
Terzo tempo – di Tina Conti
Dopo giorni di pioggia, finalmente il sole da dietro i cespugli illuminava l’orto.
Era rimasta in casa con i suoi animali uggiosi e annoiati per tutto il tempo.
Non si era fermata un attimo però, accesa la stufa per allentare l’umido che penetrava nelle ossa, aveva preso il cassetto delle foto per riordinarlo.
Di tempo ne era occorso tanto, si fermava sulle foto ascoltando le emozioni e dando il via ai ricordi, a volte non riconosceva i personaggi e avvicinava le foto agli occhiali per esaminare con più attenzione.
Rivedeva le scuole dei vari paesi dove era stata, le colleghe, alcune amate altre nemmeno considerate era per questo che stentava a riconoscerle.
Anche con le nuove tecnologie aveva voluto confrontarsi e ne era fiera, ora aveva questa finestra sul mondo che le faceva tanta compagnia.
Si dispiaceva che quel suo vecchio computer a volte non rispondesse come lei voleva.
Suo figlio invece ne era contento perché così la poteva pensare appisolata davanti alla stufa e finalmente a riposo.
Tutta la vita era stata attiva, per anni aveva recitato in teatro, posato come modella negli studi di scultura e poi per quello che sarebbe diventato suo marito.
Da quando si era trasferita in campagna aveva iniziato a fare l’insegnante.
Poi quello schiaffo, lo ricordava ancora con tanta emozione sente sempre un pizzico nelle mani e nel cuore.
Era stato necessario, Ada aveva avuto una crisi isterica dopo che l’insegnante di lettere l’aveva umiliata davanti a tutti, nello sgabuzzino, non riusciva a farla smettere di agitarsi, lo schiaffo fu il rimedio per farla rientrare in classe e non rendersi ridicola davanti a quella stupida donna.
Erano diventate amiche, confidenti il tempo era passato ma l’attesa della sua alunna del cuore la entusiasmava ancora.
Fra poco sarebbe venuta, che casa in disordine! tutti quei libri ammucchiati, ciotole per il cane e il gatto, le foto sparpagliate sul tavolo.
Non si scoraggiò, con mani tremanti, arrancando sulle sue gambe incerte, sposto’ il tavolino rotondo vicino alla finestra, mise la tovaglia fiorita con lo sfilato e sopra il centrino di pizzo.
Sistemò le tazze da the di porcellana francese e accomodò nel piattino i biscotti al burro, infilando le forbici nel grembiule da lavoro andò in fondo al giardino dove scelse le dalie più belle e le zinnie luccicanti di pioggia che finirono in un piccolo vaso.
Si sentiva stanca ma felice, andò in bagno, si passò una spolverata di cipria sul viso, si mise il suo rossetto color prugna.
Le mani che erano sempre il suo problema, furono spazzolate e ripulite dai residui di terra e piante, guardò il cesto della legna bello pieno che Giuseppe aveva posato sul tappeto vicino alla stufa.
Le scarpe da tempo non le portava volentieri ma indossò un bel paio di zoccoli foderati di lana dono di suo figlio.
Ultimo vezzo lo scialle di lana di cammello con i ricami di seta, poi, una spruzzata di profumo di violetta. E attese.