
L’omino risecchito – di Stefania Bonanni
In quella casa abitavano l’omino e la moglie annuvolata. Sordo lui, sorda lei, avevano smesso di parlare, tanto era inutile. Rumori però se ne sentivano tanti, grandi sbatacchiamenti di porte e finestre, rotolanti che anziché rotolare franavano sulle serrande, quando venivano chiusi. Smozzichi di bestemmie biascicate, quando lei spingeva l’omino sulla sedia, in giardino, dove lui rimaneva a giornate intere, con la faccia raggomitolata intorno alle fessure che un tempo erano occhi. Stava lì, dall’autunno in poi con una copertina sulle gambe, per il resto dell’anno sembrava non sentire ne’ il sole feroce, ne’ quelle pioggerelline uggiose che a volte duravano giorni, si spostava solo un po’ più sotto la tettoia.
Stava all’angolo della casa, così non gli sfuggiva né chi passava dalla strada in salita, ne’ chi arrivava da dietro. E a tutti, proprio a tutti, riservava un grugnito, un biascichìo che, anche a non sapere cosa significasse, faceva capire benissimo il senso cattivo e di malaugurio.
I bambini avevavo paura. Tutti giravano la testa dall’altra parte, nella speranza di evitare di incontrare quegli occhi di tartaruga.
Quanti anni avrà avuto? I bambini di sotto dicevano più di cento. Un highlander, a un certo punto era diventato un sasso, un pezzo di carbon fossile, un immortale. Giravano leggende: che avesse fatto la marcia su Roma era sicuro, ma a farsi prendere un po’ la mano si poteva anche credere avesse fatto le guerre “di’ Risorgimento”.
Speciale!!!
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