Intermezzo

Il gelato incartato – di Tina Conti

Si poteva finalmente andare in macchina  con il coniuge.

Lui a comprare una nuova stampante, io al negozio di bici aperto il giorno prima per una batteria nuova, avrei avuto cosi la possibilità tanto agognata di sgambettare    e pedalare di nuovo conquistando un po’ di libertà.

Sembravo Alice nel paese delle meraviglie: mentre si scendeva tenevo gli occhi puntati sulle attività commerciali che riconoscevo per vedere a che punto erano, vedevo bandoni abbassati, alzati, con cartelli,con strisce rosso bianche, bolli rossi sul marciapiede, paratie di piante sempreverdi…

Tutto un mondo in movimento  e in fermento, insolito, nuovo.

Molte attività con gli esercenti all’interno, che armeggiavano, prendevano le misure, riimparavano a lavorare.

“Rimanga sulla porta, stavo per chiudere” ci disse il meccanico appena arrivati.

“Per carità, abbiamo fatto un sacco di strada e aspettato questo giorno con trepidazione, veniamo da una zona lontana, mi ha raccomandato il suo negozio una conoscente.

“Ci vorrà una settimana, avrà la sua batteria nuova e potenziata e ricomincerà a muoversi.”

Davanti al negozio ho visto una piccola gelateria, sembra aperta mi sono detta, prendiamoci un gelato ho proposto con l’entusiasmo di un bambino.

È una delle cose che sognavo di fare appena le restrizioni lo avrebbero concesso.

Ci siamo avvicinati, era  proprio una gelateria Cavini, che emozione!

Il desiderio si è fatto ancora più grande, abbiamo allungato il collo sbirciato, e domandato, dalla porta sbarrata da due sedie di traverso, due gelati

“Ve li posso dare, ma incartati” ha risposto l’esercente.

“Basta che siano gelati” abbiamo risposto

Vista questa bella  opportunità abbiamo pensato di prendere anche un tartufo gigante da regalare a nostra figlia per il compleanno  di Niccolo

Il pacchetto è stato subito aperto, io ho gustato volentieri quell’agognato dolce. Mio marito invece ha avuto una lunga telefonata di lavoro e ha potuto bere il suo buon gelato dopo diverso tempo…

Il gioco delle immagini – dodici

Il tavolo – di Cecilia Trinci

Non ci credeva. Si domandava chi avesse potuto fotografare quell’immagine così privata e metterla su un blog pubblico! Passava dalla rabbia più furente alla tristezza più grigia. Inqualificabile!

Cercò prima di tutto di capire chi fosse stato, chi l’avesse tradita. Non poteva essere stato altro che qualcuno che la conosceva bene, il frutto di qualche confidenza fatta alla persona sbagliata.

Sì la prima reazione fu la rabbia e la vendetta. Cercò nei  ricordi dei giorni indietro con chi avesse parlato di  quei particolari. Una serie di nomi le si parò davanti. E tutti si colorarono di rosso, di delusione, di incredula meraviglia. Ma come?  Doveva essere stata lei, si certamente. La rabbia scelse una tra le sue più care amiche. Perché proprio lei? Perché forse qualche segno di inaffidabilità lo aveva pure dato e lei, sì certo, sempre la solita, si era fidata!

E poi già…era qualche giorno che non si faceva sentire….hai visto mai che magari stesse tramando da tempo questo scherzo?

Guardò meglio dentro il video. Prima di farle una scenata doveva essere sicura.

“Eppure è proprio  la foto di casa mia: quel tavolo pieno di cose, di prove, di tentativi….lo riconoscerei tra mile!!! c’è la bottiglietta con il colore da stoffe che ho trovato due mesi fa, c’è pure la polvere di stelle  e il disegno ad acquarello che si è sbavato alle ultime pennellate. Lo so che non so disegnare, ma volevo provare e non mi è riuscito. E pure quel libro c’è. “Se una notte d’inverno un viaggiatore” che ho comprato per il titolo così bello e pieno di sviluppi possibili.”

  Certo il posto suo non sarebbe stato sotto a tutto quel ciarpame…però lo voleva a portata di mano  e si ricordava bene quella volta che aveva messo ordine e non riusciva più a trovare niente!

Il disordine, si sa, ha un suo ordine e se lo cambi è la fine.

“Ti puoi perdere nel labirinto dell’ordine! Eppure eppure…aspetta …..qualcosa si muove……sullo sfondo è apparso il gatto! Ma è il mio gatto e miagola pure…..Noooo ….aspetta…”

Il  tablet in attesa della diretta zoom  ha la telecamera accesa. Il tavolo è nel video. Il SUO tavolo.  Nessun tradimento. Solo la realtà che si specchia nel virtuale.  Il vero che si trasforma in falso e il falso che sembra così vero ….ecco la diretta si avvia:

“Ciao!!! Eccomi! Sono collegata!”

Ecco qua il tavolo suo entra nel meeting …

O è il meeting che si posa sul suo tavolo?

Il gioco delle immagini – undici

Contatto in cinque note – di Laura Galgani

lento / pianissimo:

SOL – LA – FA- FA- DO

presto / sussurrato:

SOL – LA – FA- FA- DO

E nella stanza, fino a quel momento avvolta nel buio e nel silenzio profondo, insieme alle note filtrarono dei bagliori intermittenti e colorati.

allegretto / mezzo forte:

SOL – LA – FA- FA- DO

presto / forte

SOL – LA – FA- FA- DO

ripetuto a piacere

La prima a scuotersi dal torpore fu la palla color verde acqua, che riverberava le misteriose luci: “Ehi, ma che succede?”

“E che ne so, io?” – biascicò la colla “son tutta impastata!”

“Magari, succedesse qualcosa” – bofonchiò qualcos’altro – “son decenni che le mie pagine non si muovono più!”

Come fosse stata sentita, un’improvvisa folata di vento scompigliò le pagine della rivista buttata sul pavimento. La polvere si sollevò dagli oggetti, abbandonati ovunque per la stanza.

Di nuovo quelle stesse note riecheggiarono nella notte, SOL – LA – FA – FA – DO, accompagnate da luci meravigliose.

“Ma non vi ricorda nulla questa musichetta? Mi sembra familiare…” provò a dire la camicia.

“Ecco lei, ma chi si crede d’essere? Fa sempre la sapientona! Solo perché è stata indosso a qualcuno crede di saperne di più degli altri!” borbottò la sedia, verde d’invidia.

“Ma sì, dai” – si fece avanti lo zaino – “anche a me ricorda qualcosa … ma non mi viene …“  e non finì nemmeno la frase, perché stavolta le note furono così forti, le luci così abbaglianti, la folata di vento così impetuosa che le imposte dell’unica finestra di quella stanza si aprirono con violenza, sbattendo sulle pareti esterne della casa, i vetri si spalancarono e uno stranissimo essere, dalle braccia affusolate, il collo lungo e la testa simile ad un gigantesco acino d’uva, senza occhi né bocca, si affacciò nella stanza. 

La musichetta continuava a ripetersi:  SOL – LA – FA – FA – DO … proveniva da quell’essere, che sembrava la canticchiasse nonostante non avesse né bocca né altre aperture visibili. Una luce bianchissima pervase la stanza e inondò gli oggetti uno ad uno.

Da quando gli esseri umani erano scomparsi, a causa di una devastante guerra atomica scoppiata per la crisi economica e le tensioni seguite agli irreversibili cambiamenti climatici e ad una gravissima pandemia, niente aveva più portato un po’ di vita dentro a quelle mura.

La luce invece era calda, ma non troppo, dolce, rassicurante. Ognuno dei tanti oggetti si sentì accarezzato e desiderato come se fosse ancora stretto con simpatia, persino con amore fra le mani di un essere umano.

Le teglia nuova, ancora con la fascetta dell’imballo, ebbe un sussulto: “Ora mi ricordo! Incontri ravvicinati del terzo tipo!” “Sì, è vero!” fece eco lo zaino “proprio quello!” “Ecco dove l’ho sentita, al cinema!” interruppe la camicia “ma allora … se è come nel film … “ – la sua voce era rotta dall’emozione – “vuol dire … vuol dire … “ “E che vuol dire?” fecero eco tutti gli altri oggetti “che qualcuno ha lanciato un messaggio nello spazio, quelle note sono un codice, un richiamo per gli extraterrestri! Vuol dire che almeno un essere umano è sopravvissuto!”

Tutti gli oggetti trattennero il fiato. Ma fu questione di un attimo.

Lo strano essere non era più affacciato alla finestra e la musichetta era diventata una nenia, quasi una ninna nanna. Lentamente la luce si ritirò, i colori sbiadirono, i vetri e le imposte si richiusero.

Gli oggetti tornarono ad essere avvolti dal buio. Dormivano di nuovo, sognavano. Sognavano ognuno il proprio personale, intenso incontro ravvicinato con esseri capaci di ripopolare il Pianeta Terra.

Il gioco delle immagini – dieci

Trasloco – di Nadia Peruzzi

Le ultime cose gettate alla rinfusa sul divano e sul tavolo insieme alla spesa fatta solo mezz’ora prima in tutta fretta.

Era arrivato finalmente il giorno del trasloco, dopo il lockdown, dopo le notizie altalenanti e le incertezze che avevano costellato anche gli ultimissimi giorni.

Tutto fatto. La casa vecchia vuota, tutto nella nuova. Da stasera si dorme lì.

Quelli del trasloco avevano consegnato tutto. C’era solo da far ordine nel caos che gioco forza si era accumulato in questa stanza diventata ricettacolo di tutto.

I bambini dovevano finire di sistemare il pallone che ogni tanto rotolava in mezzo ai piedi di tutti e ora campeggiava sul tavolo del soggiorno.

Era ora di cominciare a far spazio sul tavolo.

La mamma stava mettendo insieme velocemente la cena e urlava a più non posso, dai fornelli, di portar via rapidamente tutto quanto non servisse.

“ Caproni, ma chi ha messo i piatti e le posate pulite in mezzo a tutto quel bailamme? Devo pensare a tutto io? E se mi distraggo voi state a messaggiare sul telefonino, stravaccati sul letto, mentre qui attorno è ancora un vero porcile? Qualcuno mi passa la padella nuova? Mi serve ora e ho le mani impiastricciate di pastella e farei danni a prenderla da sola. Su, via, veloci!”

Dalla camera emerse il figlio più grande .

“Mamma, via, non urlare. Ce la facciamo, piano piano. Non agitarti. Io porto via il pallone e le cose da mettere in camerina. Dico al babbo di venire per il  resto. Ora sta parlando con la zia .Ecco la padella che ti serve”.

“Grazie. Quello sfaticato d’uomo proprio ora si doveva mettere  a parlare con la zia Tina? Non la poteva rimandare a più tardi? Sempre nei momenti meno opportuni, quelli! Piccolo, e te? Sempre fra i piedi, eh? Via vai a giocare che a forza di starmi appiccicato mi fai pure cadere. Possibile tu sia diventato ancora più mammone di prima? Su vai dal babbo, così si scrolla da quel telefono. Anzi, lo chiamo io. Giorgio o che la smetti di stare al telefono con quell’uggiosa della tu’ sorella? Vieni c’è un casino ancora e si deve pure apparecchiare la tavola, forza, pena poco. Eccoti finalmente. O che voleva la tu’ sorella? Non ce la facevi a sganciarti? Siete stati un’ora attaccati a quel telefono. Che c’era bisogno proprio in questo caos di tirarla per le lunghe?”

“ Eh si”, rispose Giorgio. ”O Proprio oggi non ha avuto il benservito anche dal fidanzato che s’è incaponito per la collega squinzia ,di 25 anni più giovane!Una bambina, quasi! E pensa te, come non bastasse, pure licenziata al lavoro per il covid. Una vera tragedia. Come potevo lasciarla a mezzo della telefonata? Piangeva come una fontana. Anzi appena abbiamo finito, guarda se le dai anche tu un colpo di telefono. Essendo donna sei in grado  di darle consigli meglio dei miei.”

“Ti pareva che la tu sorella la un rompesse le scatole anche in una giornata di foco come questa! Che consigli posso dare a una che passa di tragedia in tragedia? Glielo avevo detto che quello prima o poi l’avrebbe fatta ingrullire. Troppo frillino! Le guardava tutte, quando s’andava fuori tutti e quattro, non te lo ricordi? Faceva il simpatico, lui! Un vero galletto, ma lei nulla. Innamorata persa e di segnali non ne vedeva nemmeno mezzo. Se ce la faccio la chiamo, se no si va a domani. Non avrei voglia di tanti piagnistei a quest’ora e dopo questa giornata d’inferno. Via, qui ho quasi finito. Apparecchiate appoggiando il di più sul divano, togliamo via tutto dopo cena.”

Eccoli a tavola.

Finalmente placati e ad assaporare la prima cena a casa nuova.

Come in tutti i traslochi precedenti un po’ in confusione ma dall’indomani le cose si sarebbero sistemate.

Alla prima forchettata, un boato forte li terrorizzò.

Si guardarono a occhi spalancati non capendo cosa stesse succedendo. Lo capirono appena cominciarono a veder dondolare il lampadario sulle loro teste alla seconda scossa, quella ondulatoria.

Si alzarono di scatto, presero dal divano lo zaino, le magliette e le felpe, e via di corsa giù per le scale, mentre gli altri inquilini si affacciavano alle porte di casa pronti a precipitarsi anche loro all’aperto.

Si ritrovarono nella piazza davanti casa. Smarriti e preoccupati, e con la forte consapevolezza che la prima notte agognata nel loro letto nella nuova casa l’avrebbero invece passata sugli scomodi seggiolini di una macchina e all’addiaccio

Il gioco delle immagini – nove

CONFUSIONE – di Sandra Conticini

Matteo tornando da scuola, stanco e affamato, sogna  di potersi riposare sul divano mangiando un hotdog e guardando la serie di cartoni preferiti.

Suona il campanello, ma nessuno apre. Non ci fa caso,  sale le scale e con le chiavi apre la porta, ma in casa non c’è nessuno, solo una gran confusione regna  nel salotto. Lo zaino, usato la domenica precedente,  buttato in terra, la camicia a quadretti blu e verdi insieme ad un foulard giallo lanciati sul divano, la tavola ancora apparecchiata con  piatti, bicchieri e posate della sera prima da rigovernare, la palla verde della mamma per fare pilates in bilico vicino al tavolino,  e  il giornalino delle parole crociate pesticciato e lasciato lì…

Inizia a chiamare, a gridare, ma nessuno riponde, non ha il coraggio di entrare. Ha paura e per la testa gli passano tanti pensieri negativi… Si rivolge al suo amico di giochi paperOtto: – Scusa ma te, con codesto cappello da cuoco, che ti pulisci il becco rosso alla giacca del babbo,  mi sapresti dire cos’è tutta questa confusione?

Stastastamani, doooopooo chhhee eeeraavateee uuuscciiitiii tuuuutttti, èèèèè arrrivataaaa Marietta a puuulireeee, ha iniiiziiiatooo a brooontolaare.. E’ staaancaaa dii troovaareee seeempre spooorcooo eee cooonfusioone. Cosiiii ha iniziaatooo a uuuurlare sbataaaacchiandoooo a deestraaa e siiinistraaaa i pooochi oooggetti che erano al sususuoo pooosto….Poi ha aalzatooo laaa padellaaa nuova, peeensavo volesse tirarmeeelaaa in teeesta, hooo avuuutooo taanta pauura  cheeee meee la sonooo fattaaa addosssooo…. sperooo miii perdooneraiii Matteo! Poi è uscita sbattendo la porta e dicendo che non tornerà piùùù!!!