Sogno di maggio – di Cecilia Trinci

Lei correva su un prato verde, quei prati incredibili di maggio quando la luce sembra irrealtà e sbatte violenta contro le cose abbracciandole, possedendole. Lei correva e non sembrava avesse un’età definita e definibile: i capelli stavano indietro, guardavano dietro le spalle e seguivano i movimenti del corpo teso nella velocità; osservavano le colline, dietro, e i fiori che esplodevano, dietro, e la strada percorsa con sopra le orme di quella corsa irrazionale. Dietro. Davanti c’era il pianoro con l’enorme ciliegio fiorito, e la staccionata di legni intrecciati, per trattenere un cavallo castano, giovane, con i capelli biondi, che si muoveva sinuoso, come una fronda di fiori nel vento. Il cavallo tratteneva a stento le quattro zampe nervose, trottava solo, qua e là, spostandosi appena. Aspettava. Non so se aspettava un segnale o un odore nascosto, o un refolo di vento che gli desse il via verso le praterie al di là del bosco.
Lei intanto non smetteva di correre. Voleva raggiungere il cavallo leggero sull’erba. Ma improvvisamente mentre alzava la testa, non ci fu più niente e nessuno lungo la staccionata di legni intrecciati. Il bosco aveva inghiottito il cavallo con i suoi capelli biondi e le caviglie nervose. Rallentò, lei, mentre cercava con gli occhi lontano. Cercava il cavallo, ma anche i fiori del ciliegio pieni di insetti. Anche il ciliegio era sparito, dentro un’improvvisa nuvola di nebbia che, bianca, opaca, inghiottì improvvisa l’intero pianoro. Si voltò, allora, cercando il sentiero di andata e la casa in fondo, là dietro il gazebo, da dove era partita. Ma dietro, la nuvola bianca aveva mangiato il punto di partenza, silenziosamente, senza avvisare. Si trovò immersa anche lei in quella nebbia bagnata che inumidiva il vestito leggero e le ossa stanche subito sotto. Ebbe solo il tempo di rabbrividire. Le lacrime sbattevano secche sotto le palpebre stupefatte e rimasero ferme, in attesa. Tutto era bianco e silenzioso, ma non come la neve che spesso cadeva lì, piuttosto come una mano di calce polverosa, quella che si stende per cancellare, pulendo il passato dalle macchie di vita.
Pensò, lei, brevemente, a chi era scomparso nella nuvola di calce. Pensò se fosse possibile respirare, lì sotto, se anche lei avrebbe continuato o no a respirare, se tutto stava per finire, se fosse morta senza essersene accorta e fosse già in una specie di Purgatorio senza nome. Si mosse, lei, lentamente, cercando una via nel bianco opaco, verso casa, verso il dietro, verso il giorno prima. Trovò un viottolo stretto, in salita e si inerpicò. Non sapeva se l’affanno era per la salita che piano piano cresceva o per l’ansia che piano piano anche lei cresceva. Salì lentamente e il bianco compatto si fece piano piano più lieve, più diradato, come quando la nebbia saliva dalla valle e piano piano si scioglieva in gocce umide. Piano piano, allora, accadde di nuovo e si ritrovò sulla cima di un poggio…..il sole sorgeva da dietro una piccola piega di terra sconosciuta. Non era mai stata lì e si sentì sola. Un rumore leggero dietro le fronde di un ciliegio sfiorito la fece sussultare. E vide, dietro l’albero che cominciava a metter piccole foglie verdi, un cavallo giovane con i capelli biondi che scalpitava, che voleva saltare la staccionata di legni intrecciati forse per raggiungerla……..e che da lontano la riconobbe.
Un sogno, un passaggio, una trasformazione… Un incontro con un nuovo sé.
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Un salto nel nirvana?!Bello e terribilmente suggestivo. !!😱😱👀👀😀😀
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Quante sfumature di bianco, hai saputo creare sulla tua tela…. essere riconosciuti…esistere…
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è il simbolo di ciò che è accaduto: siamo quasi a metà di questo anno assurdo….
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Infatti…..una magistrale metafora
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Il tempo che non esiste nei suoi passaggi, né passato, né presente, né futuro. È tutto lì intero, noi lo guardiamo solo a posteriori. Molto profondo Cecilia…
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l’ansia,l’attesa,la nebbia che ottunde e ci confonde e poi il sole,di nuovo che sa tanto di voglia di ricominciare .
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Hai descritto con una metafora quello che ci sta succedendo ora, ieri e forse tra un pò.
Ci ritrovo la mia stessa trepidazione e energia del prima, la nebbia, lo smarrimento dell’ora, la meraviglia e lo smarrimento del quasi dopo.
pieno di emozioni. Grazie
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