Le Matite vanno in vacanza

Il 25 maggio ci siamo salutati nella cornice verde del Parco di Villa Favard:

Abbiamo ripercorso tutto il cammino di questo anno:

  • il primo incontro a settembre a Villa Favard, proprio dove abbiamo deciso di concludere il viaggio – ritrovarsi dopo l’estate con progetti e proposte. Decidiamo di iniziare gli incontri utilizzando Skype per evitare rischi di contagi covid che hanno ripreso a crescere.
  • Cerchiamo di affinare una forma di comunicazione adatta alla videoconferenza. Stimolare al meglio la fantasia anche senza contatto diretto, con la necessità di superare il problema dei collegamenti non sempre perfetti, trovare stimoli che superino le difficoltà tecnologiche attraverso suggestioni comprensibili in ogni situazione, anche non ottimale………Abbiamo la necessità di un cambio di linguaggio comunicativo, aiutandoci con scambio di foto attraverso la chat quando non riusciamo a vederci tutti dal web.
  • in ottobre i colori: l’Arancione e l’autunno, l’Indaco e il bivio da scegliere, come in un labirinto di colori, tra i suoi componenti: il Ciano e il Magenta
  • Ancora un incontro in presenza e distanziati (e secondo le norme di sicurezza anticovid) a S. Quirico a Ruballa con Alberto Casini e la “guida” Roberta Tucci, l’arte, i colori, l’artigianato. Ma la situazione sanitaria non ci consente di proseguire gli incontri in presenza e riprendiamo le videoconferenze.
  • a novembre le due foto “scintille”, diversamente evocative, che hanno prodotto storie di grande fantasia e originalità
  • il gusto, un senso che a distanza può essere ben analizzato come mai abbiamo fatto prima, con le sue emozioni, le cucine del passato e del presente, i piatti “del cuore”, le nonne maestre e le persone amate con le loro ricette.
  • il libro “scintilla” Dai tuoi occhi solamente e le foto che i nostri occhi hanno amato e scelto, alcune del passato, molte del presente, ricco di soggetti fantastici.
  • dicembre: Il video-scintilla tratto Dal Piccolo Principe e la differenza tra amare e voler bene
  • Gli oggetti che vivono con noi e silenziosamente ci rappresentano.
  • l’atmosfera natalizia con gli specialissimi alberi di Natale fatti e disfatti, i presepi inediti senza tempo e senza luogo costruiti continuamente a più mani, i presepi della povertà e della ricchezza.
  • Il Labirinto della vita: i bivi nelle nostre storie – Cosa sarebbe accaduto se…..
  • gennaio: magia del bianco con mille abbinamenti e del giallo, con mille sentimenti….
  • trasformare poesie in storie. Poesie famose o poesie apparse per la prima volta in questo blog. Scambiare stati d’animo e modalità di espressione.
  • Ancora un’esperienza di storie a più mani: un vero e proprio “giallo” inedito scritto da più autori (Grintolin e le sue avventure)
  • Il video “scintilla” di Messer Bianconiglio da Alice nel Paese delle Meraviglie. Un nodo nascosto nelle nostre diverse sensibilità: essere sempre se stessi per essere amati?
  • febbraio: la festa dei cappelli con l’ospite Alessandra Biagianti. Il cappello non solo copricapo ma forma di creazione
  • ancora un colore: il verde. Libro scintilla Il Mago di Oz e il verde smeraldo
  • un dono dimenticato: scrivere a mano. Scrivere a mano lettere d’amore. Preziosi ritrovamenti e lettere scritte di getto.
  • Figure magiche: gli spaventapasseri. Buoni o cattivi? Fate o maghi?
  • il web entra nelle nostre case: gli oggetti che abbiamo intorno, amici silenziosi
  • marzo: Volta la carta di De André – scegliamo ognuno una frase della canzone
  • Filastrocche e cantilene
  • i Tarocchi e gli arcani
  • I tarocchi e chi siamo
  • Le cascate colorate dei nostri fiori – che fiore siamo?
  • l’orologio e il tempo. In che rapporto siamo con gli orologi?
  • aprile: ci si può innamorare di un oggetto?
  • il video scrintilla I Ponti di Madison County: personaggi e storie
  • ancora personaggi e storie con indizi suggeriti
  • le stoffe: chi siamo?
  • il libro scintilla Il libro delle case di Andrea Bajani – le nostre case nel tempo
  • Le Matite e i Palloncini: storia di un logo nuovo tutto per noi
  • maggio: di nuovo in presenza – Il ritorno
  • nell’Arena del Teatro Comunale di Antella – suggestioni di parole
  • al Giardino del Museo Stibbert – un sentimento di pace e condivisione
  • A Villa Favard per salutarsi

foto di Cecilia, Lucia, Rossella

La pagina che ho letto come saluto:

Fossi una stagione – di Stefania Bonanni (27 settembre 2020)

Fossi una stagione sarei oggi.  Oggi che avrei potuto restare a letto, stamani. Oggi che non è  più estate, che non è  ancora inverno, e forse neanche  autunno, ancora.  Oggi che la primavera è  estranea e lontana. Oggi che ancora non è l’autunno bello e colorato dei boschi tinti di giallo, di rosso, di mille verdi e marroni delle foglie travestite da tramonto.  Non è  ancora l’autunno che dolcemente ti fa scivolare nelle giornate fredde e corte, accompagnandoti con mani grandi, aperte,  tranquille di consuetudine e di vita che segue il suo ritmo e ti rassicura con la promessa che verrà  l’inverno, e tutto si addormentera’, e tutto sarà solo per ricominciare, poi. Oggi che hai smesso di sudare per cominciare a tremare, e non ti sei accorta del momento in cui è successo. Oggi che per uscire dovresti mettere una maglia, e forse avere con te un giubbotto, o meglio un kway, e di certo anche  un ombrello. E allora ti serve uno zaino, che sarà subito pieno. E tu comunque sarai fuori luogo. Perché se ti vesti di piu’ ti farà  caldo, se esci con vestiti estivi, avrai freddo. Inadatta e fuori luogo.  Non è una novità.  Oggi che non sarà  come domani. Potrebbe fare caldo ancora, o piovere a dirotto, o solo fare fresco. In ogni caso, non sarà stupefacente. In ogni caso tutto è  possibile, consentito, nelle terre di mezzo, negli spazi senza nome. Nei giorni che non si ricorderanno, che non ci troveranno meravigliati da tramonti sul mare, notti stellate, fiori che sbocciano, tenere gemme su giovani rami, ombre lunghe alla fine di giornate interminabili. Giorni qualunque, per gente qualsiasi. Gente che sarà felice di essere accarezzata da mani sempre bollenti, ora che finalmente non si suda più. 

***

Impressioni di Patrizia Fusi

Pomeriggio luminoso, profumo di prato bagnato, tanto verde intorno, il sole splende su tutto, di fronte a me tre alberi e una piccola collina, un palloncino giallo chiaro vola via e sparisce dietro la vegetazione. Nel giardino ci sono tre postazioni di altalene, i bambini di varie età ci si alternano gioiosi, mamme e amichetti li spingono, altri si arrampicano sul quadrato, altri sulla casina con lo scivolo, le loro voci, le loro grida di gioco, i piccoli strilli mi rendono tutto più piacevole. Una bambina vestita di bianco volteggia sul prato fra i bambini facendo tante ruote, sembra una piccola acrobata.

Sono contenta di essere fra i miei compagni di corso e con la nostra insegnante Cecilia, un piccolo pensiero va a chi non è potuto venire. Cecilia ci descrive il percorso che abbiamo fatto, mi rendo conto che non sempre io l’avevo capito.

Ricordo che mi sentivo molto legata nel nuovo modo di comunicare, via web, mi sono sentita più libera quando l’ho detto a Cecilia e che avrei scritto quello che mi veniva, come nella stanza del teatro di Antella, lei ne poteva fare quello che riteneva più giusto.

Piacere di ascoltare Cecilia e cercare di ricordare il percorso fatto, in lontananza sento un suono musicale che svanisce velocemente, sottofondo costante di voci di bambini. Una piccola bambina alta quanto il cestino dei rifiuti dove sta gettando un sacchetto di carta, indossa maglietta bianca e gonna di jeans, la mamma è sulla panchina con maglietta rossa e il passeggino blu. Una nonna fa fare la pipi al piccolo nipotino.

Un vento tiepido mi accarezza il viso, fa smovere le fronde degli alberi, il sole entra fra di esse e forma dei giochi di luce.

Cecilia ha letto un brano molto bello che aveva scritto Stefania.

Rossella ha portato dei deliziosi cestini, con dentro dei sacchetti contenenti biscotti. Belli, per come sono confezionati, in carta trasparente legati da una parte     con nastrini arancione e azzurro, dall’altra da un fiocco color spago con una graziosa matita ricavata da uno stecco di legno con la punta e la fine colorata, con sopra scritto, MATITAECIELO, in una bella calligrafia. Buoni i biscotti. Lucia ha portato delle rose rosa per Cecilia molto belle e per tutti noi dei sassi porta fortuna, deliziosi di forma piatta e color della luna. Daniele ci ha portato dei tralci di salice con già le radici e ha spiegato come fare a piantarli e dove e come dovevano essere potati e il necessario per essere trasportato con cura …. peccato che non ho il giardino. Abbiano brindato con lo spumante offerto dalla figlia di Rossella.

Tanta cura da parte di chi ha fatto questi regali, grazie.

Il piacere di parlare fra di noi, ascoltare quello che ognuno aveva da dire, è stato tutto piacevole e caldo come il sole che ha accompagnato questa bella giornata trascorsa con Voi. Grazie.

***

da Cecilia:

Grazie a tutte e tutti, a chi c’era prima, a chi è arrivato dopo, a chi si è allontanato, a chi c’è sempre stato, a chi ha capito sempre, a chi ha capito dopo, a chi non ha capito, a chi ha scritto, a chi ha pensato, a chi ha creato, a chi avrebbe voluto ma…. a chi mi ha sostenuto, a chi ha usato le mani per inventare, a chi ha usato le parole, a chi ha usato i pensieri, a chi ha avuto fantasia, a chi non l’aveva prima e invece ora…., a chi ha provato, a chi non ha saputo, a chi ricorda, a chi dimenticherà, a chi ancora vorrà, a chi c’è, a chi c’era, a chi ci sarà, a chi …. chissà….

grazie!

Il giardino

Dedicato al giardino Stibbert – di Rossella Gallori

Le scarpe le ho sempre avute carine, buone, costosine, me le comprava la zia, dal Cresti, in via Roma, cominciava dai piedi il suo modo di comprarmi, spesso si aggiungevano anche dei calzettoni bellissimi tutti  lavorati, apparivano nella bustina di Zuffanelli,   di cotone lucido e morbido…. Le scarpe erano poco adatte per andare al parco…no non lo chiamavo parco, dicevo “lostibert”  con una b sola e l’ articolo attaccato, era un posto, una soluzione…

Forse  ci andavo una volta la settimana, quando andava bene due, in piena estate  forse tre….

Mio fratello mi ci portava per lasciarmi lì, faceva del suo meglio, tanto più grande di me, aveva altre cose per la testa, ragazze… gonne a ruota che al vento svolazzavano per via Santa Marta, la stradina nei pressi del convento dei Cappuccini…

E la Rossella imparó da sola la strada,  la salita rassicurante senza contrade ingannevoli, il cancello aperto a metà, che visto così mi sembrava immenso,  ammiccante nel suo definire un traguardo, un cancello amico dalle grandi braccia…i soldini per entrare in una mano e che consegnavo caldi, al custode, qualche volta non pagavo e allora infilavo  la moneta nei calzettoni, che pizzicava per tutto il  mio girare…

Varcavo il cancello e tutto mi scivolava dalle spalle, rotolando giù per via Federico Stibbert, una piccola valanga ingarbugliata e grigina, di una tristezza strana che sapeva un po’ di cattiveria, un po’ di solitudine…in una casa troppo grande, piena di gente distratta e distrutta …uno zaino pesante che io non sapevo gestire…che avrei ritrovato al ritorno dal mio giardino” lì sull’angolo di via Vittorio Emanuele…. il primo, …il secondo ….Non lo ricordo…so che da un lato c’era il treno è dall’ altro, più lontano, una pasticceria…

Il viale nel giardino era lunghissimo, ghiaioso e ombroso, le mie bracciotte sentivano  la carezza degli alberi, il mio sguardo con gli occhiali in tasca, salutava panchine solide ed accoglienti…poi cominciava la mia corsa lenta,  per non sciupar le “scarpine bone” invidiavo un po’ i bimbi con le Superga blu, io con le scarpe di pelle lucida ed il bottone!

Ed era una magia interminabile, una sorpresa continua, i tavoli di pietra, statue vive,  siepi invalicabili, le fontane, l’erba di un verde indescrivibile, una villa inavvicinabile, un lago che mi sembrava mare …con tempietto grandissimo affacciato su ninfee carnose, pesci rossi, cigni dal collo lunghissimo affamati ma dignitosi, sempre….poi di colpo un fischio…ed il vigile in bici severo e protettivo che ti allontanava  dal pericolo, che io non vedevo….che  nessun bimbo sembrava avvertire

Non mi ricordo di aver giocato molto, i gruppetti eran già formati, io non ho mai chiesto: posso giocare anche io? Non mi interessava, o forse si, non lo so, so che stavo bene sola: buongiorno signora, buongiorno principessa….oh un orso bruno…oh un cavallo bianco…un cane con il fiocco in testa…ha sete damigella? la porto alla fontana? Ed una mano trasparente e forte mi accompagnava alle tre fontane, porgendomi un’ acqua che buona così, non l’ho bevuta più…ed il bicchierino di metallo con una R maiuscola e corsiva, sembrava un calice di cristallo..che cadendo rumorosamente cantava, senza rompersi.

Mai sola allo Stibbert con due B, persa  in mille gradazioni di verde con un profumo perenne di menta, salvia e nipitella, con le grandi scale che scendevo tirando su la gonna del mio vestito modesto, io regina senza corona, con una margherita tra i capelli lunghi ed arruffati, omaggio di un bimbo temerario…

Poi, a volte, la voce di mio fratello che gridava: Rosyyyyyy! Mi faceva scendere di corsa dal trono,  a  volte  cadevo, nel correre, ghiaino carogna, mi rialzavo in fretta,  un piccolo sputo per toglier la polvere dalle scarpe, un ultimo saluto a tutto: erba, uccelli, giardino, laghetto cigni, custode e sogni….

Riprendevo la strada di casa, sola o in compagnia, a collo torto, per vedere più a lungo possibile lo Stibbert  con le sue  dita di metallo intrecciate a mo’ di saluto, fino all’ angolo di via Vittoriononsoquale, dove ritrovavo il mio fardello…alleggerito e meno ingombrante…la mia casa mi aspettava.

 Rientrando…sapevo che prima o poi sarei fuggita di nuovo e buongiorno principessa, buonasera cavaliere, pappagalli colorati, gatti giganti, scoiattoli rosa  …tanta fantasia a volte troppa!

Magicamente Stibbert…

PS: ti ho rivisto da poco, mi sei sembrato meno grande, con meno acqua, ho riapprezzato il tuo silenzio, il tuo garbato modo di accogliere, grazie, grazie ancora.

Una mattina di maggio: Lucia

Statue – di Lucia Bettoni

foto di Lucia Bettoni

Presenze eternamente vive
custodi di un tempo senza tempo
fiere e consapevoli sul loro piedistallo
accolgono le storie dei passanti
restituendo parole di terracotta
per chi le sa ascoltare
I segni del tempo
sono i loro ornamenti
nessuna mutilazione
può infrangere la loro  bellezza

Chi è fatto di terra
farà sempre germogliare il grano

Una mattina di maggio: Nadia

Eden – di Nadia Paruzzi

foto di Nadia Peruzzi

Una mattinata nel parco dello Stibbert!
Il folto degli alberi avvolge come un grembo materno. Il verde tenero sa di rinascita. Si comincia a percepire il profumo di una libertà inseguita per mesi. Libertà di ritrovarsi e di guardarsi negli occhi, mentre ci raccontiamo emozioni e sensazioni.
Il ballo in maschera continua ma la coltre che opprime si fa più lieve. Ha la trama di una garza che lascia intravedere una luce via via più intensa.
Ombra venata di umidità che sale dal terreno e scende dall’alto di fronde maestose.
I rumori della città sono solo un brusio lontano e sono sopraffatti dalle voci dei bambini che giocano, e da un gloglottìo di acqua che scorre. Arriva chiaro in più punti senza che qualcosa ne impedisca il flusso.
Bellezza nella bellezza, una ragazza dalla pelle ambrata con in mano una rosa volge lo sguardo al fotografo che cerca forse di arrivare ad un’anima mentre segue le fattezze del suo bel volto per lo scatto migliore.
Senza un apparente motivo, forse un refolo di vento sbarazzino che si incunea, una piana dalla foglia lunga come la lama di una spada balla su uno stelo sottilissimo.
Segna il tempo, come un metronomo. Nessun pianoforte nelle vicinanze. La melodia è nel canto della natura stessa.
Arriva forte e chiaro insieme al ricordo vivido di un altro parco, di un altro giardino in un’altra città.
Il canto degli uccellini che si godono la primavera trionfante fa da punteggiatura.
Mi rivedo molto più piccola. Sto correndo e giocando a Villa Imperiale a Genova.
Occhi spalancati sui cigni che nuotano nel laghetto mentre gli sto dando, come sempre, qualcosa da mangiare.
Gli altri sensi accesi mentre colgono i profumi e i colori della grande varietà di fiori che spuntano dappertutto.
Su tutto svettano le palme, grandi , rassicuranti con i loro ombrelli.
La città caotica anche allora non ce la faceva a varcare i cancelli di quell’oasi di pace. Se ne stava in disparte, come per non disturbare.
Anche molto prima di averlo letto c’ero proprio dentro a quel “Via dalla pazza folla” che ho amato così tanto da adolescente.
Ci sentivamo dentro un Eden.  Era un Eden.  Allora come ora!.

Incontro al Giardino Stibbert – 15 maggio 2021

La magia di un giardino tra passato e presente

Incontro al Giardino del Museo Stibbert, in una giornata fresca e ventilata, dopo la pioggia di maggio. Ci siamo suddivisi in un giro individuale alla ricerca di sensazioni personali, che abbiamo condiviso poi tutti insieme intorno ad un tavolo di pietra, in uno degli angoli del parco. Ho raccolto le sensazioni (e le foto) dalla registrazione originale:

foto di Cecilia Trinci

Lucia Bettoni: Ho portato come maestra i bambini piccoli al Museo ma non conoscevo il giardino. Mi hanno colpito le statue. Le ho fotografate, ci sono alcune statue che mi hanno colpito tantissimo, perché mi sembrava che avessero qualcosa da dire, in questo posto inaspettato, molto bello, molto diverso dai soliti giardini, non curatissimo, ma è per questo che mi  piace, per la sensazione di vero che emana. Qui il tempo vecchio e il nuovo  passeggiano insieme. Le sculture mi hanno colpito molto.

foto di Lucia Bettoni

Daniele Violi: ho fotografato una peonia, ho visto un acanto con la spiga bella corposa, ma non ancora fiorita. Ho immaginato come doveva essere prima questo luogo, erano terreni forse boschivi e hanno fatto una serie di sistemazioni a terrazzamenti,  è venuto un bel giardino movimentato dove ci sono tutti gli elementi, c’l’acqua. Io lo curerei meglio, ho lavorato all’orto botanico, qualche erba fuori posto può essere messa al posto suo, non è che va distrutta.  E’ fantastico quello che è intorno alla villa, c’è la Grecia, la cultura romana, un miscuglio, sembra di essere a Certaldo con tutti quei marmi, era abbastanza fantastico il pensiero di chi lo ha realizzato, non era banale, è un giardino dolce che dà nell’occhio. Un conto è essere alle Cascine che è una zona piatta, un parco così è un polmone.

foto di Cecilia Trinci

Sandra Conticini: abbiamo fatto un giro, ho visto la grotta con un soffitto favoloso di mosaico, ho sentito che anche le piante e i fiori sono antichi. Quando vedo una pianta di rose vado a sentire il profumo, ma generalmente le piante moderne non hanno profumo. Invece qui ho sentito il profumo che c’era nell’orto del nonno quando ero bambina e mi ha portato indietro nel tempo. Quella del mio nonno Giovanni aveva spine terribili, questa rosa rosa invece no, ma il profumo era quello. Poi ho visto una pianta di salvia con fiori gialli (salvia glutinosa, secondo Daniele). Poi mi hanno colpito gli stemmi per tutti i gusti e di tutti i tipi. Un posto molto particolare, dove non ero mai stata. Conoscevo il museo, ma non questo giardino: ci sono tanti uccelli che cantano, è un posto che dà pace e le voci in lontananza, ….è tutto ovattato, soffice.

foto di Sandra Conticini

Nadia Peruzzi: una vera scoperta. Le sensazioni che mi danno in genere  questi posti: pace, tranquillità, il verde della rinascita delle foglie,  i rumori ovattati, da una parte della città ma anche quei rumori che si riesce a sentire: gli uccellini che cantano, in alcuni punti il gorgoglio dell’acqua che scorre, la punteggiatura dei bambini che giocano e anche questo è bello….

In questo punto c’è una pianta che ha un suo modo di muoversi, una foglia che, a seconda delle situazioni,  si muove come un metronomo. Basta un alito di vento e la foglia batte il tempo a lungo. I ricordi sono legati quando andavo da bambina alle ville che ci sono dentro la città di Genova, Villa imperiale, villetta di Negro, che hanno strutture meno grandi ma hanno acqua che scorre, tempietti, idee che si rifanno al 500 con inserti richiamanti alla Grecia,  ma è bello quando l’intervento umano e la natura si incontrano così. Sarebbe bello ritrovarlo anche fuori da qui ma nella realtà non è così. Oasi di un mondo di pace e possibilità di un mondo  bello da estendere anche fuori del cancello e in mezzo a noi

foto di Nadia Peruzzi

Anna Meli: Mi incanto al suono delle campane, come ora che stanno suonando. Ho provato a immaginare come poteva essere questo giardino senza nessuno la mattina presto, mi sarebbe piaciuto conoscere le varie piante e mi avrebbe fatto piacere scoprirle. Ho riflettuto sulla presenza degli alberi, quanto vivono, quanto a loro è dato vedere. Quanti bambini vedono, quante coppiette di innamorati…..Se ci fosse un’altra vita mi piacerebbe essere un albero. Ho visto scalette, vialetti, sentimento di pace, di rilassatezza, di sentirsi in una altro mondo, dimenticare quello che c’è fuori del cancello e rimanere in estasi davanti a questi uccelli a tutta questa bella natura.

foto di Anna Meli

Stefania Bonanni:. Mi è piaciuto tantissimo e mi è piaciuto  tutto, le fontane, le pozze, gli stagni, il fango, mi piace tanto, io farei lo stesso nel mio piccolo giardino, metterei sassi, stecchi, una ciotola per l’acqua…. lo renderei un luogo pieno , ma dove trovi quello che cerchi. Qui ci sta benissimo quella statuetta nella fontana senza acqua a metà tra una rana e uno gnomo. Sta bene sotto questo museo dove io ho portato i miei bambini  e poi il mio bambino ha portato i suoi,  per me è stato sempre un po’ pesante. Invece questo giardino riequilibra la pesantezza del museo e mi piace che sia un po’ kitch, che ci sia dentro di tutto, che non ci siano posti dove non si può andare, che ci siano alberi tagliati  ma non buttati via che rimangono a farsi vedere, che ci siano vasche vuote, che magari quando piove si riempiono d’acqua, mi piace che sia così, con cose che si possono toccare, calpestare, ci sono grandi pesci nel laghetto, c’è vita. E’ una cosa fatta per essere goduta.

Patrizia Fusi:. Conoscevo il museo, ma appena il giardino, quando entro in questi posti mi viene da immaginare il proprietario e la vita che ha fatto,  e questa persona lasciando tutto alla città ha fatto un bene ma lo ha fatto anche  per sé perché verrà sempre ricordato. Mi immagino i domestici, io sarei di loro, perché ognuno ha una appartenenza, non lo nascondiamo. Stibbert era illuminato, anche egoisticamente, ma illuminato. Poi mi colpiscono i rumori, le voci e i bambini, gli uccellini, l’acqua che scorre, i fiori di campo, ho trovato la lupinella, i botton d’oro, il sole tra foglie, ma soprattutto la vita che si faceva all’epoca. E il fatto di far rivivere il passato ogni volta che uno entra qui….. L’eternità.

Laura Galgani: Ci sono venuta una settimana fa in una visita guidata affascinante sull’aspetto massonico-iniziatico del giardino, costruito all’inizio e in parte dall’architetto Poggi, come percorso di purificazione verso se stessi, partendo dall’alto, dalla grotta che rappresenta il luogo delle  zavorre umane per poi scendere fino al tempio, simbolo di una trasformazione per diventare un affiliato della Loggia Massonica e quindi un iniziato. Compito dell’Iniziato era appunto portare fuori, nel mondo, grazie alla Massoneria e a tutto il lavoro di purificazione, qualcosa di elevato. Le scale, che richiedono attenzione, rappresentano la scesa di purificazione verso il centro di se stessi. Mi ha colpito la vegetazione molto ricca, gli alberi  rappresentano noi stessi, perché anche noi siamo alberi, con un ciclo di linfa, e il nutrimento degli alberi alla nostra anima è reale.  Mi ha colpito soprattutto la vegetazione.

foto di Laura Galgani

Rossella Gallori: Per me questo è stato un’altra cosa (era il giardino dove si andava a giocare).  E’ stata una solitudine protetta. Era, allora lasciare alle spalle qualcosa che non mi piaceva per trovare qualcosa che non occupava spazio nel cervello, già troppo occupato. Avevo un fratello che mi ci mollava e mi veniva a riprendere dopo molte ore… non ho mai avuto la necessità di giocare con qualcuno perché ero sola ma non ero sola, ero un essere umano, ero una bambina sola ma non fragile come dicevano, ero forte quando ero qui dentro. Ha avuto momenti peggiori questo giardino, mi ricordavo le ninfee, le acque, le fontane, pericolose ma non protette, d’autunno era croccante,….. mentre a Villa Favard ora a settant’anni ci vado un po’ incazzata qui ci venivo a dieci anni triste, ma bastava pagare quelle dieci lire (del biglietto) per sentirmi libera.  Non sentivo mancanza di nessuno, qui.  Non mi poteva succedere niente, eppure era pieno di pericoli, si giocava soli. Io sono caduta da tutte le parti. Non ho il minimo ricordo del Museo.

foto di Rossella Gallori

Daniele e Paolo….noi si giocava in mezzo ai possedimenti, si saltavano  i muri e si andava “di là”. Non c’erano i parchi pubblici.

Parola personale conclusiva:

Paolo – bellissimo.

Lucia: ricordo

Daniele: movimento

Rossella: protezione

Laura: intrigante

Patrizia: rumore e fantasia

Stefania: vasca

Anna: vita

Nadia: rinascita e ricordo

Sandra: tranquillità

Parole in libertà: Laura

L come… lasciarsi andare – di Laura Galgani

Ad un profumo qualsiasi

Ad una voce sconosciuta

Ad un fruscío di vento

Inaspettato.

Lasciarsi andare

Chiudere gli occhi

E dire sì.

Dimenticare

Obblighi e doveri

Per un attimo

Per un soffio

Solo il tempo

Di un battito di

Cuore

Ma che basta

All’irrompere della

Luce,

All’inondarmi

Di un amore

Infinito,

A farmi sentire ancora

Il dolce sapore

Della libertà.

Parole libere: Sandra

Scaltrezza – di Sandra Conticini

Mi piacciono le persone scaltre, ma non  quelle disoneste ed invadenti, perché l’onestà e la libertà sono gioielli di vita. 

***

Scaltrézza – secondo il Vocabolario di De Mauro:

capacità istintiva di affrontare e risolvere qualsiasi situazione, superando gli imprevisti con prontezza d’animo e sagacia: cerca di comportarti con scaltrezza! | azione astuta, espediente, stratagemma

Parole in libertà: Simone

Ritorno del 4 maggio parole libere

STENDERE – di Simone Bellini

Disteso al sole, in pieno relax, nel fresco del giardino, un’ombra ondeggia sui miei occhi chiusi.

-Che c’è, chi è che mi disturba-

 Mia moglie :

– Da’ retta Nino ! Ho spazzato, dato il cencio, cucinato, lavato i panni ….. ora tu li prendi e li stendi te al sole, così vi fate compagnia !!!

Parole libere: Tina

Il ritorno del 4 maggio

Parola scelta: MELONE – Tina Conti

Fresco, gustoso, succoso, estivo, ricordarlo mi fa pensare al caldo, all’allegria, alla convivialità. Quante  ricette siamo riusciti a inventarci usando questo prodotto.

Sarà perché in estate non ci piace cucinare.

Il profumo dei meloni stordisce  per quanto è penetrante.

Una volta, tornando dal mare, avevamo in macchina una cassetta  di meloni comprati dai contadini di Donoratico.

Il profumo è rimasto imprigionato nel veicolo per tanti giorni, ricordandoci ogni  volta il piacere del mare, il caldo del sole e i bei giorni passati.

In estate mi diverte  abbinarlo a vari altri prodotti, per comporre piatti freschi e veloci. 

Al mercato uso varie strategie per acquistare quelli più saporiti; come odorarli, spingere la parte del picciolo per saggiare la maturazione, valutare la grana esterna della buccia.

Tutte azioni forse inutili perché ormai la qualità è data dalla selezione delle sementa. Non mi piace il melone bianco  perché,  arriva alla fine dell’estate, e annuncia la stagione autunnale.

Parole libere: Stefania

Il ritorno del 4 maggio – parole libere

Lontano – di Stefania Bonanni

Lontano: nel tempo, nello spazio, nei chilometri che ci separano, nei mari dove non ci siamo cullati, nei cieli dove sono passate nuvole che non abbiamo visto, nei giorni , nelle ore, nei momenti, che sono volati via. Sempre più qui, ora, insieme, dentro, sempre più in fondo, ancora e fondamenta. Lontano, distanti, sempre più vicini.

Parole libere: Lucia

Ritorno del 4 maggio – parole libere

Luna rossa – di Lucia Bettoni

foto e quadro di Lucia Bettoni

E l’amore ebbe inizio
Luna rossa in cielo rosso
Ti ho guardato
Mi hai guardata
Hai toccato il mio cuore
Il bacio più morbido
L’abbraccio più lieve

Ti ho trovato per sempre

Se la vita porterà dolore
nella luna rossa mi riposerò
Se la vita ci allontanerà
nella luna rossa ti cercherò

Parole in libertà: Daniele

Incontro in presenza del 4 maggioparole libere

Poderosa – di Daniele Violi

Come il nome che Ernesto, 70 anni fa, dette alla sua moto con cui, partito dal suo paese con un amico, ha attraversato da sud a  nord il continente sudamericano. La moto portava con sé tanta volontà per far crescere due giovani e aiutarli a far cambiare il mondo. Grazie moto che hai avuto sulle tue spalle due benefattori e grazie operai che avete contribuito a realizzare una motocicletta che si chiamerà poi “Poderosa”.

Parole libere: Rossella

Ritorno in presenza del 4 maggio

LUNA – di Rossella Gallori

LUNA…4 MAGGIO 2021  …ci rivediamo

(Parola presa al volo “ LUNA” di Lucia Bettoni)

La luna si affacciò, lontana, uno strano mezzogiorno, una notte anomala, piena di rincorrersi, di non acchiappare i mai, con il desiderio forte di cadere per non rialzarsi, sdraiati sui sogni, sui silenzi, sulla voglia di baciarsi, se non sulla bocca…le mani.

Ci lasciammo su una strada polverosa ed irta, paralleli sempre uniti…mai, con una luna puritana e bianca di livore, che non aveva saputo volerci bene, l’ amammo a lungo…immeritatamente…

Poi fu notte,  ed apparve il sole, se pur lontani, ci bruciammo ancora una volta….

quadro di Franco Innocenti

Incontro in presenza – 4 maggio 2021

con Cecilia Trinci

Ce l’abbiamo fatta!!! ci siamo rivisti in presenza, accolti da Riccardo Massai e Priscilla Vannini, coccolati dalle prelibatezze di Tina Conti, nell’Arena del Teatro Comunale di Antella.

N.b. le mascherine sono state abbassate solo per la foto!

Abbiamo fatto un gioco:

Ognuno ha scelto una parola con la stessa iniziale del proprio nome e abbiamo creato un cerchio magico di termini, sensazioni e concetti.

Ognuno poi ha scelto la parola su cui scrivere di getto…….

Abbiamo ritrovato il nostro stare insieme, con semplicità e sorrisi.

Alla prossima….!