Cappelli in libertà – di Stefania Bonanni

Non è un racconto, e neanche uno scritto, e forse neanche un pensiero costruito con intenzione. Non ha dignità né di fine, né di senso, è solo quello che vi avrei detto, fossi stata lì con voi in questi due ultimi martedì. La settimana scorsa è stato il pomeriggio del cappello, e vi ho viste belle e divertite, avete passato ore serene, delle quali mi sono arrivate le onde. Mi è dispiaciuto non esserci, ma ne sono anche un po’ contenta, perché non so se sarei riuscita a non raccontarvi, dei cappelli, un aspetto che non avete preso in considerazione. L’anno scorso di questi tempi, ero ossessionata dal pensiero che avrei probabilmente dovuto coprirmi la testa, se mi avessero rasato i capelli per l’operazione. Poi il chirurgo mi ha promesso che avrebbe tentato di non tagliare i capelli, ed è riuscito a mantenere la promessa. Perché a giro ci sono cappelli che coprono teste che hanno perso i capelli. Cappelli al posto di capelli. Cappelli indimenticabili, come quello che Anna provava una mattina nella quale le facevo compagnia, nel periodo in cui si curava. Provava un cappello stretto sulla testa, e quando se lo è tolto, era completamente foderato dai suoi capelli, che, tutti insieme, erano caduti e rimasti attaccati al cappello. Fu uno schiaffo violento, uno shock di dolore e pudore, mi turbo’ in qualche modo aver turbato un’intimità, essere stata testimone di una profanazione. Lei si disse contenta ci fossi, a farle compagnia in questa nascita da uccellino senza piume. Da quel monento, mise la parrucca, senza lamentarsi e con un pizzico di civetteria, che era vita, coraggio, e speranza. Anna è guarita, anche grazie al tempo passato con noi, sono sicura.
Poi una strana considerazione, suscitata dall’argomento cappello. In realtà, abbiamo sempre la testa coperta. Dall’ombrello, dal tetto delle nostre case, dall’ombrellone che ci ripara dal sole, dal tettino della macchina. Dall’ombra degli alberi. E, quando siamo liberi, all’aperto, sull’erba, sulla sabbia, cullati dalle onde, abbiamo sulla testa, più di noi ed oltre, il più azzurro, evanescente, nuvoloso, stellato, magico, mistico, inafferrabile e onnipresente, a volte addirittura attraversato da ponti colorati, compagno della vita. Abbraccio su cui si può contare, pensiero di certezza misteriosa, cielo che copre ed avvolge, come la copertina di lana tenera che si usa per i bambini piccoli. Presente , ma disposto a farsi materia solo per chi ha bisogno di rivolgersi al suo cielo, mai uguale ad ieri, a volte turbolento, a volte pauroso, ma sempre lì, per chi ha bisogno, per chi lo guarda con gli occhi rivolti all’insu’. Per chi sogna con le stelle, fa l’amore con la luna, piange con le sue lacrime di pioggia, si lascia imbiancare i capelli dai suoi fiocchi di gelo, si affida al suo vento, lasciando che trasporti baci e voci, per il mondo, e chissa’, forse anche più in su. Un cappello di cielo e magia, tra i piccoli uomini e l’immensità.
Visto che sono a raccontare i pensieri bislacchi nati dal cappello (che fosse di un prestigiatore?), penso che il cappello sia servito per alzarsi più su della massa. Portava il cappello, chi rappresentava l’autorità. Nel mio paesino di bambina, solo tre persone avevano il cappello, e tutte e tre abbinato a vestiti neri, come se fosse il nero e l’altezza data dal cappello, a dover subito far impressione. Portava una gran tonaca lunga fino ai piedi e svolazzante, il prete, e sulla testa un cappello bombato che somigliava ad un pentolino. Con un po’ po’ di divisa nera con bottoni d’oro e bande rosse, francamente sproporzionata alla delinquenza locale, con tanto di cappello simile alla feluca di Napoleone, ogni tanto faceva mostra di sé il maresciallo dei carabinieri. Ultimo, come l’eccezione che conferma la regola, ultimo vestito di nero e con il cappello con la visiera bordata d’oro, nientepopodinenoche…Corradino, il postino. Che forse, vista la divisa, si considerava un’autorità, come sicuramente avevano grande considerazione del ruolo di rilievo, gli altri due. Avrebbe forse dovuto pensare che, data la statura, se non fosse stato bardato, non sarebbe stato granche’ visibile.
Avevamo un piccolo cane buonissimo, all’epoca, la Tittina, ed evidentemente non si era capito subito che avesse in gran disprezzo i rappresentanti delle istituzioni. Forse incarnava un animo anarchico, fatto sta che ha rincorso solo tre persone, nella vita: naturalmente, il prete, che era il suo preferito, il maresciallo dei carabinieri, e tutti i giorni, Corradino.
Sempre cappelli, perché hanno tutti il cappello, i personaggi del libro di Pinocchio. Ha il cappello Geppetto, ce l’ha il burattino, ha il cappello la fata, hanno altissimi cappelli i carabinieri, ha il cappello il grillo parlante, ed anche l’Omino del paese dei balocchi, e se lo rimettono Pinocchio e Lucignolo per nascondere le orecchie d’asino. Senza aver pretese di analisi , i personaggi che si capisce subito cattivi, non ce l’hanno. Non ce l’ha Mangiafuoco, non ce l’ha il Pescatore, non mi sembra lo abbiano il Gatto e la Volpe. Come dire: non c’è nulla da nascondere, si sa che sono cattivi. Sono pensieri così, suggestioni.
Poi penserò anche in verde. Ho le pareti verdi, in casa, il bagno piastrellato di verde, maglie, pantaloni, cappotto verde. Il verde sta bene alle more, mi dicevo quell’anno che fu il colore distintivo di una grande casa di moda. Mi comprai un famoso cappotto verde smeraldo che mi piaceva così tanto, che penso sia in assoluto la cosa più cara che ho comprato nella vita e che ora, chissà, potrei riesumare…in realtà nei miei occhi non è mai morto.
La cosa più bella del verde è che si sente spesso dire: “Ma avete visto come è verde, quel verde? ” come se non bastasse guardarlo, va proprio impresso, stampato negli occhi. Come se non fosse verde abbastanza, Come se potesse essere più verde, come se fosse senpre il prato più verde che si sia mai visto, l’erba più brillante, quest’anno più dell’anno scorso, di certo meno dell’anno prossimo.Delle piante si magnifica il verde, Non siamo disposti a tollerare foglie gialle o marroni, eppure vivono delle stagioni, Come noi, come tutti. Ma noi le vogliamo verdi, brillanti, lucide, alla fine, vive. E non ci piace quello che pure è vita, delle piante che si disfanno nella terra, marciscono. Perché è verde, anche il verde marcio.
Come sempre Stefania va oltre, con quel “molto altro” capace di stregarci e che contiene un tutto vasto in cui specchiarci
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Ti ho letta, ascoltandoti, con attenzione, ho sentito la tua voce, ho sentito sorrisi lacrime amicizia rispetto sorriso.
Ho scritto ,volutamente, le mie sensazioni senza virgole, come le ho ricevute, mille sfumature di un verde verde/ Cappello , che può essere solo tuo!
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Bello, quello che hai scritto, con grande capacita di parole,e degli argomenti.
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