La danza di Lucia per lasciare andare

Lasciare andare – di Lucia Bettoni

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Lasciare andare
Queste due parole ruotano da giorni
dentro e fuori di me
Sembra una danza ritmica e forte
Suonano i tamburi
Il ritmo è incalzante e continuo :
Lascia andare
Lascia andare
Non pensare
Non trattenere
Lascia che tutto scorra
Lascia che tutto segua il suo corso

Danzo a piedi nudi e respiro

I tamburi scandiscono il tempo
Il corpo lentamente si abbandona
e si scioglie:
Aspettative
Ansie
Superfluo
Giudizio
Accumulo

Ciao a tutto

Il suono dei tamburi è meno forte
Il ritmo si fa più lento
Qualcosa comincia a fluire
Acqua che scorre
Terra morbida che accoglie nuovi semi

Emerge un desiderio liberatorio
grande come un sorriso

Non voglio più trattenere
Niente più accumulo
Niente più superfluo
Niente più la prigione delle aspettative

Sta per arrivare la primavera
Devo fare presto
Devo finire di imparare
Sto apprendendo in fretta
Non ho molto tempo
Un traguardo importante della mia vita
è molto vicino
mancano pochi giorni
come pochi giorni mancano
all’inizio della primavera

Allungo il passo
devo finire d’imparare
devo finire d’imparare a
lasciare andare

E per finire
Ciao figlio
Vivi la tua vita
Io vivo la mia
Non è facile ma possibile

Cambiare dentro è grande

Ciò che se ne va se ne doveva andare per Cecilia

Ciò che se ne va se ne doveva andare – di Cecilia Trinci

Se non torna vuol dire che voleva dimenticare la strada e tu non devi inseguire, ma fermarti e saper dire addio.

Può essere il gatto selvatico che non è più tornato a mangiare perché le tue carezze erano belle, ma impegnative e la sua libertà troppo leggera.

Può essere un amico, una donna, un’ombra nel riquadro della finestra.

Un fantasma che non vuole appesantirsi di ricordi.

Un sogno sbagliato che non vale la pena realizzare.

Un numero di telefono che non squilla più da troppo tempo.

Il silenzio delle ragnatele in una casa lontana dove il portone cigola e la finestra si oppone all’apertura.

Zavorre. Ricordi

Ricordi. Zavorre.

Volta la pagina, lascia che vadano.

Un soffio di vento, una mano di vernice, uno strappo di carta nel per sempre

La strada si apre soltanto davanti. Il dietro, il laterale, si perdono nei campi di sale.

La costante primavera di Patrizia

Agguantare e allentare – di Patrizia Fusi

Quando ero giovane mi sentivo piena di desideri con tanta energia fisica, ho cercato di viverla con intensità, me ne rendo conto ora.

Avevo voglia di avere, di fare, tutto era da conquistare, lavoro, amicizia, amore.

Era come un’intensa estate, un’esplosione di luminosità , vitalità.

Cose materiali, vestiti, la prima bici dopo il motorino il CIAO , avevo imparato a pulire la candeletta del motore quando non mi partiva.

Nella mia prima casa avevo voglia di oggetti , ninnoli  dai più strani ricordi di parenti, souvenir di viaggi, libri, dischi, cassette.

E poi serviti di piatti, bicchieri, tazzine da caffè, “serviti buoni” per quando si aveva ospiti.

Desiderio di figli, avuti con gioia e incertezze, desiderio di essere capace verso di loro nella loro crescita.

Gli anni passano, mi sento cambiare, il fisico mi cede, la mente pure, sento la necessità di rallentare, la vita stessa me lo impone con le prove che mi ha presentato, le persone care che ti vengono a mancare.

Mi sento libera dalle responsabilità della famiglia, per i miei cari ora voglio essere solo di sostegno, loro devono decidere della propria vita.

Nell’appartamento che ora sento grande, quasi tutte le cose che mi sembravano necessarie ora le sento un peso, troppi libri , dischi, ninnoli, piatti, bicchieri, tazzine, biancheria, indumenti.

Ho lasciato andare le persone, mi sto liberando di alcuni oggetti, ma ho bisogno più di prima di rapporti con le persone.

Per poter vivere una costante primavera di amicizie.

Non è facile allentare la stretta per Carla

La primavera della querce – di Carla Faggi

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Le querce sono ancora piene di foglie, non sono ancora cadute, sono ancora lì attaccate ai loro rami impegnatissime nel tentativo di rimanerci più a lungo possibile.

Solo in primavera arrivano i germogli delle nuove foglie, sono piene di giovane vigore, hanno l’energia di una nuova vita. Ed è con la forza della passione, della fame di vita che scalzano le vecchie foglie e le spingono via.

Queste ultime forse allentano la stretta, pacificamente alcune, altre con più resistenza, comunque alla fine tutte si lasciano andare via.

È in primavera che troviamo il terreno pieno di foglie secche di quercia e non in ottobre.

Per me tutto questo fa pensare ad una metafora della vita.

I giovani spesso devono utilizzare tutta la loro forza, volontà e sicurezza nel farsi spazio in un mondo in mano agli adulti e anziani. Ci vuole tenacia e coraggio ma ci arrivano comunque con la forza del tempo.

Spesso gli anziani si fanno sostituire solo di fronte all’ineluttabile ed il più tardi possibile, non sempre pacificamente.

Perché non è facile allentare la stretta e accettare di essere sostituiti.

Ci si può allenare con la ragione, capire l’importanza di essere altro; ma con la pancia e le emozioni fino all’ultimo resistiamo.

D’altronde non sempre siamo giusti e non sempre occorre esserlo, tanto la primavera della querce arriva sempre.

Pensierino consolatorio: la foglia quando è matura e si veste di tutti i suoi colori è nel momento più ammirato della sua esistenza, come una donna che non ha bisogno di nessun ramo per essere bella, indipendente e libera.