Ti racconto una storia – Complicità di polpette

Complicità – di Mirella Calvelli

Alfea era una donna imponente, i suoi capelli grigi erano sempre ben accomodati, il suo passo era spedito, sembrava sempre dovesse andare da qualche parte.

Ma era stanca Alfea, di quella relazione lunga e insoddisfacente, da farle desiderare un po’ di riposo.

Tanta fierezza fisica in uno sguardo annuvolato o forse in una mente annuvolata da pensieri contrastanti.

Cercava Beppe in quel giardino, il loro, abbandonato a se stesso.

Gli attrezzi dormivano in fondo al capanno, in un oblio senza tempo e il tempo aveva iniziato a scalfirli, coprendoli di polvere e facendoli mangiare lentamente dalla ruggine.

La colpa di tutto questo era di Beppe!!
Ma dov’era Beppe?….La finestra del soggiorno era semiaperta e l’aspetto al suo interno era tutto scompigliato, come i lunghi capelli bianchi di Beppe…sicuramente era passato di là!

“Senti, squilla…ma lui dov’è?”

Non c’è neanche Birillo, il vecchio pastore alsaziano, unica traccia la sua ciotola rovesciata, di uno che doveva avere fretta, molta fretta.

Poi un rumore lieve, distoglie la sua perquisizione…una risatina lieve, sommessa.

Si fa guidare da quei piccoli rumori che la portano giù nella tavernetta.

Non è buia, come di solito, ma illuminata di un giallo oro, misto ad un arancio scintillante. Il caminetto è l’artefice di quei colori, scoppietta allegro, come se conversasse , emanando un odore di fritto, anzi di soffritto che le arriva come una ciaffata su quel lungo naso impettito.

“Cipolla?…ho sempre odiato la cipolla!!”

Lo scorge, il “Suo” Beppe seduto al canto del focolare,  raggrinzito ed ingobbito, ma felice con il fedele Birillo ai suoi piedi.

Alfea vede la sua felicità anche di spalle. Conosce bene Beppe. Vede le sue braccia esili ma nodose, comparire dalle maniche della camicia arrotolata.

Poi dei passi, non suoi, l’ombra di una donna si avvicina è avvolta in una coperta di lana. Adesso quel fuoco complice, illumina anche lei, infagottata in quel bel rosa ed ocra: “Beatrice?”

Tira fuori le mani tremanti da quella stola e mostra un bel piatto con tante palline di carne.

Ora la cipolla è dorata e loro saltano dal piatto nella padella, che sfrigola allegra, illuminando il volto felice di Beppe. Le osserva ballonzare, smuove delicatamente il manico facendole scontrare l’una con l’altra. Estasiato le rimira, le odora come se fosse ad una prima teatrale.

Si volta di scatto  alla voce imperiosa di Alfea e i due rimangono immobili. Beppe rientra sempre più in se stesso e Beatrice rimane pietrificata come se l’avessero scoperta a rubare la marmellata e lentamente piega il capo, rifugiandosi nella sua coperta , come una tartaruga nel suo carapace.

Solo Alfea ha un moto di rabbia, uno stizzo che la fa sembrare ancora più altera…Fin quaggiù per delle polpette!!