Bianco e nero

Il diario mai scritto – di Rossella Gallori

…ci sono diari che non  ho saputo scrivere…ed altri che non ho voluto…disegnare…

Marzo 1959 forse i primi giorni di marzo…forse gli ultimi…

È  notte, forse per poco ho anche un po’ paura, il babbo è stato portato via dalla “ misericordia vestita di nero” senza sirena…per non svegliare la bambina…La mamma non si è  accorta che son sveglia ma tengo gli occhi chiusi, strizzati a forza …quando  la porta si chiude mi alzo, il corridoio mi sembra interminabile , mi allontano scalza e spettinata anche nel cervello, davanti alla porta sprangata  della nonna, penso : ma come si fa a dormire quando tuo figlio se ne va …e forse non torna…

Cerco un altro rifugio…  trovo solo un piccolo “ porto” è il letto di mio fratello più grande … mi ci infilo…lui sa di Nazionali senza filtro…mi spinge fuori…d’ altronde non ci voglio stare, voglio il profumo delle Turmac… torno nel lettone, vuoto, abbraccio il cuscino che sa di “ lui”  pianto e moccio sono  una unica lacrima, ho voglia di urlare… non lo faccio, mi metto su un fianco , rannicchio le gambe… a babbuino, penso …o a babbino… non lo so.

25 dicembre 1960

Oggi è Natale, lo so bene, l’ albero è miserello ed è già tanto se c’è, sta ritto per l’appunto, la carta di giornale ficcata a forza nell’orcio, che è un portaombrelli, pende un po’, ho fatto colazione da sola, la mamma è a San Luca, questa storia dura da mesi,  pranzo da quelli di sopra, tanto cibo… nel pomeriggio ascolto la radio, adoro le commedie, quelle voci mi fanno compagnia, mi accoccolo sulla poltrona gigante di “pelle  sbucciata”  ritrovo la mia posizione fetale, ho perso il cordone ombelicale, e forse non l’ ho mai avuto….più che a “babbuino” sono a scimmia persa.

Pasqua  1961

Oggi son riuscita a fare diverse cose, nell’ordine: rompere lo specchio della toilette della mamma…tagliare tutti i capelli alla mia bambola preferita…vomitare…piangere… rifugiarmi nel vecchio tappeto polveroso abbandonato in cantina, mi ci sono arrotolata dentro, ho respirato forte, starnutito tanto, trovato il mio albero che non c è , ed abbracciata a quel tronco immaginario sono   diventata una “ babbuina orfana” più orfana che scimmietta.

1964 un giorno che non so

Oggi quando torna la mamma glielo  dico, giuro che glielo dico: basta lavoretti fatti di buio, con quella raphia che ti taglia le mani…la scuola è finita vado io a lavorare fuori….spero di trovarlo più tardi possibile, mi piace stare allo Stibbert a scribacchiare  appallata sull’ erba….

1968 estate

Sono innamorata, in modo più fisico che mentale adoro abbracciarlo, attaccarmi a lui,  non importa se non vedo il suo viso, sento il suo calore e mi basta annuso la sua nuca, siamo un corpo solo…non importa che sia per sempre.

1974 maggio? Si maggio

 Sono 10 anni che lavoro, ho respirato più polvere qui, il cascame, il fioretto, il kapok han riempito il mio naso spero poco i miei polmoni…ripenso al tappeto sudicio della mia infanzia e forse un po’ lo rimpiango, oggi mangio con la mamma siamo due commesse di corsa, una frittata e nel lettone a babbuino, anche solo per 20 minuti, i sottabiti neri  identici, le gambe nude sotto la coperta di piquet  trapuntato che pesa più di un coltrone…ci accomuna la solitudine, i miei fratelli son sposati da tempo …penso:  domani le dico che mi sposo a settembre, così mi levo di torno.

Comunque l’abbraccio, in fondo  non ha fatto una buona vita, forse senza di me le sarebbe andata meglio, forse.

Aprile 1983

Ho sempre mal di stomaco, vomito spesso, non amo più il caffè,  che è sempre stata la mia passione, ho il viso coperto di bolle…qualcuno mi dice: mica sarai incinta? Chi io? Sieeeeee

Fine aprile

Si sono incinta ! Dopo quasi 10 anni non ci pensavo più, saremo in due su questa barca, pardon in  tre, rifletto: sarà un maschio e lo chiamerò Daniele…

Dicembre 1983

È una femmina!  l’ ho chiamata Alice, nelle numerose ecografie mi voltava le spalle….Speriamo non sia per sempre.

Giallo

Farfalle – di Vanna Bigazzi

Nel pomeriggio mi sono incontrata con un’amica da sempre. Scambi interessanti. Confidenze. Incontri che lasciano una traccia particolare: uno di quegli appuntamenti dai quali ne esci sempre un pochino modificata: tante parole ma anche pause in un equilibrio di espressione e silenzio. E’ bello parlare, far crescere qualcosa che possa volare. Quando ci sentiamo chiusi nel nostro bozzolo, può darsi che debba venir fuori una farfalla. Il tormento nasconde sempre una metamorfosi e spesso il linguaggio ha questo potere. Bisogna rinascere, se necessario, per questo cercare l’oblio: dimenticarci del passato, per far riaffiorare le farfalle che esistono in noi.

Rosso

PELO E CONTROPELO ovvero: a ognuno il suo verso – di Elisabetta Brunelleschi

Se mi accarezzi in contropelo

io mi irrito,

ma quando vai per il verso giusto

io mi distendo.

Se ti accarezzo in contropelo

io mi pungo,

ma la mano che segue il tuo verso

ne gode la pace.

Nel tuo verso c’è spesso il silenzio

che cerca riposo.

Nel mio verso ci sono i bisogni

di strade sicure.

Insieme andiamo per onde ribelli

per ore,

per giorni.

Insieme andiamo in lisci velluti

per ore

per giorni.

Sete fruscianti presa avvolgente

sempre cercando

il verso più giusto.

Grigio

CONTROPELO – di Nadia Peruzzi

Ci siamo rivisti in una mattina di neve, di grigio e di nebbia da tagliare a fette.

È bastato un attimo e tutto il non detto, il non risolto è tornato ad alzarsi fra noi come un muro invalicabile.

Sei sempre il solito, non sei cambiato.

Non è mai stato facile vivere con uno che prendeva tutto contropelo.

Qualunque cosa dicessi o facessi, sempre lì a spaccare il capello in quattro con ostinazione, supponenza indisponente, insofferenza verso gli altri, me compresa.

Il contropelo mi va stretto ormai.

L’ho superato .

Mi piacciono le stoffe fru fru e clocloanti.

Cerco leggerezza, emozioni positive. Tu non sapresti proprio dove andare a trovarle.

Sono stata fortunata ad accorgermene in tempo.