FOGLIA DI FICO – di Rossella Gallori
Giornate sempre uguali, percorse in punta di piedi per non disturbare l’equilibrio incerto di ore piatte come sogliole e inutili, come un coltello senza lama…..
Forse non era uscita di casa con quella idea, era già stanca all’alba, bisogna aver fiato e voglia, per concretizzare pensieri seri, molto seri…eppure si era vestita in fretta…più coperta che vestita, roba vecchia, consumata ma decorosa…ed era uscita, prendendo chiavi e cellulare…
Mi butto, pensò, poche bracciate e mi lascerò andare, nessuno a quest’ora avrà voglia di cercar corpi galleggianti in un Arno melmoso.
Si tolse le scarpe e scese giù per il viottolo, intorno solo silenzio interrotto dal rumore dell’acqua e da qualche uccelluccio assonnato che aveva voglia di farsi sentire…
Doveva decidere se buttarsi dal lato “ comune di Fiesole o di Firenze” dilemma di breve durata dal momento, che l’acqua era scarsa e così bassa da non permettere nemmeno un pediluvio…
Si sedette, più delusa che rassegnata: manco so farla finita….pensò…le uscì quasi un sorriso di compassione per se stessa, un po’ cogliona lo era sempre stata. Non era mai riuscita a guardare oltre a cercare di capire, elaborare, perdonare, già perdonare…come se fosse facile non soffrire…
Quando il suo sguardo si posò sull’ enorme foglia…tra le rocce umidicce fu curiosa ed un pò meravigliata, non era mai stata attratta dal “ verde” la natura era, vento, pioggia, colore, fresco, caldo, fiori, frutta…..immagini. Eppure quella piccola pianta di fico era lì, ospite inattesa di un mondo di papere, rospi, pesci siluro, rifiuti galleggianti ma non troppo, si avvicinò traballante, strano aver paura di cadere, per una che decide di morire ”teatralmente affogata”
Quando scorse il grosso fico, ciondolante, all’ombra della sua mammafoglia, scoppiò in una risata vagamente isterica, che ci faceva li quella pianta? Perchè un frutto così dolce tra le rocce di un fiume indeciso, che gira a gomito, sotto gli occhi distratti dei più….?
Un segno, un regalo, un monito…
Due passi incerti per arrivare a lui, al suo ammiccante “spaccosorriso” che gridava e grondava zucchero…
Lo succhiò, non ebbe il coraggio di morderlo, lo gustò come un dono del cielo…un segno dall’alto…Che forse non seppe interpretare…
Si avviò un po’ più avanti…li l’acqua era più alta…molto più alta…
Riportò la cronaca di Firenze due giorni più tardi: ritrovato corpo di donna, al Girone, l’Arno ha avuto….l’ennesima vittima…l’autopsia ha rilevato…tracce di fico, maldigerito…..
Prendere le distanze da un pensiero che forse a molti non è mancato…con indulgenza, ironia e un po’ di tenerezza….
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Sembra di esserci su quelle sponde di fiume .Immagini di bellezza che nn riescono a trattenere dal compiere quel gesto estremo.Nemmeno la dolcezza di quel fico ce la fa.Speravo invece che volgesse in positivo .
Bello tutto.
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Solo tu puoi scrivere un racconto tragico con una tenera e “dolce” ironia. Molto bello 👍
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“… Cogliona, … capire, … perdonare, … soffrire, …”
In queste quattro parole un pensiero che si perde, sconsolato.
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