Uno sguardo sul mare

Baratti – di Luciano Giannelli

Baratti così bello da non aver bisogno di essere descritto, coi pini enormi, i lecci e le suvere, il sondro, (lentisco) dalle piccole bacche in grappoli rossissimi, i rovi con le more che sanno un po’ di sale, le tamerici gocciolanti, la sabbia nera a tratti, anche fossile, le tombe nelle falesie ocra o arancio.

Baratti che ti contiene, coi suoi due villosi mostri marini dormienti che ti trattengono, ti assediano, ed al tempo stesso ti accompagnano verso l’ignoto, che ti indicano silenti, alla linea d’orizzonte appena interrotta – quando si vede – dal profilo della Capraia, l’ampio mare. Al tempo stesso ti tengono e ti spingono, proprio nella linea di

Sempre caro mi fu quest’ermo colle

E questa siepe che da tanta parte

Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude

che il nostro professore di liceo diceva che fosse improbabile che il Leopardi conoscesse Hegel, ma che la dialettica era nell’aria, fino a quel fantasma che si aggirò per l’Europa.

Idilliaco Baratti, anche se quando chiudi gli occhi senti il clangore del lavoro degli schiavi, le cui povere tombe, inframmezzate a quelle di un apparente ceto medio, ritrovi nei boschi, misere buche simili a tane di grossi animali, più rispettate – va detto – delle sepolture dei signori, coperte brutalmente dall’industria siderurgica, fino a dover fare un cimitero nuovo, remoto, difficile dire se meno faticoso a raggiungersi, comunque new look.

L’idillio non nasconde fino in fondo quello che c’è di qua e di là dai mostri immoti, delle basse colline verso dove fu il lago, nelle plaghe che intravedi da Pupluna, dalla montagna dell’Amiata fino alla Corsica: insomma, sfruttamento, guerra, schiavismo, degrado. Col ritorno, dopo cento anni, di chi doveva essere sparito. Con accanto una città rossa con un sindaco nero che neanche lui comunque riesce a fermare lo stupro continuato, dilatato, di Piombino. Ora rigassificatore. Esigenza nazionale, patriottico…

Col vento di terra giungono nel golfo questi sapori, odori, fetori.

Allora il buen retiro di Baratti finisce per risultare stretto all’Olimpo turreno. Troppi cicli si son conclusi, nuove deità tremende, feroci, incombono, in testa a tutti Mammone, una nuova barbarie dilaga come il nulla. Tanto che infine Tinia in persona disse agli esausti dei:

«Or riposate nella roggia pietra

E vi cullate con l’onda di mare

Sdraiati accanto alla macchia fitta

Ch’è l’ampio pube di Uni vejente».

Cadde sul petto l’augusta fronte

Assiso in trono sull’ampio mare.

Flebile da meridione rispose un canto sardo:

Nd’ est falada sa turre

Nd’ est falada sa domo

Su balente ch’est mortu

Su zigante ch’est mortu.

Postu a manos in rughe

In sa losa de fresu.

Nd’ est falada sa turre

Nd’ est falada sa domo

Ruja mela granada

T’hana dadu su coru

a sus canes famidus

(trad.: È caduta la torre/ è caduta la casa/ il valente è morto / il gigante è morto / messo con le mani in croce / nella bara di orbace; È caduta la torre/ è caduta la casa/ rossa melagrana / hanno dato il tuo cuore/ ai cani affamati – testo in sardo

da: https://www.lyricsmania.com/melagranada_ruja_lyrics_marisa_sannia.html)

Baratti, 12 ottobre 2022 – 350° anniversario dello sbarco di Colombo alle Bahamas.

Si ringraziano nell’ordine

Anonimi fiorentini

Giacomo Leopardi

Marisa Sannia e Francesco Masala

Vito Pallavicini; Paolo Conte e Michele Virano; Enzo Jannacci

La Matita e il Cielo

nonché Rosangela Lai per la preziosa consulenza.

Intermezzo

GIOVANNA E IL LADRO – di Elisabetta Brunelleschi

tanto per giocare

La cara Giovanna

andava veloce

all’orto di Anna

a prender la noce.

Ma ecco di corsa

un giovane ardito

le strappa la borsa

che teneva col dito.

Giovanna gli urla

e chiede soccorso

ma lui se ne burla

e fugge nel Corso.

Poi tutto soletto

apre il malloppo

ma resta interdetto:

No! Questo è troppo!

Denari non trova

non trova rossetti

ma solo una cova

e due neri occhietti.

È un coniglietto

morbido e bianco

e lui per dispetto

lo lascia lì a fianco.

La cara Giovanna

senza il coniglio

arriva da Anna

e chiede consiglio.

Lo cercano attente

battendo una noce

il coniglio le sente

e arriva veloce.

Mangiato il gheriglio

è come risorto

il bianco coniglio

felice nell’orto.

Intermezzo

Il gelato incartato – di Tina Conti

Si poteva finalmente andare in macchina  con il coniuge.

Lui a comprare una nuova stampante, io al negozio di bici aperto il giorno prima per una batteria nuova, avrei avuto cosi la possibilità tanto agognata di sgambettare    e pedalare di nuovo conquistando un po’ di libertà.

Sembravo Alice nel paese delle meraviglie: mentre si scendeva tenevo gli occhi puntati sulle attività commerciali che riconoscevo per vedere a che punto erano, vedevo bandoni abbassati, alzati, con cartelli,con strisce rosso bianche, bolli rossi sul marciapiede, paratie di piante sempreverdi…

Tutto un mondo in movimento  e in fermento, insolito, nuovo.

Molte attività con gli esercenti all’interno, che armeggiavano, prendevano le misure, riimparavano a lavorare.

“Rimanga sulla porta, stavo per chiudere” ci disse il meccanico appena arrivati.

“Per carità, abbiamo fatto un sacco di strada e aspettato questo giorno con trepidazione, veniamo da una zona lontana, mi ha raccomandato il suo negozio una conoscente.

“Ci vorrà una settimana, avrà la sua batteria nuova e potenziata e ricomincerà a muoversi.”

Davanti al negozio ho visto una piccola gelateria, sembra aperta mi sono detta, prendiamoci un gelato ho proposto con l’entusiasmo di un bambino.

È una delle cose che sognavo di fare appena le restrizioni lo avrebbero concesso.

Ci siamo avvicinati, era  proprio una gelateria Cavini, che emozione!

Il desiderio si è fatto ancora più grande, abbiamo allungato il collo sbirciato, e domandato, dalla porta sbarrata da due sedie di traverso, due gelati

“Ve li posso dare, ma incartati” ha risposto l’esercente.

“Basta che siano gelati” abbiamo risposto

Vista questa bella  opportunità abbiamo pensato di prendere anche un tartufo gigante da regalare a nostra figlia per il compleanno  di Niccolo

Il pacchetto è stato subito aperto, io ho gustato volentieri quell’agognato dolce. Mio marito invece ha avuto una lunga telefonata di lavoro e ha potuto bere il suo buon gelato dopo diverso tempo…

Intermezzo

Risposta affettuosa a Carla Faggi – di Cecilia Trinci

Erano quasi sempre artigianali,  in copia unica, originali e grandi, a volte eccessive e strane.

Non erano collane fatte per essere ammirate, ma per raccontare la mia gioia di essere con gli altri.

Pensandoci, dopo le parole di Carla, ho capito che le mettevo per me, secondo l’umore, lo stile delle mie parole o il luogo dove ero diretta. Come fossero il titolo di un libro da leggere.

Oppure, come è stato per il grande cuore dorato che ho portato per molti giorni di seguito, erano il ricordo di un bel pomeriggio, di un festoso compleanno, di  certe parole gioiose rimaste dentro incastonate.

O di una stagione, come la stella di mare in alluminio martellato appesa ad un girocollo di caucciù.

Oppure erano regali di persone troppo amate che, conoscendomi, sapevano intercettare i riferimenti preferiti: ametiste viola, malachite a strisce verdi cangianti, turchesi che cambiano colore. Oppure innocui vetri pieni di riflessi intrecciati in modi inaspettati, o palle trasparenti  come bolle di sapone di bambini….

Non uscivo mai senza collana.

Negli ultimi due mesi  non si sono mosse dai loro sostegni sopra il cassettone. Immobili e ignorate come oggetti invisibili. Ho pensato spesso che non le avrei più messe. Che il filtro dell’essenzialità avesse colpito anche loro, relegandole in un angolo tra le scope del pensiero.

Ma oggi una di loro mi ha chiamato, facendomi un occhiolino d’intesa.  E’ solo un  giro multiplo di nodi di seta, viola, che ho portato spesso con le mie Matite…..

Ancora non l’ho messa di nuovo……ma l’ho guardata a lungo e accarezzata e forse…… è un segno viola di un probabile ritorno…..