Stanza del sogno – Rossella

Stanze…distanze – di Rossella Gallori

Casa è cose, le cose sono case…io vivo nella torre, spesse tende di velluto viola, tappeti di pelliccia, il letto è altissimo, ha immensi cuscini di Sangallo…niente maschi fissi, né mocci da asciugare, niente cani che abbaiano, niente uccelli cafoni, gioielli finti e veri mescolati in immense ciotole di cristallo, opulente e colorate, gioie sfacciate. Due telefoni gettati sulla dormeuse avorio/ sale, uno per il cuore, l’ altro più utile per il cervello, spesso uno dei due è staccato, una parete immensa ospita uno schermo gigante, musica e film, ritmo e luce. Cioccolato fondente dal cuore liquoroso, straborda dalle ciotole d’argento e libri, libri per terra, sul letto, sulla libreria, segnalibri preziosi d’oro zecchino, foto di me giovane ed in salute, sola mai, anche se gli altri non si vedono.

La porta è una portapersona, di legno laccato color glicine segnata dagli anni, una  barriera pensante che non sa se aprirsi o no…

Ogni tanto mi affaccio dal merlo medioevale, guardo e non vedo, scaldo l’olio bollente, non lo getto….ma lo scaldo. Qualcuno canta una canzone e là nel laghetto un cigno di plastica galleggia.

Poi mi sveglio  in un tinello piccolo piccolo e stento a rialzarmi dal divano rosso fuoco troppo basso, una volta tanto moderno, ed ora solo scomodo, il bracciolo con il buco fatto dalle mie mani incazzate è ora protetto da un plaid natalizio,  cuoricioso e colorato, una gatta artereosclerica  mi ignora.

La libreria ora è Natale incasinato, normalmente è caos, gatti di tutti i tipi e libri: letti, non letti, capiti e no, la finestra grande mi porta fuori su piante  di cui non sempre conosco il nome, la mia casa scatola non ha merli né guelfi, né ghibellini, non è un castello è una casacosa.

Con la pace dentro potrei stare teoricamente da qualunque parte, senza torri antiche…nel mio disordine totale di falsi gioielli appesi ai sogni.

La stanza dello stare insieme – Carla

La stanza dello stare insieme – di Carla Faggi

Apatia.

Sono nella stanza in cui si sta insieme.

Nella sala tinello si sta sempre insieme.

Marco ed io, con le amiche un tempo, con le matite ora.

Sono davanti alla stufa a legna, e quindi sono nella stanza in cui si sta insieme al caldo, perchè stare insieme significa scambiarsi calore.

Il calore è energia buona e quindi stare insieme significa scambiarsi energia buona.

Come sto?

In questo momento bene perchè sono nella stanza dello stare insieme e sto insieme nel calore.

Come starei? Insomma!

Come starò? Mah!

Più tardi sarò occupata nella stanza cucina a creare.

È gialla, colore perfetto per creare.

È piccola, ma io da una parte e Marco nell’altra ci entriamo.

Avvolta nel verde delle verdure, lava, taglia, cuoci, sono costretta ad occuparmene io.

Marco si diletta di più con i cibi proteici, magari rossastri.

Poi tornerò nella stanza dello stare insieme per mangiare.

Qui predominano il rosso con il lilla, colori adatti per lo stare insieme, il rosso ti appassiona, il lilla ti raddolcisce.

Come starò? Mah!

Sarò occupata a mangiare.

Poi accendendo la televisione sparapanzati sul divano rosso nella stanza dello stare insieme, sentiremo di nuovo del covid ed allora come starò?

Incazzata perchè non ne posso più! Triste perchè vorrei che finisse!

La stanza del tavolo – Lucia

La stanza del tavolo – di Lucia Bettoni

foto di Lucia Bettoni

Sono nella stanza del grande tavolo:
un tavolo enorme di vecchio legno
Il tavolo da “contadini”, il tavolo della casa dove sono nata
Era al centro della grande cucina di fronte  al focolare e aveva due lunghe panche che potevano accogliere almeno dodici persone.
Con il passare del tempo mio padre lo aveva messo in cantina con sopra i caratelli del vin santo; il peso aveva piegato le sue assi e i tarli lo stavano sciupando, stava per andare.
Con tutta l’energia di ancora una giovane donna (avevo trentadue anni) ho voluto che quel tavolo fosse restaurato contro il parere e la volontà di tutti
Un giorno un falegname è venuto a prenderlo e ho visto il mio tavolone sistemato sul suo camioncino  e partire, ricordo la mia emozione!
Qualche settimana più tardi era di nuovo a casa: bello, luminoso, sorridente.
Io mi sentivo una donna felice perché ce l’avevo fatta! Avevo salvato qualcosa di importante, avevo salvato il luogo delle minestre di pane, delle pappe con il pomodoro, della polenta gialla tagliata con un filo di spago sottile e condita solo con l’olio, quello buono
Avevo salvato il tavolo dove ogni anno veniva macellato il nostro maiale dalle mani esperte di Aldo, il macellaio del paese
Avevo salvato il tavolo dove la mamma cuciva e stirava , dove io facevo i compiti e dove cercavo di insegnare a scrivere a mio nonno analfabeta.
Il tavolo  intorno al quale si riuniva tutta la mia famiglia per recitare il rosario nel mese della Madonna , dove la domenica si sedevano spesso anche i parenti che venivano a trovarci e dove veniva servita la minestra con il lesso ( solo la domenica) e poi c’era, ma non sempre, il pollo arrosto dei nostri o il coniglio in umido sempre dei nostri.
Tutti insieme al tavolone con il fuoco che scoppiettava alle nostre spalle e che scaldandoci ci attendeva a veglia nel “ canto di foco “ fino all’ora di dormire
Questo è il tavolo della mia storia e di chi mi ha preceduta e ogni giorno mi aspetta e mi saluta quando torno a casa: è lì subito dopo la porta.