
La pipa del compagno – di Roberta Morandi
Erano amici. O forse solo compagni, ma non solo perché si ritrovavano a giocare a tre sette al Circolo dell’Antella. La scusa erano le carte per sparlare del governo e di politica o forse più il contrario?
Fatto sta che da quando lui fiorentino di nascita e figlio di una “intelighenzia” altolocata era arrivato all’Antella in quella colonica dietro il cimitero e si era saputo, come si sanno le cose nei paesi, che era comunista, fu subito ammesso fra i compagni di carte.
La nebbia spessa e acre del fumo di sigaretta e della sua pipa si tagliava col coltello, tanto era spessa in quella stanza da gioco: al tavolo vicino alla finestra rigorosamente chiusa sedevano tutti e tre a giocare e in attesa del quarto: una donna, l’unica ammessa al tavolo, l’unica che poteva competere con le carte col gruppetto, e l’unica che riusciva a tenere testa alle parole irriverenti e spesso vere dell’archeologo contadino come lui amava definirsi.
Le sue mani anchilosate, per l’età ancora giovane, la sua pelle rosolata dal sole di molte estati e primavere, dal vento e dalla terra, tenevano ben salde quelle carte, mentre le sue labbra serravano ben strette la sua memorabile pipa e fra una bestemmia e un’imprecazione al governo in carica, riusciva a declinare tutti i santi in un grandioso rosario dei tempi moderni.
Per lui fermarsi, anche con le parole, significava cancellare tutto quanto, e questo poteva riferirsi alla politica dell’attuale Partito Comunista, alle carte che stava giocando in quel momento, come al suo lavoro.
E fu per quello, il suo lavoro, che non aveva lasciato le cose per bene, quando per un sasso sdruccioloso e le scarpe poco adatte scivolò nel burrone con la sua pipa poco lontano e l’ultima bestemmia morta sulle labbra.
Ci sono rosari che van detti subito…prima che sia troppo tardi…
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Davvero un personaggio descritto a tutto tondo.
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