Verde bugia – di Rossella Gallori

Cerchiamo di ricostruire la scena, per quanto sia possibile, sessanta anni non sono un giorno, anche se tutto sembra ieri, tutto tatuato sulla pelle, una pelle che non ha più lo stesso odore, lo stesso colore, uno sguardo diverso, un modo di raccontare gli incubi, come sogni brutti, di riconoscere gli errori degli altri come impotenza, che non è assenza….è solo: ho fatto del mio meglio….come ho potuto.
La giornata non era delle migliori, il vestito della comunione (la mia) non mi piaceva era semplicissimo di San Gallo bianco, le maniche a sbuffo, senza una galetta, un nastrino di raso, un fiorelluccio, un fiocchino…niente, al collo mi stringeva, o forse no, ma io mi sentivo soffocare. Troppo alta per la mia età, dicevano, senza un cerchietto tra i capelli, io così diversa dalle altre bimbebomboniera. Anche le scarpe non mi piacevano, le volevo di pelle lucida, con il laccetto alla caviglia, erano opache e lisce come sacchetti per il pane, più che una comunicanda, sembravo un bianco salame…triste.
La mamma era pronta, i miei fratelli al bar, mio padre a Trespiano da un mese, ci avviamo in chiesa, lei con il suo unico chemisieur bleu, io con quel coso, che ad ogni passo dovevo sollevare per non cadere, la strada era poca da via Cesare Guasti alla chiesa dell’ Immacolata….è stato il viaggio più brutto e più lungo della mia vita, il mio treno di bimba era in un tunnel, nessun paesaggio, né alberi verdi di foglie, né cieli azzurri….manco un passerottino.
Della cerimonia ricordo poco, suor Maria Pia, con la voce da cornacchia mi disse: non piangere!
Sinceramente da ridere avevo poco, strinsi i denti, non ascoltai nulla….volevo solo che tutto finisse presto…e finì, bene o male finì.
Fu durante il ritorno, che mia madre tirò fuori il pacchettino, lo ricordo ancora: carta velina bianca ed un nastro sottilissimo verde acqua, di raso, un bollino dorato teneva fermo un amore di fiocco.
Te lo ha comprato il babbo, un anellino per te, c’ è lo smeraldino, il babbo sapeva che cosa ti piaceva….
Lo guardai mi sembrò bellissimo, da grande, del verde che volevo, della forma che desideravo, mi sembrava che avesse un odore speciale…lo baciai e fui felice, lo misi subito al dito agitando la mano, nella speranza che qualcuno lo vedesse, fu l’ unico momento in cui fui contenta di non avere i guantini, come le altre bamberucole , mia madre li aveva macchiati con il suo rossetto per togliere un filo, ed eran rimasti nella bacinella con il sapone di Marsiglia….
Tornata a casa ritrovai, il solito silenzio, una ciotolina con i confetti, l’ invito dei signori sul pianerottolo mi distolse, anche loro mi avevano regalato un anellino che trovai meno bello del mio, ma accettai sorridendo, mi sentivo una principessa, triste, ma pur sempre principessa.

A buio rimasi sola, indossai la vestaglina e riguardai il mio anello, come una trottola i pensieri cominciarono a frullare in testa. Ma come aveva potuto comprare quell’ anello il babbo? E dove, se era in ospedale da mesi? E con quali soldi? Pensavo, pensavo e più pensavo e più la rabbia diventava bile…
La trovai in cucina, mia madre, sul fuoco la caffettiera sbruciacchiata ed un pentolino dove scioglieva gli avanzi dei rossetti della zia per farne uno per se. Sul muro verde acqua dietro il fornello qualche schizzo di sugo un po’ datato.
L’ aggredii me lo ricordo ancora, tolsi l’ anello dal dito lo sbatacchia sul tavolo di marmo di uno strano rossorosa e con tutto il fiato che avevo gridai: è una bugia, è una bugia….lo hai comprato te, cattiva, bugiarda….Non lo può aver comprato il babbo.
Versò con calma nell’imbutino di ferro l’ impasto dei rossetti, mise il tutto in frigo….si sedette mi guardò e disse: ho fatto del mio meglio, come ho potuto!
Si rialzò ed andò a sciacquare i guantini, che ormai non servivano più…..mentre l’ incubo della cresima avanzava.
Lo abbiamo sempre chiamato, io e lei, l’ anellino della bugia, ignorando lo smeraldino, la sua delicatezza, quello verde che dava pace, luce, non parlando mai di quel che era costato, in sacrifici, in lacrime…in abbracci mancati…in parole cattive dette da una bimba grande, che non conosceva altri modi per difendersi, dal mancato amore…
È qui, ogni tanto lo guardo, non ha perso il suo sguardo verde, non è più una bugia è solo un regalo da lassú….
PS: Ma le bugie di che colore sono?
Il dolore strappa parole non volute. Ognuno ha avuto la sua buona dose di dolore. L’importante è trasformarlo, addolcirlo, conservare un oggetto per tutto quello che contiene.
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Questa bugia è amore.
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È tutto così “vero” in questo racconto. Si vede, si tocca, si respira insieme a quella bimba grande in quel “salame bianco” che viene voglia di abbracciare… Prendili ora, gli abbracci, e daglieli tutti da parte mia (penso di poter dire “nostra”)!
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Ha ragione Laura…. i tuoi racconti sono belli perché sono sempre veri!
Le bugie NON hanno colore
Grazie
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Le bugie a fin d’amore…ma l’anellino verde sarà sempre un ricordo lontano ..di un papà che non ha potuto e di una mamma che nonostante la sua rigidità ha esaudito…brava Rosse
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Molto bello.Nella vita di tutti capitano le bugie a fin di bene.Bruciano non meno delle altre all’inizio però man mano si riesce a comprendere e a giustificare..e prevale l’aver tentato di fare comunque il meglio.
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Queste sono bugie d’amore,Rossella…e tua madre l’hai descritta come un’eroina che domina nella sua grandezza tutto il tuo bellissimo racconto. Brava!!
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Grazie, grazie!!!
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Un ricordo vivo,profondo, che ti commuove e morde dentro,brava Rossella
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