto tirargli un pugno sul naso. Ma era una vera signora, lei.
Si accontentò di veder planare lo smeraldo fra le rocce di ghiaccio e sotto la fogliolina di menta del bicchiere che lui aveva ordinato.
Se ne andò. Senza voltarsi indietro nemmeno una volta, dopo aver tirato i fiori nel primo cestino a portata di mano.
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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

1 commento su “Verde possesso”

  1. Travolgente, incazzante, mi viene solo da dire ” chi troppo vuole nulla stringe”
    Ci sono persone che credono che tutto abbia un prezzo….per fortuna non sempre è così

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