Lo zig-zag della vita di Vanna

L’accettazione non passiva – di Vanna Bigazzi

Spesso, come pensano tante persone, riconosco che il vero inferno sia quello che stiamo provando nella nostra vita: un luogo di prova con troppi ostacoli da superare. Con l’andare degli anni impariamo a starci dentro ma non e` facile, l’adattamento e` sacrificio e dobbiamo imparare veramente a fare uno zig-zag fra le situazioni da mantenere e quelle da evitare. Dobbiamo diventare degli equilibristi, molto attenti a non fare passi falsi e trattenersi invece in quelle posizioni che ci fanno sentire piu` stabili. Un gioco con rischi, anche con pause, un gioco che richiede molta elasticita` mentale e che pian piano dobbiamo imparare ad eseguire e ad accettare. L’accettazione non passiva e` l’unica chiave che ci permette di vivere al meglio, integrando le difficolta`, le nostre parti ombra che, una volta comprese ed accolte, potranno darci consapevolezza e stabilita`.

Le parole volanti nell’eco di un incontro: Rossella G. ci segue da lontano

Parole, carta, donne lontane – di Rossella Gallori

foto di Sossio Parretta

Forse era Calvino….

Quel signore all’ apparenza ordinatissima, che mi si parò davanti,  pieno di cartellette  spiegazzate,  o forse no. Ero a pochi metri dal mio rifugio, lui ne scappava, mi squadro da capo a piedi, raccolse,  fogli sfuggitigli di mano, e fuggi senza correre.

Io

appoggiata ad una specie  di tabernacolo senza madonna, raccolsi un “unto appunto” sfuggito, forse fuggito al suo carnet di parole.

Era un buio incerto….leggere mi fu difficile

Pagina27

Il posto era caldo, quasi accogliente, nonostante l’afa insopportabile, lui, un lui alto, robusto quel tanto più di me, che era troppo, mi passa la matassa… occhi aveva solo immensi occhi che roteavano senza parlare, ogni tanto la mano destra, rassettava una massa di capelli, che, come piccoli serpenti incorniciavano una fronte spaziosa, impastata di sudore, presi  il budello informe tra le mani, pezzi di gente : annodata, persa, spezzettata in cunicoli bui, anse marine….e nodi, solo nodi, dovevo scioglierli, dare una forma regolare, ad un ordigno infernale, eppure più la guardavo, più si attorcigliava alle mie dita….dovevo fare attenzione, scegliere bene: immersi in acqua e sale bollente di sole, il malcapitato ammasso di lana umana, che sbiadì, fino a sparire…

Pag 28

Appunto ore 5e37: l’ inferno dei viventi non è qualcosa che sarà………

PS: pensai di aver incontrato un altro squinternato….fuggii, gettando la pag 27 tra i rifiuti: CARTA….soltanto carta…..

La città di Stefania in un vagone

Dieci donne in un vagone – di Stefania Bonanni

Antella, giovedì pomeriggio, interno vagone, dieci donne.

Siamo noi, oggi, la mia città. I nostri occhi sotto le lenti son finestre coperte da vetri smerigliati, e sono rotonde, ovali, cerchiate di colore. I nostri capelli sono tetti di tegole rosse, o coperti di marmo, venati e chiari. Non ci sono strade, ci congiungono piccoli ponti, che si percorrono con facilità fino a metà, poi costringono a reggersi, per non scivolare.

I nostri pensieri sono i campanili, a punta come dita accusatrici, o quadrati, con i merli, agghindati, quasi ricamati. Le nostre voci sono le campane, che a volte suonano prevedibilmente per rintoccare le ore, a volte per motivi sconosciuti: che ognuno viva le emozioni che immagina.

Le cattedrali non esistono, si santificano momenti di serenità e belle parole. I cimiteri non esistono, perché se questo è già il nostro inferno, parimenti è già anche il nostro paradiso.