I tre cappelli nelle parole di Carla

Tina e l’ascensore – di Carla Faggi

Appena in tempo e la porta dell’ascensore si chiude.

Tina si guarda attorno, accanto a lei uno splendido uomo in cappotto e coppola, e poi un ragazzetto tutto cappello e chewing gum.

Sotto la coppola due occhi neri e profondi, “sanno di uomo, sanno di maschio, sanno di…meglio non immaginare,” pensa Tina, “ se non ci fosse quel mocciosetto che non sta fermo un minuto e rumina come un forsennato, prenderei Occhioni Neri e via la coppola, via il cappotto, via tutto, lo sbatterei alla parete e lo…ma no che penso, sciocca che sono… e poi potrebbe essere sposato, o strabico perché non mi toglie gli occhi di dosso, mi guarda la bocca, il seno…e questo ragazzino tutto cappello e chewing gum sempre di mezzo!”.

L’ascensore si è fermato, la porta si apre. Arrivati al piano.

Il tenebroso coppolato esce, guarda Tina per un’ultima volta, un giovane uomo lo aspetta. Uno sguardo d’intesa fra loro, un bacio, il ragazzino tutto cappello per la mano. E se ne vanno tutt’e tre.

Storia di un colore di cappello per Carla

Davanti allo specchio – di Carla Faggi

Davanti allo specchio, giovane bimba con la convinzione di essere già adulta. Cappottino rosa, scarpine di vernice blu con gli occhini. Per andare a scuola bisogna essere a posto, quindi scegliamoci il cappello.

Quello rosa di lana…eh no! Sembro una caramella!

Questo con il pon pon a righe…mnh sembro piccina!

E quello con il copriorecchi? Ma per la madonnina, sembro quello stupido di mio cugino!

Uffà! Mi sa che se la mamma non se ne accorge non mi metto niente, ne prendo uno a caso per uscire di casa e poi lo nascondo nella cartella!

Davanti allo specchio, giovane ragazza ormai adulta. Cappotto nero con il bavero in pelliccia di volpe argentata.

Il primo cappello a borsalino, nero su nero, molto elegante…forse troppo, non voglio passare da snob!

Meglio provare l’altro, rosso come le scarpe e la borsa. Però…forse è troppo vistoso, l’eleganza deve essere sobria!

Questo color panna sembra perfetto, molto originale, simile a quello delle hostess, fa molto donna di classe ma che osa.

Mnh, ma sono sicura? Cazzo! No! È un colore che non mi dona affatto!

Farò così: niente cappello, i miei lunghi capelli neri devono essere protagonisti!

Davanti allo specchio, non più giovane donna ormai molto adulta.

Piumino bello consistente da sembrare una palla, però molto caldo. Nero così ci si abbina tutto.

Stivali fino al ginocchio almeno se piove siamo a posto.

Ed ora un bel cappello, perché un po’ di colore ci vuole.

Quello con la tesa alta marrone, no, no! Sembro una zita cosiddetta zia zitella!

Quello giallo a papalina, mamma mia sembro pazza!

Mettiamo quello celeste che anche i vecchini li riveste.

Mah! Non metterei nulla.

E la cervicale? Ok, vada per quello rosso, non delude mai, è di lana e copre bene!

I tre cappelli di Stefania

Tina ed il suo cappello -di Stefania Bonanni

L’ appuntamento era alle 17, nella hall dell’ hotel Excelsior. Lei era stata contattata dal solito centralino, che le diceva dove ed a che ora e qualcosa su come si doveva mostrare.

Questa volta incontrava un inglese, un signore d’età, raffinato e classico, lo hanno descritto.

Lei doveva essere =fine=. Indosso un castigato tubino nero, buono sempre per sembrare di classe, un cappottino grigio, ed il cappello da signora, grigio per l’ appunto, in tinta. Quel cappello a volte lo indossava al rovescio, arancione,con vestiti corti ed appariscenti, ma questo non era il caso. Era come lei, il cappello, al bisogno mostrava facce diverse, di sé. Era capace, lei, di fingersi volgare o signorile, per questo era molto cercata, andava bene per tutte le stagioni, come gli ombrelli, come certi cappelli.

Però si stava stufando. Per esempio, il tipo di stasera, inglese, di sicuro sarebbe stato noioso, e la stentata conversazione, fiacca. Gli inglesi in particolare, già dall’ intonazione, mettono sonno. Sarà dura.

Entrando in albergo, si sorprende vedendo che le persone in attesa sono due: Eh no!La sentiranno all’ Agenzia! Tariffa doppia!

Sempre tra sé e sé: Come sono buffi! Quello anziano ha una coppola abbinata ai calzettoni. Coppola blu, calzettoni a quadri gialli e blu. (Elegante……).Quello più giovane ha guance rosso/Chianti, flosce come il suo cappello con la visiera, calcato fin sugli occhi piccoli e pregustanti delizie.

Si presentano: Carlo ed il figlio Harry.

Deve essere un’ inaugurazione!

Il cappello marrone di Stefania

L’abito fa spesso il monaco – di Stefania Bonanni

Lasciò tutto all’ ingresso. Cappotto cammello, completo giacca e pantaloni principe di Galles, scarpe di vernice testa di moro, camicia di cotone italiano, celeste. Aveva speso un capitale per vestirsi così, ed ora lasciava tutto in quella scatola, per giunta piegato male. La catena d’oro dell’ orologio a cipolla ed i gemelli con i rubini, per fortuna non li aveva messi. Il portasigarette pieno glielo avevano lasciato.

Forse aveva sbagliato. Aveva comprato tutto quello che gli era stato consigliato, ma il tipo così si faceva notare, ed a conti fatti aveva portato male. Quando aveva aggiunto il cappello, un simil Borsalino di feltro marrone con la fascia ocra, l’insieme si era rivelato perfetto. L’ abito non fa il monaco, ma i mafiosi a Little Italy sono tutti vestiti così, ed quello era stato anche il pensiero della pattuglia di poliziotti che girava per il quartiere. L’ avevano fermato, perquisito, avevano frugato nella giacca principe di Galles, ed avevano trovato quella pistolina, così piccola che non sformava le tasche, ma bastava per mandarlo dritto al fresco, lui ed il suo bel vestito da mafioso italiano emigrato.

Quando camminò per il corridoio tra le celle, Don Raffaele si accostò alle grate e disse piano:

=Che peccato te l’ abbiano tolto, quel vestito ti avrebbe aperto delle porte!=

Per ora mi ha aperto le porte del carcere!

Perché, a volte, basta l’ abito per fare il monaco.

Tre cappelli si raccontano: Rossellina e i tre personaggi

Il terzetto – di Rossella Bonechi

La mano aveva a lungo esitato vicino allo scaffale della modista: la tentazione di afferrare la piccola cupoletta arancio diospero con relativa veletta era tanta ma….. apparteneva al suo passato ormai e quindi vada per quello colore malva scuro con solo un tocco di colore. A casa mostrò l’acquisto e poi con indifferenza lo appoggiò all’attaccapanni dell’ingresso dove già c’erano due cappelli.

Il terzetto si guardò con un po’ d’imbarazzo ma tu Coppola Inglese, da vero gentleman a rompere il ghiaccio:” Salve, sono la  Coppola di Sir Henry, benvenuta nuovo Cappello di Tina. Lui è Cappellino, lo scusi sa ma è un po’ timido, è il cappello dell’autista ” Lei sorrise carinamente e attese di essere indossata per mostrare il meglio di sé. Nel primo pomeriggio Coppola Inglese uscì per il solito giro in bici con Sir Henry e subito dopo Cappellino con l’autista montò in macchina con il Nuovo Cappello di Tina indossato in tutta fretta e furia. Una veloce corsa in città e via di ritorno prima che calasse la sera. Sì ritrovarono di nuovo sull’attaccapanni, Coppola Inglese soddisfatto della scampagnata e Cappellino più taciturno che mai. Ma non era serio, ripensava solo alla fiammata arancio diospero che aveva intravisto e soprattutto alla veletta nera che lo faceva languidamente sognare. Sapeva che sull’attaccapanni non l’avrebbe mai vista ma……Coppola Inglese non saltava mai un’uscita in bicicletta …..

Il simpatico cappelletto di Rossellina

Cappelletto di lana nera – di Rossella Bonechi

Non uso cappelli, non so portarli con la dovuta disinvoltura e più che tenermi caldo mi danno fastidio e insofferenza. E qui l’argomento sembrerebbe chiuso.

Ma questo cappelletto di lana nera modello simil fantino sembra guardarmi corrucciato e dispiaciuto qui davanti: ” ero nel mucchio con gli altri, mi hai preso te, anche se in seconda battuta, perché allora io?”. Hai ragione cappellino, la verità è che mi sei sembrato il più piccoletto, il più innocuo, cenciosetto e ripiegabile come per sparire. Poi ho visto la tua tesa quasi più grande di te e ho pensato di farti credere che era utile, anzi utilissima per coprire gli occhi dal sole e dalle gocce di pioggia, così, per darti un senso d’importanza. Poi ho visto anche quel pezzettino di elastico dietro, molto rassicurante, coneca dirmi ” mi ancorerò ai tuoi capelli senza scivolare mai!” e allora ti ho provato per darti la dimostrazione che un po’ eri fatto bene.

Ecco, cappellino, non comprerei mai un cappello ma sono quasi sicura che se accadesse sceglierei te di nuovo. Magari, se permetti, ti attaccherei una spilletta colorata o luccicante o una piccola piuma un po’ svolazzante a mo’ di sorriso, così saresti proprio mio.

Contento cappellino? Ora ritorna tra i tuoi simili, vai, e non prendertela: purtroppo i cappelli non fanno per me, niente di personale, eh ?

Tre cappelli per raccontare: Tayna da Mancester di Rossella

TAYNA – di Rossella Gallori

Sir Peter Chatterley da Oxford: nudo come un verme, basco in testa…solo quello, cercò il portafoglio nei pantaloni abbandonati per terra…sbirciando il suo corpo nell’ immenso specchio sul soffitto…quasi cercando tutti i pezzi, si aveva tutto, era uscito incolume da una notte di fuoco, quindi, il suo LUI  ed i suoi LORO. Tirò un sospiro di sollievo…

Tayna da Manchester lo aveva divorato!

Annusato ed abbordato durante una messa di quasi notte…

Fingendo di togliersi il cappello lo aveva urtato, quella strana morbida  fruttiera di feltro grigio ferro bordata di arancio secco intonata perfettamente al suo rossetto, aveva fatto da esca…

Le loro mani si erano sfiorate per un attimo, per poi unirsi in altri giochi, più a lungo, tra sospiri e sorry…sorry…si erano trovati in un lettone soffocato da cuscini di piuma, volati in ogni dove al primo e non ultimo amplesso.

Peter si rivestì, dubbioso sul costo di tale notte, quante sterline doveva a Tayna?  Il comodino annunciava un vuotatasche ammiccante.

Uscì dalla stanza quasi vestito, nell’immenso corridoio pestò un qualcosa, che raccolse, rendendosi subito conto che era un cappelluccio modesto

 Il cappello di Sir Alex, marito di Tayna, era tra le sue mani moscio e polveroso, un po’ come lui, pensò Peter, le voci correvano nei pub di Londra…quando si parlava di corna appariva Alex da Manchester!!

Certo era, che lasciare una come Tayna per una partita di polo ed una bevuta tra vecchi Lord, per lui.

Ma il cappellofantino era stato dimenticato?

Perduto

Volutamente abbandonato per segnare il territorio?

Non ebbe il tempo di rispondere a se stesso, un  rumore di ghiaia schiacciata, lo svegliò del tutto…e…

Se lo vide sbucare in bici, capelli, quelli che restavano, al vento, le ruote incerte davano segno di ebrezza.

Fu un altro incastro perfetto, saltò dalla finestra e si nascose dietro una siepe di qualcosa, sdraiato ed ansante.

Era tornato per il cappello? Per un controllo?

Lo vide suonare il campanello, un suono stridulo come la sua voce brilla:  …  darling …Darling  sono Alexxxxxx!

Tayna da Manchester si affacciò,  il viso ammaccato incorniciato da ricci scomposti, coperti in parte dalla zuppieracappello, salutò con la mano destra mentre con la sinistra si rinfilava le mutande….

Peter ricordò di non aver lasciato  soldi, salì in macchina, in un’ alba nebbiosa, calando il basco quasi sugli occhi, fece un breve riassunto:

Sesso gratis

Cappelli intatti

Notte magica…..e sparì nel verde…

Il cappello di Rossella: un Panama di Livorno

Panama – di Rossella Gallori

…Giulia, deh, il Panama…

E Giulia correva porgendo il cappello al babbo…e la sua guancia per un bacio.

Deh, Giulia sto bene? Bene dico o di molto?

Rideva, no sorrideva…

Prendeva la giacca e giù per le scale, in via De Pecori al numero 6.

Lui, il sor Ugo, marito dell’Ynesse, era il babbo della Giulia e della Franchina che era troppo piccola e poco considerata.

Alto, esuberante , naso dritto, occhi scuri….

Era Panama…

era cappello…

era bello…

Donnaiolo per vocazione, “lihornese” per nascita.

Il suo Panama dimostrava che ce l’ aveva fatta, come le scarpe belle, come una bella casa, come una bella moglie….come avere due baffi da arricciare al primo sguardo di lunghe ciglia, alle prime calze a rete di qualche casino di lusso.

Il sor Ugo era il mi nonno

L’Ynesse la mi nonna

La Giulia la mi mamma

La Franchina era la Franchina, la zia.

Poi fu poi…e

Bussarono alla porta!

Giulia il cappello! Il gilet…e leva le ciantelle  di torno, deh un siam “miha ciartroni”

La porta venne abbattuta!

Camicie nere, fez.

Signori datemi il tempo! Vengo, vengo fatemi piglià i Panama…

Era novembre , cosa ne facesse di un cappello estivo  non è dato sapere…tanto non gli fu concesso tempo…a dicembre,  poi laggiù con il gros grain di 3 centimetri ci impiccavano i neonati…..

Ecco ora smetto, lo indosso io il cappello del sor Ugo, metto un gilet di raso nero, con l’orologio d’oro  a ciondoloni, una gonna con lo spacco, le scarpe bianche e nere con il laccio alla caviglia, per vezzo un bastone lucido di ebano con il pomello d’Avorio….e vò da Gigli, mi siedo ed accavallo le gambe, sorseggiando un caffè

 …e la gente penserà che io sia bella, giovane, ricca, viva.

Oh chi è? Oh  chi è?l

Lascio una bella mancia e” vò “ da Rivoire, appoggio il cappello sul piccolo tavolino di ferro battuto…mi alzo lentamente, aggiusto la gonna, sorrido ad un signore bello, con il volto di qualcun altro…

È  lui, mi saluta allontanandosi…è solo un attimo, il mio panamacappello non c’ è piú, lo vedo sollevarsi verso il cielo:

Un po’ Ugo, un po’ Giulia, un po’ Ynès…poco Franchina, un po’ me.

Raccolgo un piccolo sasso, lo bacio  e lo pongo su una tomba che non c’è.

Una storia da tre cappelli: La escort al bisogno di Nadia

I TRE CAPPELLI! – di Nadia Peruzzi


Le scarpe con i tacchi , su quel viottolo di campagna, tutto meno che adatte.   Il cappello grigio col fiocchetto arancione a quel punto sembrava uno scherzo di cattivo gusto, malgrado lo avesse pagato poco meno di un lingottino d’oro in quel negozio à la page su Bond Street. 
L’ultimo appuntamento di quella giornata uggiosa l’aveva portata fuori Londra, nel Devon regno di brughiere, nebbia, pioggerellina fastidiosa e muretti a secco a non finire.  Tutta roba che a Tina faceva venire l’orticaria. 
Fare la escort al bisogno mica doveva voler dire ritrovarsi in quel posto in culo al mondo, circondata dal fetore delle cacche di pecora.  Era una da sfarzo e lusso lei.  L’agenzia doveva aver sbagliato. 
Puzzava di capra mista a pecora anche il palazzotto dove doveva andare. 
E il vecchio bavoso che le aprì la porta, faceva ribrezzo.  Sir Henry un vero cesso, con la sua giacca da casa logora e tutta macchiata da porridge maldigerito!
La fuga fu l’unica cosa a cui pensò!
Si trovò subito in difficoltà.  Il male ai piedi era lancinante dopo appena tre passi.  Un dolore sordo che arrivava diritto al cervello. 
Il buio pesto e la nebbia le impedivano di capire dove stava andando.   Individuare la strada che il taxi aveva fatto per portarla fino a lì una impresa senza successo!
L’umidità le entrava nelle ossa.  Persino il cappello ne era così impregnato da diventare un peso. 
Che gran voglia di bestemmiare, si disse!
Ma era dotata di un autocontrollo invidiabile e andò avanti stoicamente fra merde di capra , sassi e fango!
Sentì un rumore sferragliante dietro di sé, mentre una lucettina fioca cercava di bucare quella muraglia di nero che aveva davanti. 
Vide arrivare sir Henry con una coppola grigia in testa e un mantello cerato, che ad ogni pedalata sventolando faceva pensare più ad un grosso pipistrello che ad un signorotto di campagna. 
Non voleva perdere la serata, le disse.   L’agenzia gli aveva promesso una serata di follie e di sesso estremo con la Tina e non se la voleva far scappare, tanto più che aveva speso un capitale per quella notte , per giunta in anticipo !
Bloccò la bici e cominciò ad inveire contro Tina.  Poi prese a strattonarla sempre più forte. 
Lei gli tirò una scarpa in testa, ma il vecchio Henry aveva trovato energie che non credeva di avere, e non mollava. 
Non voleva rinunciare alla scopata del secolo, questo aveva letto sul sito dell’agenzia alla voce Tina!
IL tipo le si era avvinghiato come un pitone.  Non riusciva a districarsene.  Tina fu trascinata nel fango e il cappello le volò via dalla testa. 
Dal buio emerse un cavallo.  La salvezza, sperò Tina!
Qualcuno saltò giù e cominciò a dar botte al vecchio puzzolente, in modo che allentasse la presa. 
Tina riuscì a rimettersi in piedi.  Toccò per terra per recuperare il suo piccolo tesoro di panno.   Al buio raccolse un cappelluccio da fantino, sformato e di poco prezzo, ma non il suo. 
Lei ci stava attenta a queste cose, anche nelle situazioni più improbabili, come quella.   La escort la faceva al bisogno, ma l’abitudine di dare un prezzo alle cose ce l’aveva nel sangue da sempre. 
Nel groviglio di corpi che aveva davanti , in quel buio, non distingueva il proprietario del cavallo e del cappelluccio con la tesa. 
All’ultimo pugno preso sul naso, sir Henry si decise a salire sulla sua bici per tornare alla sua tenuta.  L’epica scopata era finita con una ancor più epica scazzottata e alla sua età non poteva reggere oltre!
La coppola grigia rimase ramenga fra fango e cacche di pecora.  Non ci pensò un attimo al cappello, il fugone era ciò che ci voleva in quel momento!
Tina, in piedi, aspettò che il tipo del cavallo si girasse.  Era alto, Non si aspettava quegli occhi neri e quei capelli corvini che dicevano saltami addosso . 
Lui la guardò. 
Più che una donna era una maschera di fango, con i capelli in ciocche scomposte , senza alcuna forma e appiccicate alla testa. 
Lei ci provò a lanciargli uno sguardo fra il languido e il porco, del tipo prendimi qui, prendimi ora e non ne faccio nemmeno una questione di prezzo!
Ma lui si limitò a prenderle il cappello dalle mani per rimetterselo in testa, non vide o fece finta di non vedere quegli sguardi provocanti. 
Disse di chiamarsi Tom.  Era il factotum del signor Pickwick che abitava nella tenuta vicina a quella di sir Henry. 
Chi fosse lei lo aveva capito bene.   L’agenzia l’aveva contattata lui, sir Henry non aveva avuto il coraggio di farlo di persona. 
Tom la guardò con pietà mista a disprezzo, anche se in quella notte buia e disgraziata fu il primo sentimento ad avere la meglio. 
Fece salire Tina sul suo cavallo .  La portò nella sua casa che era ai margini della tenuta di sir Henry. 
Tina passò oltre un’ora in bagno per togliersi tutto il fango e la puzza che aveva addosso. 
Tom le passò degli abiti comodi, da uomo.  In quella casa non c’era altro. 
Tina si sentì rinascere.  L’attendeva una bella tazza di tè fumante che le tolse l’ultima traccia di freddo che le era rimasta addosso. 
La colpì l’aroma di tabacco Kentucky e whiskey Glenmorangie che aleggiava in casa.  Tom la guardava senza ombra di giudizio.   La guardava con disinteresse freddo, tanto che dalla sua bocca uscì secco solo questo: “ Domani mattina sveglia ore 9.  La accompagno alla stazione dei taxi.  Così potrà tornare a Londra.  La camera per gli ospiti è quella alla sua destra.  Spero di non rivederla più da queste parti!Buonanotte!”
Accanto alla pipa ancora calda rimase quel buffo cappello un po’ floscio e cencioso che Tina avrebbe ricordato per molto tempo, insieme al bel tenebroso a cui l’avrebbe anche data gratis.   Si era fatta un film , ma il lieto fine non era arrivato.   Tom non era uno di quelli! Lui,  scopava solo per amore!!. 

Una storia con tre cappelli: Un passaggio in bici di Luca

Due uomini e una bici – di Luca Miraglia

Tony si scrolla il fango dalle scarpe…

  • Maledetta macchina proprio qui mi doveva mollare!! che posto di vera merda!! – così andava maledicendo il tempo, il luogo e la ventura.

Lungo la viuzza fangosa arranca in bicicletta anche un ragazzotto rubizzo con un berrettaccio dalla lunga tesa calcato fino agli occhi.

  • Ehi! Buon uomo! – lo richiama Tony sbracciandosi nel suo tweed inadatto.
  • Io non sono buono… sono solo un po’ brillo! – esclamò Rudy da sotto il suo berretto.
  • Me lo darebbe un passaggio verso un telefono per chiamare un aiuto?
  • Ah ah ah…. venite a fare i fighi in campagna con le vostre spider e poi se non ci fossimo noi con le nostre bici sgangherate….
  • Per favore… – quasi supplicò Tony
  • Ok. Monta in canna che ti porto fino al Pub di Tina… vedrai che se è in vena, con un tipetto come te, altro che telefonata ti fa fare!!