Copriteiera o cappello? – di Rossella Gallori
Il cappello marron glacé era il meno brutto della produzione di mia madre, ne ha creati diversi negli ultimi anni di lucidità, con quell’ uncinetto che amava ma, che, a parer mio, non partoriva neonati bellissimi…. coperte pesanti fatte di piccoli morsi di lana grossa dai mille colori, poco calde ed ingombranti… grassi fazzoletti accogligatti che all’epoca non c’ erano e…cappelli, cappelli per me, che amavo il classico Borsalino da uomo o i colbacchi di pelliccia….copricapo coloratissimi mai della misura giusta, dalle forme desuete: a pentola, a vaso da notte, a orfanella, a preservativo gigante, colori ignoranti, sfacciati, nei casi migliori sembravano dei copri teiera…
Spesso li perdevo, volutamente o casualmente, mi cadevano dalle mani, mi abbandonavano senza nemmeno dirmi ciao, poco apprezzati, poco amati….cercavano altre vite.
Stessa sorte l‘ha avuta il cappello color castagna…ricordo bene l’ ultima volta che l’ho indossato, faceva freddo, molto freddo, la giornata si era annunciata noiosa, monotona, quella telefonata: esci?!?, improvvisa mi aveva sorpresa più malandata del solito, capelli scarmigliati senza garbo, vestagliuccia ciancicata, uscire o non uscire, amletico dilemma…
Fu così che in pochi minuti mi preparai, un po’ sfavata come sempre mi ritrovai, con cappotto/ sciarpa/ guanti di fronte ad una scatola di impietosi cappelli, dalla quale cadde lui, lui il copriteiera, l’ ultimo gioiello della collezione di mammà… mi scelse e ed io stranamente, non lo rifiutati.
Confesso che mi sentii subito protetta da lui, ero sola come sempre, ma serena, forte, vera come non mai, ero protetta dalle schegge che spesso non riuscivo a schivare, dal mio non essere mai tutta me, camminavano in tre lungo l’ Arno, amicizia lei, cuorscontento io, ed il magico cappello poco distante da grandi occhiali scuri, dal bavero alzato, dalla sciarpa strangolante…
Guardavamo l’ Arno di là, come un quadro, il caffè e le parole incorniciavano un pomeriggio senza fronzoli…incontrammo gente, io perfino sorrisi, nello scoprire che altri erano amici di miei amici…..in una Firenze così piccola da stare in un cuore…
Ci furono le foto, con un sole che aveva voglia di andare a dormire, ed ancora non era nemmeno ora di cena, foto da ragazzine sotto un ponte, che in altri momenti mi avrebbe fatto paura, ma quel pomeriggio noi tre eravamo invincibili…”moschettieri su i greto” ed il vento arrossava le guance, un racconto nella testa, qualche confidenza, una poesia strappata in tasca e quelle istantanee che forse eran tre o quattro…ma ne è rimasta solo una, graffiata dal vento….Non si è persa lei, come il mio povero cappello, come qualche sogno infranto, è rimasta lì testimone di un giorno che ricordo, del fiume di casa, di un caffè nemmeno speciale, di una me così serena, che non conosco, non riconosco…di quattro piedi, in marcia…
Si quella ero io, sono io……







Un giorno in un cappello…..quando avevamo ancora le piccole cose di giorni qualunque
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Ho voglia di un cappello a copri teiera a colori ignoranti e ridere senza fine!
Grazie
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Magico come descrivi i fatti,bello.
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