Pillole sul comodino

Richiami – di Chiara Bonechi

Ogni tanto partivano, di domenica, da mattina a sera per andare a trovare i parenti di Arezzo, così chiamavano quel gruppo di persone legate da legami diversi, un po’ zii, un po’ cugini, fratelli, nipoti e nonni.

Abitavano in casette vicine, per lo più terra tetti, l’agglomerato in quel piccolo paese nella campagna di Capolona apparteneva praticamente a loro.

Erano molto attesi i due fidanzatini, un diversivo in quella domenica che altrimenti sarebbe stata uguale agli altri giorni.

Il primo parente che incontravano era di solito lo zio Ampelio, lo scorgevano seduto sulla panchina di fronte alla porta di casa lungo la strada.

Era alto e magro, pochi capelli, il volto solcato da profonde rughe dovute agli anni, alle fatiche, al sole, alle troppe pillole che da tempo decoravano il suo comodino, ma la cosa che più colpiva di lui era lo sguardo.

Gli occhi così profondi con le ciglia ancora lunghe da cerbiatto e le sopracciglia folte e scure difficilmente resistono fino a quell’età.

Passavano a salutare da un parente all’altro, li incontravano tutti ed era divertente osservare quei volti dove ritrovare elementi di somiglianze lontane.

Poi il desiderio di vedere la zia Poldina si faceva prepotente, non era necessario suonare il campanello in casa sua, salite le scalette bastava spingere la porta e chiamare, lei appariva.

La tavola apparecchiata e il profumo di pollo arrosto annunciavano che presto tutti si sarebbero seduti per condividere quel pranzo domenicale non prima però di aver incontrato anche lo zio.

Erano questi giovani nipoti a dare un po’ di gioia a quella coppia da tempo afflitta da silenzi e solitudine, erano le loro voci a tirare fuori dalla camera lo zio e a sentire che ancora qualche interesse aveva per la vita.

E la zia era felice, raccontava della sua settimana di lavoro da insegnante in una scuola elementare fuori Arezzo, delle confidenze fra colleghe, di curiosità sugli alunni, poi l’interesse era per lo zio, chiedevano della nuova cura e delle medicine, forse solo lo sport e le corse in bicicletta  lo facevano sorridere e ricordare.

Ed eccoli a tavola, si sedevano ma lo zio non partecipava al pranzo, rientrava in camera, si sentiva stanco, avrebbe mangiato più tardi.

I sorrisi dei due giovani si affievolivano, sulle loro labbra un’ombra di imbarazzo ma la zia Poldina, quella piccola donna dalla grande forza, aveva tessuto trame di seta e lana talmente strette e resistenti che difficilmente si sarebbero sgranate e dopo un sospiro riusciva a servire il pranzo col sorriso.

Ed erano, come le altre domeniche nel tempo, tagliatelle al sugo, pollo arrosto e zuppa inglese.

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

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