Occhi critici

Occhi critici – di Sandra Conticini

Passo davanti allo specchio e mi accorgo che i miei occhi ultimamente  sono diventati  molto critici. Mi dicono che il tempo sta passando anche per me, la mia faccia comincia ad avere qualche ruga in più, il fisico si è appesantito, i vestiti che prima portavo non mi stanno come vorrei, quindi decido che è meglio passare oltre.

Si dice che gli occhi  siano lo specchio dell’anima, ed è vero, perchè sono io che non mi sento a mio agio con me stessa e loro tirano fuori tutto quello che non  riesco ad accettare.

Con il passare del tempo anche loro sono cambiati, sono neri e piccoli ma fino a qualche anno fa erano ridenti, allegri, e pungenti; ora li vedo tristi e  affaticati dal tempo che passa.

Quando  mia figlia era piccola  bastava un’occhiata per farle capire che faceva qualcosa che non doveva, ed anche ora basta  un’occhiata per capire se va tutto bene o c’è  qualcosa che non va.

Le persone che, quando parlano, non mi guardano negli occhi, o muovono continuamente testa e occhi non mi piacciono, le considero viscide e  cerco di evitarle  perchè non riesco ad aver fiducia.

Come esiste il linguaggio dei segni, sono sicura che anche gli occhi abbiano un loro linguaggio, molto difficile da smentire;  possiamo leggere la felicità, il dolore, la tristezza, la disperazione. In questo periodo però  sono meno espressivi, perchè il viso è coperto dalla mascherina, che spesso è tenuta ferma dagli occhiali da sole e capire cosa vorrebbero dire è molto difficoltoso.    

OCCHI DAVANTI AL COMPUTER – di Sandra Conticini

Ero lì davanti al computer per provare la nuova piattaforma di “ZOOM” che in questo momento va per la maggiore. Finalmente entro e trovo quattro ospiti come me  li a spippolare. Chi diceva: io vedo nove persone, io quattro, non vedo…accendi la videocamera, qualcuno ogni tanto spariva…poi riappariva, come fosse un gioco di prestigio…

Ecco, sembra che ci siamo e tutti ci vediamo e sentiamo, ma gli occhi insieme all’espressione del viso parlavano da soli, c’erano occhi sgranati per la meraviglia, sorridenti e allegri perchè erano riusciti troppo facilmente, altri ati e insicuri per la paura di aver sbagliato qualcosa, alcuni un po  misteriosi ma meravigliati perchè, sebbene si ritenessero non tecnologici,  erano entrati nella videochiamata senza confrontarsi con nessuno….       

E viaaaa ora si può partire con questa didattica a distanza come nelle scuole dei bambini!!!

Undicesimo incontro virtuale: immaginazione

Osservate bene questa scena.

Cosa vedete?

Cosa immaginate?

Che cosa è successo?

Chi può esserci?

Immaginate una storia, in cui questa scena possa essere l’inizio o la fine.

Scrivetela.

Scegliete ora tre oggetti a piacere nella scena e fateli parlare. Liberamente………

Fate raccontare da loro ciò che è successo nella vostra storia.

Occhi e nuvole

Tornare – di Carla Faggi

1988 a Marsiglia ad operarmi.

Rimasi in convalescenza per la fisioterapia quasi due mesi.

All’inizio pensavo molto a quello che avevo lasciato a casa, in Italia, la famiglia, gli amici, il lavoro. Per cercare di sopravvivere provai a vivere quei due mesi nel miglior modo possibile.

Eravamo diversi italiani, anche della mia età.

Trovai degli amici, ed anche un fidanzato, un francese.

Andavamo ambedue con le proprie stampelle ad un ristorantino poco fuori il centro di riabilitazione a mangiare le ostriche. Mai più mangiate buone come allora.

Ricordi belli, conditi di riflessioni sul mio mondo italiano che avevo lasciato, di comunanza, la sopravvivenza che sapeva di vita, di emozioni, di bello. Ma soprattutto c’era il socios habere malorum ed il sentirmi fortunata di essere la meno messa male.

Poi fu il momento di rientrare, senza stampelle e pronta alla vecchia ma nuova vita.

Ricordo fortemente la mia paura del rientro, quasi volevo rimanere ancora un po’ lì, dove ero protetta, curata, coccolata. Dove mi relazionavo ad un mondo ristretto.

Dovetti però tornare, ma non fu facile.

Oltre il piacere di rivedere la famiglia e gli amici c’era il dover ricominciare ed io ero diversa.

Significava fare delle scelte, assumersi delle responsabilità, programmare il futuro, lontano dal seguire per forza inerme quei binari fissi del prima.

Uscii con gli amici, ma mi dicevano che ero un po’ assente, strana. Poi tutto passò come per incanto, perchè si sopravvive anche ai cambiamenti.

Nel frattempo qualcuno mi regalò “La cura” di Herman Hesse. Per aiutarmi a capire.

L’ho riletto ieri. Volevo capire l’oggi.

Ho ritrovato tanti spunti, tante correlazioni, però è vero che ogni libro è per quel momento, e per me Hesse era per allora, forse meno per ora.

Comunque ho riascoltato le sue riflessioni ed in alcune mi ci sono ritrovata oggi.

Come il meticoloso interesse per le piccole quotidiane cose…si, proprio quelle a cui si guardava con superiorità morale, troppo presi dal più nobile, dal più evoluto.

Tipo pulire la casa…vedete, per una donna impegnata, presa da mille interessi, che voleva e ancora un po’ vuole fare la rivoluzione, pulire la casa non era da me. Noblesse Oblige.

Eppure io, illuminata ed evoluta donna progressista, ora ho una casa perfetta, una singola briciola di polvere è una rivoluzione da fare.

E trovo la stessa gioia, la stessa meravigliosa felicità, l’appagamento del portare a termine qualcosa di programmato, sia esso nobile o quotidiano, perchè come dice Hesse, nulla è piccolo o sciocco ma tutto è santo e venerabile.

Allora, seguendo il suo consiglio, mi sono guardata attorno e ho sentito la risibilità di tutta questa situazione, ho guardato il cielo e ho visto le nuvole, ho cominciato a ridere, ridere e ancora ridere.

Basta ridere dice Hesse e l’incantesimo si rompe.

Fiduciosa sono andata ad accendere la televisione…chissà se sarà finito tutto…