Suggestioni di Sandra davanti a un mazzo di rose rosa

Numero di telefono – di Sandra Conticini

Sono convinta sempre più di aver fatto bene a chiamarti. Il tuo numero di telefono mi frullava sempre per la testa, anche se non lo avevo più in rubrica, ma il coraggio di chiamarti non veniva fuori.

La paura che non fosse più quello, mi bloccava ed invece sono stata fortunata.

Ti ho riconosciuto subito dal “pronto” la voce non usciva, mi sono emozionata nel ricordare i nostri giochi di bambine la nostra adolescenza, le nostre scorribande di nascosto.

Quella volta che ad appena 15 anni siamo salite in macchina con Carlo, che dopo è diventato tuo marito, ed altri suoi amici conosciuti pochi minuti prima.   Siamo andate a fare una girata nella campagna di Monte Morello.  Se lo avessero saputo i nostri genitori sarebbe stato un bel problema, ma noi eravamo brave a mantenere i nostri segreti… eh sì, ne avevamo diversi!

Sei sempre stata una persona forte e con la tua forza riuscivi ad aiutare anche gli altri. Eri molto coinvolgente, sempre allegra e spensierarata… chissà se sei sempre così.

Non so il motivo per cui ci siamo perse, forse perchè io ho incontrato quell’uomo che a te non piaceva e per me era molto importante in quel mio momento di fragilità.

A poco a poco ci siamo allontanate, ma purtroppo avevi ragione tu, sapessi quante volte ti ho ricordato, perchè quando siamo innamorti non esiste la realtà.

Quando ho visto quel mazzo di rose lucide, quasi trasparenti e luminose mi hanno fatto pensare a te sempre sorridente e trasparente, come spero tu sia ancora.

Con questo piccolo pensiero che ti mando spero che ci potremo rivedere e riprendere un po’ della nostra bella amicizia passata.                                                                                                                                                                                                   

Suggestioni di primavera da Stefania

Nati a primavera – di Stefania Bonanni

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Ha braccia lunghe e morbide, ha lasciato nodi e spigoli alle sue spalle, ha mani enormi, capaci di un incavo al centro, quando sono congiunte. Culla dolcemente.

Non chiede il permesso, né bussa, semplicemente arriva e diventa urgente un solo sentimento: diventarne parte, stendersi, respirare i fiori, lasciarsi carezzare dalla brezzolina gentile, succhiare un filo d’erba, sfilare la margherita che era rimasta impigliata tra le dita di un piede, forse un regalo.

I nati di primavera sono stati concepiti durante il grande caldo. Chi si amo’ non rimase stretto per scaldarsi, piuttosto per viaggiare sull’onda liquida dei fluidi del corpo, del sudore, dell’odore, dell’amore. E hanno trasmesso questo sbocciare a primavera, che un tempo era voglia prepotente ed ora ha meno forza, e forse fa anche un po’ paura.

Verrebbe voglia di notti di stelle, di star sdraiati tra le margherita, di gente che, inaspettata, suona il campanello. Servirebbe una mano da stringere durante un film di paura, o di mangiare come sempre solo il croccante di un cono gelato, che il resto come al solito c’e’ qualcun altro che lo mangia.

Tornano ricordi di motorini e minigonne, di primavera. Verrebbe anche voglia di guardare negli occhi quegli occhi che ci volevano bene, o anche che ci volevano e basta. E chiedere, come e’ andata? La vita, come e’ andata?

 Lo faremo, ce lo siamo promessi. Forse in inverno, davanti al fuoco.

Suggestioni di Lucia da un mazzo di rose rosa

Rosa dal passato – di Lucia Bettoni

Ogni giorno per più di trent’anni
Ogni giorno insieme
Quante volte abbiamo aspettato il treno per andare al lavoro
Quanti piccoli viaggi, quante parole, pensieri, quanti sogni!
Così simili, così diverse
A volte qualcuno ci ha chiesto se eravamo sorelle: lo stesso naso pronunciato con una piccola gobba!
Passavano i giorni e le nostre vite di giovani donne.
Matrimoni, separazioni, dolori ,nuovi amori, viaggi, nascite e lavoro
Si, perché noi eravamo amiche, colleghe e vicine di casa
Per due volte ho trovato una casa per te:
la casa dove ti sei sposata e poi la casa dove hai vissuto da sola
Diverse, uguali
Rigida, altera, bella, chiusa, irreprensibile, ombrosa, sempre corretta come ti piaceva ripetere troppo spesso
Ed io piccola farfalla triste, svolazzante, creativa e fortunata ai tuoi occhi
Quanti viaggi in auto all’alba mentre le stagioni si susseguivano: autunno, inverno, primavera …
Alle otto e trenta in classe
I bambini ci aspettavano, non si poteva arrivare in ritardo
E i turni di pomeriggio quando in inverno il buio ci coglieva per strada con la pioggia e il freddo, a volte bloccate per la neve
Sempre insieme
Io e te
Sei la persona con la quale ho passato più tempo nella mia vita
Ci sono state anche le liti ,le incomprensioni ,le gelosie  …
Si, eravamo come sorelle
Poi un giorno più niente
Hai chiuso la porta
Hai chiuso la finestra
Hai chiuso e tappato ogni piccolo spiraglio di luce
Hai chiuso con tutti
Hai chiuso con il mondo
Tutti fuori dalla tua vita
Incredibile, ma tu hai fatto questo
Hai chiuso il mondo fuori dalla tua porta e ti sei barricata in casa
Lì fuori sono rimasta anche io
Io come tutti
“Come tutti io” questo è stato duro, doloroso, inaccettabile
Questa la realtà
Sei sparita
Più doloroso di una morte è stato
È passato un anno: niente
Due anni: niente
Tre anni: il telefono sempre libero e nessuna risposta
Nessuna risposta per nessuno
Nessuna risposta per me
Poi squilla il telefono
È il mio compleanno
Ciao Lucia sono io
Ti voglio bene

Suggestioni di Nadia davanti a una finestra dipinta

Suggestioni davanti a una finestra – di Nadia Peruzzi

Si svegliò all’improvviso e si trovò in una stanza che non riconobbe. Le ci volle un po’ per capire che era la sua.
Un incubo? O una realtà parallela quella che stava vivendo?
Era confusa.
La luce che le dava sempre gran forza faceva fatica ad entrare dalla finestra.  I vetri erano incrostati , anche se non sembravano sporchi.
In alcuni punti riusciva ad individuare nuvole e sprazzi di cielo di un blu intenso, da altri riusciva a percepire il movimento di chi passava nella strada.
Era il qui e ora che prendeva corpo. Il torpore del sonno la stava abbandonando e cominciò a vederci altro in quei rettangoli che sembravano quadri , in un quadro grande abbastanza da contenerli tutti.
Nel primo in alto vedeva correre una bambina. Un vestitino col corpetto a nido d’ape , di un cotone leggero e con fiorellini di un colore sul fiordaliso intenso! Era una vortice di vitalità quella bambina. Correva a perdifiato . Prima dietro ad un pallone, poi saltava sull’altalena che pendeva dal ramo del vecchio noce , poi via ad inseguire Tigre, il suo gatto che si stancava presto e si nascondeva per non farsi trovare.
La visione della mamma che arrivava con la merenda le diede un tuffo al cuore.
Nel rettangolo accanto, vide apparire una cartella con libri e quaderni. Qualcuno, era lei, faceva colazione al tavolo di legno scuro che occupava gran parte della cucina. Al secondo colpo di clacson del pulmino che veniva a prenderla, via di corsa , perché sapeva che il terzo era quello del saluto e lei sarebbe stata costretta a rimanere a casa, brontolata da tutti.
Che bel periodo era stato quello della scuola. Aveva trovato lì alcune delle amiche che l’avevano accompagnata per tutta la vita.
Il terzo rettangolo in basso le fece battere forte il cuore. Vide Nino.  Lo vide nei suoi 18 anni, quando se n’era innamorata. Nino, che non c’era più da tempo. Nino, che le mancava da morire. Nino, di cui ricordava tutto e quel tutto erano ancora stilettate di nostalgia, miste a dolore.  Quell’amore l’aveva travolta . Non era mai venuto meno durante gli anni in cui erano stati insieme.  Amanti, amici, confidenti, complici.
Erano tutto, l’uno per l’altro. Poi una malattia terribile glielo aveva portato via, quando ancora il tratto di vita da percorrere insieme avrebbe potuto essere ancora lungo .
Il quarto rettangolo del vetro era quello più confuso , meno nitido.
Molte erano le immagini che si rincorrevano, ma le sembrava che fossero sempre più sbiadite.
Vedeva un po’ suo padre Luigi.  Possente e con quei baffetti rigorosamente all’insù. Rivide i suoi nonni e la grande casa col glicine che ne copriva la facciata, quando era stagione. Ci aveva trascorso tanti giorni felici.
Le apparve sua madre, bella come non l’aveva vista mai. Era luminosa e allegra, come sempre.
Allungò la mano per toccarla e fu avvolta dal calore della sua.
Fu l’ultima cosa che sentì e le dette la forza di abbandonarsi per affrontare il suo viaggio.

A proposito di finestra l’immagine di un cipresso per Patrizia

Cipresso di Patrizia Fusi

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Albero del paesaggio toscano, mi piace il suo profumo di resina.

Ricordo d’infanzia di quando giocavamo sotto di essi, adoperando le gallozzole come cibo nei coccini ricavati da scatolette vuote di tonno e simmenthal, pomeriggi semplici e sereni fra bambini.

Ricordo la bellezza del viale alberato nella maremma di Castagneto Carducci.

Cipressi posizionati intorno ad alcuni cimiteri, sembra che,  con la loro forma allungata che svetta verso il celo, siano in preghiera.

Suggestioni di Patrizia di fronte alla finestra dipinta

Utopie dalla finestra – di Patrizia Fusi

Nella finestra dai vetri opachi vedo il passare del tempo, vedo la malinconia della vecchiaia, vedo l’incoerenza del mondo e la ferocia degli umani.

In un riquadro vedo la gioventù dei miei nipoti, vorrei che la vita  fosse lieve, il pensare a loro mi fa sentire leggera e piena di speranza per loro e per il mondo.

Vorrei vedere uomini capaci e disposti con l’esempio e le parole a rendere un mondo più giusto, vorrei che l’umanità riuscisse a bandire su tutta la terra le guerre.

Non ci sono guerre giuste.

Vedo me stessa che mi contraddico su quello che ho scritto perché se fossi aggredita mi vorrei difendere.

Vedo troppa ipocrisia, troppi interessi, troppi egoismi, troppa indifferenza, troppi occhi chiusi e capi girati da un’altra parte per non vedere quello che è scomodo.

Questo lo dico anche a me stessa.

Suggestioni di Anna davanti a una finestra dipinta

LA FINESTRA MISTERIOSA – di Anna Meli

            Nella parete bianca e piatta stonava veramente quella finestra anche se addolcita da mazzi di fiori di campo. In un primo momento la percepii come una croce in un rettangolo di colore scuro, grigio intenso, quasi nero. Vidi però nei rettangoli ottenuti dall’incrocio colori tenui, delicati, smorzati, silenziosi: giallo, arancione e azzurro.

            Non si intravedevano forme nette, ma potevano osservandole dar vita all’immaginazione…….ed ecco una mamma che coccola il suo bimbo, una borsa appesa ad un chiodo, un recipiente per l’acqua ottenuto da una zucca e anche un coniglietto dallo sguardo curioso.

            Davanti a quella finestra la curiosità faceva passi da gigante. Cosa nascondeva? Cosa c’era  veramente al di là? In quel momento qualcuno entrò nella nella stanza creando una corrente d’aria. La finestra si mosse, sembrò respirare; si aprì uno spiraglio quel tanto da far intravedere un’altra stanza con un’ampia apertura vuota che dava sui campi. Da lì entravano i colori , del sole ,del cielo.

            C’erano in quella seconda strana stanza attrezzi da giardino e alcune piante di limoni messe al riparo dal freddo dell’inverno. Luce, piante attrezzi dipingevano le forme strane nei vetri della finestra. Il mistero era stato rivelato dall’alito di un soffio di vento.