C’era poco spazio – di Carmela De Pilla

Non c’era più spazio, lo sconforto e la malinconia che l’accompagnavano da sempre aveva invaso tutto il corpo e si sentiva trascinare nel nulla.
Troppa roba.
Troppo peso.
Troppo tutto.
Mancava lo spazio per i sogni, per le risate, per l’amore e quel troppo pieno le toglieva il respiro, la chiudeva nel suo castello incantato dove non c’era spazio per nessuno.
Troppa roba.
Troppo peso.
Troppo tutto.
E poco di tutto.
Come spiegare? Fili di metallo tessevano chilometri di stoffa ruvida, grinzosa, inutilizzabile e intanto lo spazio continuava a diminuire.
Lo sapeva che doveva pulire, mettere in ordine, liberarsi dello sporco che si era accumulato negli anni, ma come?
Forse doveva guardare le stelle?
Forse.
In una notte stellata si ritrovò a camminare nel buio cupo e guardò le stelle, erano tante, cercò di contarle una, due, tre…troppe… poi si accorse che il buio non era così cupo, la luce delle stelle e della luna faceva risaltare i contorni degli alberi, le linee sinuose e materne delle colline, il luccichio delle onde del mare che farfugliavano fra sé e sentì il fruscio delle fronde e lo svolazzare della civetta, sentì anche l’odore della mentuccia, del rosmarino, del finocchietto selvatico e allora capì.
Si lasciò guidare dalle stelle e lasciò andare ciò che fino ad allora aveva occupato tutto lo spazio, ma le ferite più profonde, quelle che avevano disegnato la sua vita le curò e le conservò con premura e mise in ordine ogni cosa.
Quella notte aveva imparato a riconoscere la bellezza.
Ora la scopriva nel disegno di un bambino, nel mandorlo appena fiorito, nei tramonti che le rubavano il cuore, nel miscuglio ordinato o caotico dei colori sulla tela, nella delicata trasparenza di un petalo di rosa.
Aveva smesso di inseguire tutti quei fantasmi e aveva imparato ad amare.
