Mostri sulla riva del mare – di Anna Meli, Luca Miraglia, Nadia Peruzzi, Sandra Conticini

Casa dell’Assuntina era uno dei tanti agriturismi che si trovano in maremma nel parco della Sterpaia, fra la campagna ed il mare: una cascina trasformata in piccoli appartamenti semplici e confortevoli. Niente lussi, solo una piscina sopraelevata nella quale immergersi in compagnia di qualche insetto che, venuto a rinfrescarsi, vi era annegato.
Una strada sterrata e polverosa conduceva al mare. Ai lati pascolavano stupendi bufali che osservando il tutto con occhi languidi, muovevano la testa incuranti di ciò che succedeva intorno.
Tafani noiosi cercavano cibo sulla pelle di quelli che passavano per andare alla spiaggia.
La spiaggia, il mare resi selvaggi da tronchi e pezzi di legno portati dalle tempeste si mostravano in tutta la loro naturalezza ed erano motivo di rilassante serenità.
Alla sera l’Assuntina apparecchiava per tutti sotto la pergola per una cena semplice e gustosa.
Intorno allo stesso tavolo stavano Saverio, all’apparenza chiuso e introverso, e un giovane uomo allampanato dal bel sorriso: non si conoscevano e, stanchi entrambi della giornata al sole, si scambiarono solo poche parole di convenevoli. Terminata la cena ciascuno se ne andò per suo conto a rilassarsi prima del riposo nella fresca notte maremmana.
A notte fonda, improvviso, il cuculo dispettoso dalla cima del cipresso cominciò a cantare la sua litania… senza tregua…
Saverio e il suo giovane commensale, svegliati dal canto ossessivo dell’uccello, si ritrovarono sotto la pergola a maledire il povero cuculo con epiteti di ogni genere tentando di farlo smettere.
Dopo un po’, senza ovviamente ottenere alcun risultato, il giovane desistette e si mise a sedere su una comoda sdraio, accese una sigaretta e, offrendone una a Saverio, tentò di avviare una conversazione.
Lì per lì Saverio se ne stava sulle sue, ma il conversare calmo e profondo del giovane lo fece sentire a suo agio e accolto, sentì che poteva condividere i “mostri” che avevano condizionato la sua vita e il suo carattere: l’incidente e la lunga convalescenza, la zoppia e il tic rimasti a perenne memoria, e perciò il sentirsi spesso messo ai margini anche nei gruppi di amici.
– Tu li chiami mostri – interloquì il giovane – e indiscutibilmente lo sono, e il tuo racconto mi ha riportato alla mente un luogo inquietante che ho visto da ragazzo: il parco di Bomarzo.
Già il nome mi metteva paura, anche se l’intenzione in chi lo aveva ideato, voluto e costruito era invece quella di impressionare e stupire chi si aggirava per il verde lussureggiante del bosco e i ruscelletti che lo attraversavano. Il cinema horror era ancora di là da venire ma gli scenari erano già tutti raccolti in quel luogo. Hanno cambiato l’aspetto alle rocce:
una era diventata una enorme testa di scimmia con occhi spalancati e bocca tanto grande da poter far entrare anche un orso altissimo, un’altra un elefante, un’altra ancora era diventata una balena e accanto a farle compagnia c’era una tartaruga e tanti altri animali mitologici e misteriosi che spuntavano nelle radure di quel bosco folto e pieno di luci e di tante ombre.
Una casa storta sembrava uscire direttamente dalle favole, anche da quelle più recenti, non solo dal mito. A vederla mi ricordo che mi sembrava il rifugio di Pollicino, mentre passa una notte a nascondersi dall’orco e a ritemprare le forze prima di mettersi a seminare le briciole di pane che riportavano tutti a ritrovare casa…. angosciante… –
Saverio ascoltava rilassato il racconto, tentando anche di capire se quello strano incontro nella notte maremmana, e soprattutto quelle chiacchiere al limite della confidenza, avessero o no un qualche senso: che avevano da spartire lui in fuga dai suoi mostri e quel ragazzone cascato lì da chissà dove che tuttavia lo ascolta nel suo pigiama dalle fantasie afro…
– Vabbè… – si riaccese il giovane – S’è fatta una certa… Io provo a tornare dormire… Che ne dici se domani ce ne andiamo al mare insieme?-
Saverio, come sempre, annuì e basta dirigendosi anche lui verso la sua stanza….
sta a vedere che un cuculo dispettoso può riuscire ad addormentare mostri e svegliare una nuova amicizia….
bello tutto, la descrizione della Maremmana mi ha riportato a tempi passati, ho provato nostalgia
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