Città laterale – di Cecilia Trinci

Trieste mi mancava. Non sapevo immaginarla, così esterna all’Italia, troppo spinta sulla destra delle carte geografiche, così zigzagata nei margini, su quel mare adriatico considerato da noi toscani marittimi, così poco salato, poco profondo, poco azzurro, col sole che tramonta e sorge al contrario.
Non mi era capitato di andarci e ho chiesto di assolvere questa mancanza per il mio matrimonio tardivo. Scomodo salire in autostrada oltre Bologna in giorno di lavoro, un traffico scoraggiante per una coppia attempata e una macchina timida, ma la curiosità spingeva come dopo mai più è successo. Dopo una serie indefinibile di tunnel eccola, Trieste, adagiata su un mare piatto , celestino, quasi invisibile nel contrasto del cielo appena appena disegnato, controluce di mattina presto, sdraiata proprio con il profilo zigzagato imparato nelle carte geografiche. Incredibile fu questo primo incontro con una terra che davvero era come l’avevo vista disegnata. Improbabile come il ghirigoro di un fantasista.
Era luglio quando entrammo in città, calda, nonostante la lieve brezza di mare che si spinge indifferente fino dentro alle vie. Le persone camminano sui muretti lungomare, si siedono al sole appena al di là dei parcheggi, fanno il bagno in pausa pranzo affollandosi su spiagge di pietre, senza un solo chicco di sabbia. Le ragazze, giovani e anziane camminano spavalde, a testa alta, poco vestite, accese, sicure, altissime e flessibili. Le signore anziane non esistono a Trieste, ci sono solo ragazze di età variabile, dallo zero ai cento anni, sedute sui muretti con la faccia al mare, come sirene silenziose e colorate o che camminano fresche, a lunghi passi. Non esistono pause, brevi o lunghe che non si spiaggino al mare, nei bagni che si alternano ai negozi e alle fermate dei tram, o sui sassi liberi. Profumo di caffè e di nafta, odore di pesce e di lavanda, di grappa e biscottini, gamberetti e maionese. Gente libera, abituata al vento, a resistere al vento forte, al grecale di mare, ai monti carsici, alle guerre e ai popoli diversi.
Vorrei tornare in inverno, quando le città del nord sono più vere.


