Acqua di pozzo

Acqua di pozzo – di Stefania Bonanni

In casa non c’era acqua corrente, e neanche luce elettrica, e forse mancavano anche molte altre cose. L’acqua si prendeva al pozzo in corte, con la mezzina. Per farsi mandare al pozzo bisognava essere grandi, mi ricordo quando non vedevo l’ora.

Il pozzo era in una corte, che era il centro del gruppetto di casette dove vivevamo. La corte era lastricata di ciottoli, ed ombreggiata da un grosso, scuro, nespolo. La costruzione del pozzo era una specie di cilindro rivestito di mattoni rossi sbiaditi e sgretolati e sul davanti aveva una finestrina chiusa da una porticina di ferro, fermata dauna stanghetta che, spinta dentro all’occhiello che la bloccava, consentiva di sbarrare l’accesso al pozzo.

I bambini, naturalmente, non dovevano arrivare alla finestrella, ma in corrispondenza, in basso, erano appoggiati due o tre mattoni sovrapposti, che servivano appunto a regalare quei centimetri mancanti. Io ci sono salita sopra, la prima volta che sono andata al pozzo, e avventurando la testa dentro la finestrella, ho finalmente guardato l’abisso. Il fondo, l’antro delle streghe, il regno delle lumache, delle lucertole, di certe ostinate piantine che avevano radici sulle pareti, ma poi crescevano in obliquo, sporgendosi anche loro sull’abisso.

Una volta aperta la finestrina, si agguantava la catena. Il movimento sganciava un vecchio, sbocconcellato secchio agganciato anche lui alla catena che srotolandosi lo accompagnava giù giù giù, fino a che si sentiva “splash”, e si avvertiva che  diventava pesante la catena, sempre di più via via che il secchio si riempiva.

Quanto fosse profondo il pozzo era il vero mistero.

A volte era quasi secco, sembrava che non bastasse la lunghezza della catena, a volte era pienissimo, si vedeva subito l’acqua, si poteva toccare.

Ho anche fantasticato di entrare nel secchio, scendere in fondo ed andare a vedere.

Vedere se come pensavo c’erano anche strade asciutte. Se passavano sotto le case, se erano abitate.  Io pensavo fosse possibile ci vivesse una popolazione di persone piccolissime, verdi come le rane, molto abili a nuotare, nei momenti nei quali il pozzo era pieno. Quando arrivò l’acqua corrente, salutata dalla fine di una grossa fatica esclusivamente di donne, rimasi un po’ male. Mi sembrarono un po’ squallidi quei tubi, quei rubinetti, quell’acqua a comando, tutto quel lavorare a spaccare strade e corti, e violentare la terracon quei tubi. Ecco, di sicuro non c’era da fantasticare, sui tubi.

Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

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