Un abbraccio di Stefania, un saluto mentre il treno parte

Il Vagone della vedova Begbick – di Stefania Bonanni

Non sono critiche, non è un racconto, non una storia, meno che mai poesia. Potrebbe essere un abbraccio, una mano che saluta mentre il treno parte.

Belle città, begli alberi, bei personaggi, bella la calma senza la quale non si vede nulla, emozionante il mondo di Carmela, via Guasti che ora conosciamo anche noi, Firenze di chi cammina alla base, e non alla vetta dei monumenti. Belli i colori ed i comignoli, belli gli alberi che hanno accolto morti alla deriva. Una riflessione piccola ed un po’ scontata: è lo stesso mondo, per tutti, è lo stesso meraviglioso mondo di vita e lavoro per abbellirlo, renderlo piacevole per gli esseri che ospita, renderlo scrigno per continuare a sognare, dove si incagliano i frammenti di vetro tagliente che cascano dai ricordi di Gabriella., dove una pianta di capperi tenace seguita ad essere un ‘oasi, dove n muretto ricorda il vecchio nodoso che ti chiamava morina. È il momento, questo preciso momento, nel quale i sogni diventano ricordi, e siamo a Fillide ( da Calvino Le città invisibili), o in qualunque altro mondo faccia sognare, ancora e per sempre, perché si ricomponga lo specchio di Gabriella, e non tagli più. Si vedranno per sempre i segni delle fratture, ma le mille figure sfaccettate ed ogni volta diverse che rimanda uno specchio rotto ed aggiustato sono di nuovo sogno, nuove creature in parte partorite da chi si guarda, in parte dallo specchio. E non c’è migliore accoglienza di quella che può dare un vagone fermo. Che è come dire un mare asciutto,  o toccare il cielo con un dito mentre siamo in un abisso. Un vagone che avrà molto vagato, che avrà sentito le storie di chissà quanti uomini e donne che la casa l’avevano lasciata tra gli oleandri ed il mare, e ricominciavano , o che salutavano amori lasciati in stazione, e che magari avevano scritto “ciao” sui vetri umidi, un attimo prima che il saluto sparisse, in corsa tra le goccioline che il vagone piangeva, unico testimone di un dolore. Non sapeva, il vagone, che gli amori che rimangono eterni nel cuore e brillanti come diamanti, perfetti, sono quelli che non si vivono. Che è lo stesso dolce sentimento, misto di merende con il pane, il vino e lo zucchero, e mamma Franca che ti aspettava sull’uscio, che non ci sono più, ma che scaldano per sempre, come quei gradini della chiesa, delle chiese, come le case che furono, come le cose antiche, che non devono essere rimpianto, perché noi c’eravamo, personaggi del quadro, e se ci piaceva di più di quello che ci circonda adesso, forse avremmo potuto comportarci in un altro modo, qualche volta perlomeno. Perdoniamoci, abbiamo fatto quello che abbiamo potuto.

Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

6 pensieri riguardo “Un abbraccio di Stefania, un saluto mentre il treno parte”

  1. Leggo e sono colta da un’emozione profonda dovuta a parole vere che si inanellano una dietro l’altra. La pianta di capperi, il muretto, i mondi di Rossella e Carmela, lo specchio … tutto in quella scatola di metallo che ci racchiude e fonde …

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  2. Hai recuperato tutto di tutti facendone una musica. La somma delle città invisibili che hanno lasciato tracce nei nostri ricordi e nel nostro cuore.

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