Suggestioni di Rossella G. davanti a un mazzo di rose rosa

La quasi-nonna Fioraia di Via Guasti – di Rossella Gallori

Ora che sognava solo rose nere…..

Quando si è troppo piccoli per scappare e troppo grandi per essere ignorati…si fugge vicino, ci si nasconde dietro un vetro grande, pulito di braccia, si cerca un posto tra i fiori, si ruba il loro profumo, sicuri che sia medicina” buona”   per cancellare la solitudine.

...ora che sognava solo rose nere….

Era cresciuta li, senza quaderni per la scuola, senza trecce fatte bene, con i yeans dei fratelli e le magliette  carine , regalate, a suo dire, senza amore, con le poesie nella testa e le ginocchia sbucciate. Bastava chiudere la porta per entrare nel sogno,  un piccolo negozio di fiori, in una  strada trafficata nel rumore, dai silenziosi marciapiedi larghi che univano 2 piazze: una senza panchine, l’altra con troppe.

Era bello o quasi vivere lì con il fischio del treno, ed il suono delle sirene, che sempre più spesso si fermavano sulla sua porta, con quella palla blu che faceva magia, nascondendo la tragedia.

…Ora che “sogno” solo rose nere…

Ti voglio portare un mazzo di rose  color pelle d’ angelo, con quella nebbiolina bianca che tanto ci piaceva,  con il cellophane, che non usa quasi più ed un nastro di raso vero  di un rosa elegante e poco sfacciato.  Aggiungerò un biglietto che sa di paglia nel colore e nell’ odore, ci scriverò un GRAZIE gigante, firmerò: la bambina.  Perchè io per te ero bimba e cocca….solo quello!

Grazie: per i gelatini da trenta.

Grazie: per la farina di castagne cotta nel  “ veggio”

Grazie: per non avermi insegnato il nome dei fiori, sapendo che non avrei mai imparato.

Grazie: per aver profumato una infanzia, piena di odori confusi.

Grazie: per avermi insegnato a vivere, spiegandomi tutto con le rose, come evitarne le spine….e se la vita punge, si succhia il male e si sputa più lontano…..senza farsi vedere, senza piangere.

Grazie: per……e per……e per…..

Ora che, ricordandoti, sogno rose screziate di un rosa più scuro, che ha il colore del nostro ridere di allora, di quella panchina  di pietra, gelata d’inverno, bollente d’ estate, con le mie gambe che dondolavano senza toccare terra…

Busserò alla porta del paradiso, piano con le nocche arrossate, ora, come allora,  lo facevo alla tua vetrina, domanderò di te all’ angelo che aprirà la porta…e tanto somiglia al venditore di duri di menta dello Stibbert, forse è lui, ma non mi riconosce.

La signora  EVA?

È in giardino!

Può darle questo da parte mia?

…..e porgo un mazzo un po’ stropicciato, il viaggio è stato lungo….. con il biglietto fermato da un piccolo spillo dalla capocchia di perla….

Certo!

 Annuisce l’ angelo allampanato, che forse è il gelataio di  piazza Viesseux , tanto simile al “ duraio”

Non mi chiede se voglio entrare, sa già che direi di no….che scapperei inciampando nei ricordi brutti…poi io in paradiso che ci faccio?  Piangerei tutto il giorno, spandendo “moccio” sui cuscini di seta di Dio…pretenziosi ed immensi.

Ti ho intravista, mentre  abbandonavo angelo e bouquet, avevi la stessa vestaglia immacolata, i riccioli biondi…gli stessi occhi color cielo pieni di bontà, non ti ho chiamata, volevo lasciare intatto il  ricordo…

ORA CHE  SOGNO “ROSE ACQUERELLO “ RICORDANDOTI…..

Suggestioni di Sandra davanti a un mazzo di rose rosa

Numero di telefono – di Sandra Conticini

Sono convinta sempre più di aver fatto bene a chiamarti. Il tuo numero di telefono mi frullava sempre per la testa, anche se non lo avevo più in rubrica, ma il coraggio di chiamarti non veniva fuori.

La paura che non fosse più quello, mi bloccava ed invece sono stata fortunata.

Ti ho riconosciuto subito dal “pronto” la voce non usciva, mi sono emozionata nel ricordare i nostri giochi di bambine la nostra adolescenza, le nostre scorribande di nascosto.

Quella volta che ad appena 15 anni siamo salite in macchina con Carlo, che dopo è diventato tuo marito, ed altri suoi amici conosciuti pochi minuti prima.   Siamo andate a fare una girata nella campagna di Monte Morello.  Se lo avessero saputo i nostri genitori sarebbe stato un bel problema, ma noi eravamo brave a mantenere i nostri segreti… eh sì, ne avevamo diversi!

Sei sempre stata una persona forte e con la tua forza riuscivi ad aiutare anche gli altri. Eri molto coinvolgente, sempre allegra e spensierarata… chissà se sei sempre così.

Non so il motivo per cui ci siamo perse, forse perchè io ho incontrato quell’uomo che a te non piaceva e per me era molto importante in quel mio momento di fragilità.

A poco a poco ci siamo allontanate, ma purtroppo avevi ragione tu, sapessi quante volte ti ho ricordato, perchè quando siamo innamorti non esiste la realtà.

Quando ho visto quel mazzo di rose lucide, quasi trasparenti e luminose mi hanno fatto pensare a te sempre sorridente e trasparente, come spero tu sia ancora.

Con questo piccolo pensiero che ti mando spero che ci potremo rivedere e riprendere un po’ della nostra bella amicizia passata.                                                                                                                                                                                                   

Suggestioni di primavera da Stefania

Nati a primavera – di Stefania Bonanni

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Ha braccia lunghe e morbide, ha lasciato nodi e spigoli alle sue spalle, ha mani enormi, capaci di un incavo al centro, quando sono congiunte. Culla dolcemente.

Non chiede il permesso, né bussa, semplicemente arriva e diventa urgente un solo sentimento: diventarne parte, stendersi, respirare i fiori, lasciarsi carezzare dalla brezzolina gentile, succhiare un filo d’erba, sfilare la margherita che era rimasta impigliata tra le dita di un piede, forse un regalo.

I nati di primavera sono stati concepiti durante il grande caldo. Chi si amo’ non rimase stretto per scaldarsi, piuttosto per viaggiare sull’onda liquida dei fluidi del corpo, del sudore, dell’odore, dell’amore. E hanno trasmesso questo sbocciare a primavera, che un tempo era voglia prepotente ed ora ha meno forza, e forse fa anche un po’ paura.

Verrebbe voglia di notti di stelle, di star sdraiati tra le margherita, di gente che, inaspettata, suona il campanello. Servirebbe una mano da stringere durante un film di paura, o di mangiare come sempre solo il croccante di un cono gelato, che il resto come al solito c’e’ qualcun altro che lo mangia.

Tornano ricordi di motorini e minigonne, di primavera. Verrebbe anche voglia di guardare negli occhi quegli occhi che ci volevano bene, o anche che ci volevano e basta. E chiedere, come e’ andata? La vita, come e’ andata?

 Lo faremo, ce lo siamo promessi. Forse in inverno, davanti al fuoco.

Suggestioni di Lucia da un mazzo di rose rosa

Rosa dal passato – di Lucia Bettoni

Ogni giorno per più di trent’anni
Ogni giorno insieme
Quante volte abbiamo aspettato il treno per andare al lavoro
Quanti piccoli viaggi, quante parole, pensieri, quanti sogni!
Così simili, così diverse
A volte qualcuno ci ha chiesto se eravamo sorelle: lo stesso naso pronunciato con una piccola gobba!
Passavano i giorni e le nostre vite di giovani donne.
Matrimoni, separazioni, dolori ,nuovi amori, viaggi, nascite e lavoro
Si, perché noi eravamo amiche, colleghe e vicine di casa
Per due volte ho trovato una casa per te:
la casa dove ti sei sposata e poi la casa dove hai vissuto da sola
Diverse, uguali
Rigida, altera, bella, chiusa, irreprensibile, ombrosa, sempre corretta come ti piaceva ripetere troppo spesso
Ed io piccola farfalla triste, svolazzante, creativa e fortunata ai tuoi occhi
Quanti viaggi in auto all’alba mentre le stagioni si susseguivano: autunno, inverno, primavera …
Alle otto e trenta in classe
I bambini ci aspettavano, non si poteva arrivare in ritardo
E i turni di pomeriggio quando in inverno il buio ci coglieva per strada con la pioggia e il freddo, a volte bloccate per la neve
Sempre insieme
Io e te
Sei la persona con la quale ho passato più tempo nella mia vita
Ci sono state anche le liti ,le incomprensioni ,le gelosie  …
Si, eravamo come sorelle
Poi un giorno più niente
Hai chiuso la porta
Hai chiuso la finestra
Hai chiuso e tappato ogni piccolo spiraglio di luce
Hai chiuso con tutti
Hai chiuso con il mondo
Tutti fuori dalla tua vita
Incredibile, ma tu hai fatto questo
Hai chiuso il mondo fuori dalla tua porta e ti sei barricata in casa
Lì fuori sono rimasta anche io
Io come tutti
“Come tutti io” questo è stato duro, doloroso, inaccettabile
Questa la realtà
Sei sparita
Più doloroso di una morte è stato
È passato un anno: niente
Due anni: niente
Tre anni: il telefono sempre libero e nessuna risposta
Nessuna risposta per nessuno
Nessuna risposta per me
Poi squilla il telefono
È il mio compleanno
Ciao Lucia sono io
Ti voglio bene

Suggestioni di Nadia davanti a una finestra dipinta

Suggestioni davanti a una finestra – di Nadia Peruzzi

Si svegliò all’improvviso e si trovò in una stanza che non riconobbe. Le ci volle un po’ per capire che era la sua.
Un incubo? O una realtà parallela quella che stava vivendo?
Era confusa.
La luce che le dava sempre gran forza faceva fatica ad entrare dalla finestra.  I vetri erano incrostati , anche se non sembravano sporchi.
In alcuni punti riusciva ad individuare nuvole e sprazzi di cielo di un blu intenso, da altri riusciva a percepire il movimento di chi passava nella strada.
Era il qui e ora che prendeva corpo. Il torpore del sonno la stava abbandonando e cominciò a vederci altro in quei rettangoli che sembravano quadri , in un quadro grande abbastanza da contenerli tutti.
Nel primo in alto vedeva correre una bambina. Un vestitino col corpetto a nido d’ape , di un cotone leggero e con fiorellini di un colore sul fiordaliso intenso! Era una vortice di vitalità quella bambina. Correva a perdifiato . Prima dietro ad un pallone, poi saltava sull’altalena che pendeva dal ramo del vecchio noce , poi via ad inseguire Tigre, il suo gatto che si stancava presto e si nascondeva per non farsi trovare.
La visione della mamma che arrivava con la merenda le diede un tuffo al cuore.
Nel rettangolo accanto, vide apparire una cartella con libri e quaderni. Qualcuno, era lei, faceva colazione al tavolo di legno scuro che occupava gran parte della cucina. Al secondo colpo di clacson del pulmino che veniva a prenderla, via di corsa , perché sapeva che il terzo era quello del saluto e lei sarebbe stata costretta a rimanere a casa, brontolata da tutti.
Che bel periodo era stato quello della scuola. Aveva trovato lì alcune delle amiche che l’avevano accompagnata per tutta la vita.
Il terzo rettangolo in basso le fece battere forte il cuore. Vide Nino.  Lo vide nei suoi 18 anni, quando se n’era innamorata. Nino, che non c’era più da tempo. Nino, che le mancava da morire. Nino, di cui ricordava tutto e quel tutto erano ancora stilettate di nostalgia, miste a dolore.  Quell’amore l’aveva travolta . Non era mai venuto meno durante gli anni in cui erano stati insieme.  Amanti, amici, confidenti, complici.
Erano tutto, l’uno per l’altro. Poi una malattia terribile glielo aveva portato via, quando ancora il tratto di vita da percorrere insieme avrebbe potuto essere ancora lungo .
Il quarto rettangolo del vetro era quello più confuso , meno nitido.
Molte erano le immagini che si rincorrevano, ma le sembrava che fossero sempre più sbiadite.
Vedeva un po’ suo padre Luigi.  Possente e con quei baffetti rigorosamente all’insù. Rivide i suoi nonni e la grande casa col glicine che ne copriva la facciata, quando era stagione. Ci aveva trascorso tanti giorni felici.
Le apparve sua madre, bella come non l’aveva vista mai. Era luminosa e allegra, come sempre.
Allungò la mano per toccarla e fu avvolta dal calore della sua.
Fu l’ultima cosa che sentì e le dette la forza di abbandonarsi per affrontare il suo viaggio.

A proposito di finestra l’immagine di un cipresso per Patrizia

Cipresso di Patrizia Fusi

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Albero del paesaggio toscano, mi piace il suo profumo di resina.

Ricordo d’infanzia di quando giocavamo sotto di essi, adoperando le gallozzole come cibo nei coccini ricavati da scatolette vuote di tonno e simmenthal, pomeriggi semplici e sereni fra bambini.

Ricordo la bellezza del viale alberato nella maremma di Castagneto Carducci.

Cipressi posizionati intorno ad alcuni cimiteri, sembra che,  con la loro forma allungata che svetta verso il celo, siano in preghiera.

Suggestioni di Patrizia di fronte alla finestra dipinta

Utopie dalla finestra – di Patrizia Fusi

Nella finestra dai vetri opachi vedo il passare del tempo, vedo la malinconia della vecchiaia, vedo l’incoerenza del mondo e la ferocia degli umani.

In un riquadro vedo la gioventù dei miei nipoti, vorrei che la vita  fosse lieve, il pensare a loro mi fa sentire leggera e piena di speranza per loro e per il mondo.

Vorrei vedere uomini capaci e disposti con l’esempio e le parole a rendere un mondo più giusto, vorrei che l’umanità riuscisse a bandire su tutta la terra le guerre.

Non ci sono guerre giuste.

Vedo me stessa che mi contraddico su quello che ho scritto perché se fossi aggredita mi vorrei difendere.

Vedo troppa ipocrisia, troppi interessi, troppi egoismi, troppa indifferenza, troppi occhi chiusi e capi girati da un’altra parte per non vedere quello che è scomodo.

Questo lo dico anche a me stessa.

Suggestioni di Anna davanti a una finestra dipinta

LA FINESTRA MISTERIOSA – di Anna Meli

            Nella parete bianca e piatta stonava veramente quella finestra anche se addolcita da mazzi di fiori di campo. In un primo momento la percepii come una croce in un rettangolo di colore scuro, grigio intenso, quasi nero. Vidi però nei rettangoli ottenuti dall’incrocio colori tenui, delicati, smorzati, silenziosi: giallo, arancione e azzurro.

            Non si intravedevano forme nette, ma potevano osservandole dar vita all’immaginazione…….ed ecco una mamma che coccola il suo bimbo, una borsa appesa ad un chiodo, un recipiente per l’acqua ottenuto da una zucca e anche un coniglietto dallo sguardo curioso.

            Davanti a quella finestra la curiosità faceva passi da gigante. Cosa nascondeva? Cosa c’era  veramente al di là? In quel momento qualcuno entrò nella nella stanza creando una corrente d’aria. La finestra si mosse, sembrò respirare; si aprì uno spiraglio quel tanto da far intravedere un’altra stanza con un’ampia apertura vuota che dava sui campi. Da lì entravano i colori , del sole ,del cielo.

            C’erano in quella seconda strana stanza attrezzi da giardino e alcune piante di limoni messe al riparo dal freddo dell’inverno. Luce, piante attrezzi dipingevano le forme strane nei vetri della finestra. Il mistero era stato rivelato dall’alito di un soffio di vento.

Associazioni di idee: Il Bandolero stanco di Luca

Bandolero stanco – di Luca Miraglia

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E’ di nuovo giorno e lo sguardo colpito dal calore del sole che filtra tra le assi degli scuri stenta ad orientarsi.

Paglia, letame, cavalli, polvere e ancora polvere.

Nella mente ancora il risuonare delle urla della folla in delirio per l’ennesimo macello crudele ed insensato.

Nelle gambe ancora la fuga definitiva da tutto ciò.

Stanco di essere bandolero stanco si alza e se ne va incontro alla polvere dei suoi nuovi giorni.

La finestra-quadro per Luca

La finestra – di Luca Miraglia

Come una mappa antica, consunta nel tratto e nei colori, la luce evapora attraverso la finestra. Non se ne leggono più i nomi e nemmeno i confini di quelle terre, e mari e monti forse una volta rappresentati o forse solo immaginati.

Si può quindi indovinare una nuova geografia che esplora mondi immateriali di colori che si fondono e si sciolgono in un caos il cui unico ordine possibile è lo sguardo che osserva e si lascia accompagnare. Ora verso là fuori in immagini composte e naturali in “buona forma”. Ora verso qua dentro tra i contorni evanescenti delle rappresentazioni immaginarie del sé.

Leggera la percezione può fluttuare in quiete.

Mi fa venire in mente…….il sapone di Marsiglia di Sandra

Sapone di Marsiglia – di Sandra Conticini

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Quell’odore di sapone di marsiglia non mi piaceva proprio, non sapevo  descrivere il suo profumo, non aveva il nome di un fiore, frutto, caffè, thè non assomigliava a niente che io conoscessi.

Per fortuna per un certo periodo è sparito dal mercato.

Da qualche anno è ricomparso ed ora invece mi dà il senso del pulito,  del sano, e naturale. Lo uso sempre più spesso perchè mi sembra di tornare alle cose semplici e ai ricordi della mia infanzia.  Tutti quegli odori di fiori e profumi mi hanno annoiato, mi sembrano falsi e  ammazzano noi e l’ambiente.  

Sandra di fronte a una finestra-quadro

Pinguini alla finestra – di Sandra Conticini

I colori, così particolari  di quella finestra, hanno colto subito la mia attenzione. Non mi so spiegare il motivo ma,  toni così caldi e nello stesso tempo tenui, quel giallo tendente all’arancio, ma che comunque non è giallo né arancio perchè tende al rosato sono riusciti a rilassarmi.

Guardando con attenzione mi sembra di notare “La Madonna col bambino” di Raffaello, che per tutta la vita è stata  il quadro alla testata del letto dei miei genitori.  Il babbo diceva che non si poteva sostituire perchè ci doveva proteggere. Da piccola quando non stavo bene mi alzavo in piedi sul letto e parlavo con quel bambino che mi faceva compagnia in quei giorni di malattia infiniti.

Vedo anche un pinguino con il becco ed il pancione che assomiglia a quelli venduti in spiaggia, stanno sempre in piedi, mi fanno sempre sorridere e, se non mi vergognassi, me lo comprerei , così riuscirei a sentirmi meno sola.

Le altre finestre mi fanno pensare ad un arcipelago di terre lontane con mari caraibici dove si va per stare insieme ad altri cercando di dimenticare momentaneamente i problemi quotidiani. 

Dopo la visione della finestra la parola scelta da Daniele è Voracità

Voracità – di Daniele Violi

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Voracità di accaparrare emozioni che ci fanno da scudo alle sofferenze che si sommano, causa queste di altre voracità  che come in un vortice ci strappano dentro un cul de sac. Voracità che ormai facciamo proprie, voracità del tempo che cosi possiamo accumulare e usare sperando di poterlo saper gestire. Un tempo che sentiamo essere sempre più finito, un tempo prossimo che va contro la voracità, che si presenta senza pretese, generoso e ogni giorno ci regala la luce che la nostra vita accoglie con gentilezza, ma forse non ci basta. Siamo ormai capaci di volere tutto e subito, questo perché abbiamo ormai saputo accumulare e quindi abbiamo per questo bisogno di avere aspettative sempre più voraci che ci danno false sicurezze. Gli uccelli ogni giorno cercano la loro briciolina di pane e non sanno essere voraci, hanno saputo difendere la loro libertà. 

Un quadro-finestra per Daniele

Trasformazioni di colori e sostanza – di Daniele Violi

Un quadro finestra che mi dimostra come dall’alto, in cielo, volando accomodato dentro un cestellone di un pallone aerostatico, sporgendomi posso osservare ampi territori sotto di me, che attraverso. Si nota come a volte sono di colore naturale e altre invece hanno una luce e un colore che rispecchia tutto quanto l’uomo può  aver realizzato su vasti territori anche usurpati con cattiveria. Un quadro e uno scenario al momento meraviglioso e poco dopo pieno di colori nero fumo, rossi di luce artificiale, dove difficile è distinguere i disegni che le città e i luoghi affollati ci propongono osservando dall’alto, volando con curiosità e tutto ciò che ci troviamo a veder passare sotto i nostri occhi. Appunto, siamo stati capaci di cambiare il colore della natura, abbiamo stravolto le vecchie e cari immagini che i primi aviatori potevano godere. Ormai con la tecnica si può anche capire con certezza scientifica come il colore, la luce con le nuvole macchiate e tutti i fenomeni legati alla purezza dell’aria del nostro orizzonte di una volta, che  riconoscevamo colorato, dall’aurora, dall’alba e dal tramonto e dal crepuscolo; ora ci possiamo artificialmente nutrire di colori e immagini che con non chalance, senza pensarci più di tanto, abbiamo combinato con la nostra voracità di essere al pari del progresso che ormai è irrefrenabile come tutto ciò che possiamo vedere volando. Una tavolozza di colori a volte interessante magari, ma comunque per niente augurabile per le esistenze di tutte le anime vive che solcano la nostra amata Terra.

A proposito di un quadro-finestra l’immagine di Carla: la punta del cipresso

Punta di cipresso – di Carla Faggi

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E’ in alto, tanto più in alto di me, non posso toccarla, non la vedo da vicino.

Allora mi immagino di essere lei e guardo il mondo da lassù, giudico, commento, faccio considerazioni ed obiezioni.

Si vedono cose bellissime che sono state fatte, alcune che sono capitate per caso, altre che c’erano ed ora non ci sono più. Potrebbe essere tutto migliorato ma visto da una prospettiva così alta tutto sommato ci possiamo accontentare, siamo stati bravi, complimentiamoci.

Forse possiamo tenercelo questo mondo, oppure distruggerlo, perché lontano, ma non molto, io che sono così in alto riesco a vedere anche tante atrocità.

Una Finestra quadro per Carla

Un ricordo – di Carla Faggi

Ottobre di dieci anni fa.

Tutto iniziò in fondo ad una scala.

Io sono Carla e queste sono le mie amiche.

Io sono Cecilia e se vi piace possiamo iniziare insieme questo percorso; io diventai subito una matita gialla e lei la nostra musa.

Il timore delle prime volte, la scoperta di noi che ci stupiva sempre.

Riguardavo in questi giorni le scritture del primo periodo, a partire dal 2013 2014, incredibile come svisceravamo emozioni senza pensarci su.

Credo di aver scritto cose talmente intime e sconosciute alla mia modalità cosciente da meravigliarmi nel rileggerle ora.

Ho scoperto cose su di me in quegli anni più che nel precedente periodo della mia vita.

Quei martedì li chiamavo terapia di gruppo, ma la nostra musa non voleva.

Oggi mi sono fatta più furba, ho elaborato concetti e ho scritto storie.

Dalla terapia di gruppo sono passata alla elaborazione di gruppo.

Ho scoperto che se voglio posso essere capace di fare qualunque cosa, anche scrivere storie, anche partecipare alla stesura di un libro; basta provarci ed avere la musa giusta.

In questo quadro, scintilla di oggi ci sono tutti i nostri scritti, gli schizzi, l’elaborazione successiva, il cielo come sfondo e quel passerottino con il musino affranto nel riquadro in basso a destra che mi ricorda quanta forza, quanta energia mista a fragilità che c’è voluta a quel passerotto per portarci fino a qui.

Abbiamo sicuramente terminato un percorso, lo abbiamo messo nero su bianco, ora siamo pronti per uno nuovo, tutti insieme e con la nostra musa passerotto.

Pensando alla Finestra, la parola di Rossellina B.

FONDERSI – di Rossella Bonechi

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Bisogna essere della stessa pasta per fondersi? Forse no, forse fondersi è un lento scivolare gli uni verso gli altri. O forse sì, ci si fonde solo ritornando alla comune materia primaria. In ogni caso fondersi è ritornare Uno, ma un Uno arricchito, allargato, espanso, pronto ad essere modellato in qualcosa di nuovo. Perché alle fine fondersi è un atto di generosità.

La Finestra e le impressioni di Rossellina B.

La finestra – di Rossella Bonechi

Era veramente troppo bianca e spoglia quella parete e non bastavano neanche i piccoli oggetti d’affezione disposti sulla consolle appoggiata al muro a renderla “casa”. Allora uno specchio forse sarebbe  l’ideale: illumina, riflette, arreda; ma no, non era il caso su una parete da cui transitare ogni mattina appena sveglia. Allora uno sticker da muro che rappresenti un sereno paesaggio montano, una marina romantica al tramonto, una finestra aperta sul cielo. Ma no, si vedrebbe troppo la finzione della plastica e poi tutti i giorni tramonto o valle verde….finirebbero odiati. Questa parete diventa impegnativa, distraiamoci, tiriamo fuori i quadri: ritratto, litografia, acquerello e…il quadro acquistato senza convinzione anni fa, che rappresenta non si sa nemmeno cosa ma quella cornice a quattro rettangoli incuriosisce perché dà importanza a un cielo con i colori di un’alba o di un incendio in lontananza. È perfetto su quella parete: quelle macchie di colore saranno ogni volta una cosa diversa: una figura lontana, un volto accennato, un bagliore improvviso. Perfetto! L’ex anonima parete bianca ora può accendere la fantasia.

Parole derivate, dopo la Finestra: “mescolare” di Stefania

Mescolare – di Stefania Bonanni

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Mescolare e poi rimescolare, poi sbattere, girare e rigirare, scolare, scollare, incollare, mescolare ancora.

Mescolare cuore e testa, respiro e battito, pensiero ed istinto, desiderio di pace, paura e voglia di osare, gioco ed amore, salute e malattia, noia e divertimento, svago ed impegno.

Mescolare realtà e sogni, veglia e sonno. Confondere i sogni con la realtà, non riconoscere la verità. Ed aspettare quel giorno.

E mescolare, e sbattere. E leggere, e scrivere. Leggere cose scritte, scrivere ed accorgersi che è effetto di cose lette.

Mescolare tempi. Passati e presenti, futuri anteriori, sempre più interiori.

Non si fondono, le cose mescolate. Si riconoscono al sapore, all’ odore, al colore, al dolore.

Chi trovasse la ricetta per fare buona marmellata con inutili miscugli, dica dosi esatte: potrebbe scoppiare, il composto, o inacidire subito.

Suggestioni da La Finestra di Stefania

La finestra – di Stefania Bonanni

Colori che faticano ad entrare in casa e si affacciano timidi a colorare il panorama, trascinandoselo dietro con fatica ed un po’ di confusione.

Si mescola il cielo con la sabbia del mare, il mare con la terra rossa e fangosa. Si mescola il tramonto con l’ alba, la primavera azzurra e fiorita, con l’ inverno severo di giornate serene.

Si mescola il cielo con il mare, con l’ asfalto delle strade di città, con il vento che trascina nuvole gonfie di pioggia, o respira forte con alito gradito e fresco, a scompigliare nuove foglioline verdi, o a portarsi via foglie vecchie, gialle, rosse, nere, secche di stagioni già vissute, stanche di vita ormai già stata.

E’ un quadro che mette dei limiti ai sogni, e lascia liberi desideri di orizzonti su misura, dove correre tra le dune, o fare volare i capelli nello stesso verso della corsa delle nuvole. Dietro i vetri della finestra, su misura ed a richiesta, si rincorrono rondini e saette, passerotti ed aquiloni, gocce limpide di rugiada, o gravide di piogge scure. Stagioni come più servono, paesaggi color ocra con piazze sonnolente, o ponti antichi illuminati da lampioni romantici.

Stagioni su richiesta, panorami su misura, cieli come più ci servono.

Faremo tutti i vetri così.

Oggi ci affacceremo sul mare, domani ci addormenteremo al ritmo di un’acqua più dolce, di fiume. Domani l’ altro vedremo alberi e felci, poi elefanti e cammelli, o passerotti e gatti domestici. Faremo i vetri così. Faremo tutti gli occhiali così.