Il fico ritrovato

Un fico tra verde e blu – di Stefania Bonanni

Dalla sua casa lei vedeva solo il mare, ed il fico grande, tra la terra e il blu. Il blu si mescolava al verde delle grandi foglie senza spigoli, quando la brezza le faceva vibrare, quasi al ritmo delle onde. Lo sapeva, tutto c’era sempre stato, senza scossoni, immobile. Il fico era forse nato con la terra, ma non c’erano le sue finestre senza l’albero, non c’era quel blu, senza quel verde.

Immobile. Lo scossone lo dette lei. In paese sentirono, quelli che potevano sentire, alte grida e porte sbattute, ma le grida non erano le sue. Lei non sentiva, e non parlava. Chi pensava non capisse, non sapeva di quanto sbagliava. Chi pensava sorridesse perché  non soffriva, aveva per se’ problemi mentali. Chi pensava ci fosse di peggio, non si era mai messo nei suoi panni.

Erano i primi anni sessanta, non era facile lasciarsi alle spalle la Sicilia. Scrisse, prego’, batte’ pugni sul tavolo, ando’ a meditare dalla zia suora, in convento, ma torno’, ora si, con le idee più chiare, finalmente. Decise, che sarebbe andata a studiare a Firenze. Fu evidente che la cosa non era trattabile. Il piccolo lascito dei nonni, per il futuro della bambina “sfortunata”, sarebbe servito per l’affitto di una stanza, e per l’università.  Non aveva bisogno di altro. Quando fu pronta, si girò perché le rimanesse negli occhi il mare, ed il fico. Tra lei e loro, la sua mamma vestita di nero, con gli occhi lucidi e le mani che nascondevano i grani del rosario.

Fece un viaggio lunghissimo, ed è sempre la prima volta, quando siamo soli per la prima volta. Viaggiò in treno, in traghetto, ancora in treno, poi in mezzi di città.  Non perse i bagagli, né fu derubata. Non si erano avverate le previsioni familiari.

Arrivò all’appartamento trovato per lei da un conoscente , e non se lo era immaginato così. Due piccolissime stanze al secondo piano di una casa costruita in verticale, anziché in orizzontale, come a casa sua. Uno dei primi “grattacieli”, ma lì i piani erano tre, e non si grattava proprio nulla, il cielo si vedeva solo sporgendosi dalla finestra e torcendosi  all’insu’. Dall’unica finestra, si vedeva solo una striscia di ghiaia che separava quella costruzione da quella simile per forma, ma molto più  imponente, proprio davanti, e spostata più  In prossimità della strada, così che davvero non si vedesse proprio null’altro che pareti. E di finestre, solo una. Quando era in casa, era sempre davanti alla finestra. Leggeva, mangiava, studiava, viveva,  dietro un vetro.

Se ne accorse in un giorno di vento. Vide il vialetto mutare di colore,  ombre di foglie grandi disegnavano movimento sulla ghiaia. Era diverso da quello che conosceva,  Era giovane e casuale, ma si intuiva testardo e deciso a crescere, a diventare visibile a tutti, forte e coraggioso.

Prese a parlare con l’albero. Era piu’ facile che tentare di farsi capire dalle persone. La mattina, guardandolo, raccontava alle loro anime i suoi pensieri, i sogni della notte, i programmi della giornata, la fatica degli studi, l’invidia per chi la vita ce l’aveva piu’ facile. Leggeva anche le lettere che arrivavano dalla Sicilia. La prima volta fu spiazzata, non se lo aspettava. Poi, divento’ abitudine , diventarono la prima cosa che cercava, nelle buste. C’erano un paio di paginette scritte in bella calligrafia antica dalla sua mamma con notizie sulla salute dei familiari, dei parenti, dei conoscenti, poi pensieri d’affetto e di augurio per la vita della figlia, poi, senza ne’ spiegazioni, ne’ annotazioni, ritagli di giornale. “Ragazza violentata nei giardini dietro la stazione”, e seguivano particolari. “Donna scippata e trascinata dalla moto del rapinatore” “Furto in appartamento di ragazza che vive da sola” “Ragazza investita dal tram, non l’aveva sentito arrivare” e così via, in tutte le lettere. All’inizio fu turbata, le sembro’ non l’aiutassero, che la volessero impaurire, poi cerco’ di capire quello che non c’era scritto. E comincio’ divertita ad aspettare i ritagli di giornale. “Chissa’ oggi cosa mi tocca!!” Rispondeva alle lettere senza mai accennare alle tragedie dei giornali. Raccontava di stare bene, studiare tanto, fare fatica ma con buoni risultati, di andare da tutti gli specialisti dai quali aveva promesso di andare. Grandi nomi, professoroni, tutti al Nord. Cresceva lei, cresceva il fico.  Lei in altezza non crebbe molto, sembro’ per sempre una ragazzina, lui nemmeno, sara’ stata la mancanza di cielo, fatto sta che ando’ per largo, si fece spuntare teneri ributti alla base, che lo irrobustirono.

Non fu mai fiorita, lei, e nemmeno lui faceva fiori. I frutti erano fiori, e bisognava cercarli, tra le foglie. A nessuno interessavano fichi nati in mezzo ai fumi di scarico del traffico cittadino. Pero’ erano robusti, tutti e due. Muscoli magri leggeri e guizzanti, che puntavano in alto con fiducia.

Furono anni intensi, ma l’obiettivo era chiaro e luminoso come tutti i sogni.

Vennero dalla Sicilia, per la laurea. Era diventata ingegnere elettronico. Avrebbe lavorato alla realizzazione di impianti di amplificazione e decodifica attraverso speciali cuffie, degli impulsi sonori. Nel frattempo, aveva imparato ad emettere suoni faticosi, ma utili a farsi capire.

Divento’ un professionista importante, fu cercata da industrie tecnologiche,  ebbe disponibilità finanziarie.

Comprò  una casa comoda ed elegante, per i genitori, che non vennero, fino a che furono capaci di intendere e volere. Continuarono a scrivere. Abitavano già  con lei da un po’, quando le arrivo’ l’ultima lettera. La apri’ stranita,  sembrava uno strano scherzo del tempo. Strappo’ la busta…casco’ il ritaglio di giornale. “Trovato cadavere di donna che viveva da sola. Si pensa ad un malore. Non era in grado di chiedere aiuto”. Lei all’epoca dirigeva un Impero economico, con sedi all’estero e centinaia di dipendenti. Loro non l’avevano mai presa sul serio. Non era cresciuta, era piccola, e sordomuta, ed era nata in un paesino della Sicilia, in una casa con una finestra dalla quale si vedeva solo il mare, ed il grande fico, davanti.

Il piccolo appartamento di lei studentessa l’aveva comprato.  Anzi, a dirla tutta, aveva comprato tutto il “grattacielo”. Poi glielo avevano espropriato. Lei aveva posto una condizione: la costruzione di una grande, riparata,  comoda aiuola, intorno al fico.

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

7 pensieri riguardo “Il fico ritrovato”

  1. Condivido con tutto il cuore le pene della protagonista che,sia pur in senso lato,posso considerare una mia collega,anche se io non ho avuto lo stesso suo successo,pur non demeritando….Comunque ,mi fa piacere poter considerarci ambedue “fichi”…..

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  2. Un bel racconto che ho letto tutto d’un fiato… Mi hanno fatto riflettere i ritagli di giornale con le disgrazie più strane…l’arma dei genitori quando i figli fanno qualcosa che non approvano. Un racconto con tanti sentimenti. Grazie

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  3. Che dire: arrivato in pieno petto, proprio al centro del cuore.
    Due anime tenaci che si sono nutrite a vicenda. Come sempre cogli il centro andando oltre.

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