La stanza sospesa – di Stefania Bonanni

C’è una stanza segreta che mi parla da tempo, in silenzio. Una stanza piena di assenza, di trapezisti in bilico, di cose sospese, di se, forse, non so. Vedremo, faremo, apriremo le imposte, accenderemo la luce. “No, non ancora. Lasciami a galla, immobile, ancora un po’. “Forse oggi ce la faro’, forse riusciro’ a riacchiappare il sogno bello che stanotte mi ha fatto ridere. Forse, se chiudo di nuovo gli occhi e stringo forte le palpebre, lo ritrovo li’, dietro l’angolo. Dietro quell’angolo ancora buio ma non piu’ nero di notte, colpito di sbieco da un raggio di luce fioca che filtra da destra, dal fondo della serranda ancora chiusa. La stanza è piena di un chiarore lattiginoso che sembra solido, una via di mezzo tra la notte che non si decide a sparire, ed un giorno che non ha promesse da mettere sul piatto. Una meraviglia di momento senza nome. Non notte, non Alba, non mattino, né giorno, né realta, né sogno. Come una ragnatela che si allarga e si romperà, e costringerà a muoversi, ad atterrare, ma per ora regge sospesi, fa dondolare. Come l’acqua che culla, come cantilene antiche, e sapere con certezza, e mai certezza fu più certa, che la mia, quella che mi somiglia, è la stanza sospesa. Un momento magico, con il chiarore che si allarga e proietta sui muri ombre bianche, mentre gioca tra le pieghe delle tende chiare e le fa sembrare gonfie, come a nascondere il mondo, come a dire che c’è un mondo fuori, ed un mondo “dentro”. Ed è un ballo che si può ballare: un passo fuori, un passo dentro. Senza sbagliare. Un passo fuori, un passo dentro.









































