Lettera a Cecilia di Patrizia: torno da Livorno

Una giornata di mare – di Patrizia Fusi

Photo by Vladimir Srajber on Pexels.com

Cara Cecilia

sono in treno, sto tornando a Firenze.

Sono in un scompartimento quasi vuoto, ci sono solo coppie che parlano fra di loro, dall’aspetto hanno circa la mia età.

Mentre il treno corre e il paesaggio cambia velocemente mi è venuta voglia di scriverti e raccontarti perché avevo deciso di venire a Livorno e come ho trascorso la giornata.

L’atra  sera dopo che sono tornata dal lavoro mi sentivo stanca e depressa per le difficoltà che passo in questo momento, ma non volevo arrendermi a questo malessere. Avrei voluto andare in una città vicina e scelsi Livorno, il giorno dopo ero libera, il tempo metteva bello e io avevo voglia di sole e profumo di mare.

Sono arrivata presto e ho deciso di andare subito al santuario di Montenero, quando sono arrivata su,  quello che mi circondava mi ha levato il fiato dalla bellezza, il paesaggio e il complesso del santuario.

La chiesa era di una bellezza splendente, mi sentii avvolgere dalla serenità che quel luogo mi infondeva, non percepivo neppure i tanti pellegrini che mi circondavano

C’erano esposti tanti quadri per devozione o per una grazia ricevuta.

Nel tragitto di ritorno mi si riempivano gli occhi del paesaggio che mutava ,mentre la funivia scendeva veloce.

Sono andata alla terrazza Mascagni , il sole si spandeva su tutto, il mare era leggermente increspato, le onde con una leggera schiuma bianca si infrangevano  sugli scogli e accarezzavano un piccolo tratto di sabbia.

La piazza era bella con quel pavimento a scacchiera , la facciata del   grande Hotel rendeva tutto maestoso .

Affacciandosi alla balausta, anche quella particolare, davanti ai miei occhi c’era l’infinito.

Ho preso un caffè al bar nella piazza ,un giocoliere intratteneva grandi e piccini con le sue magie.

Ho passeggiato lungo mare, tanti bagni, piccoli o grandi uno con piscina.

All’ora di pranzo ho preso un panino a un furgoncino.

Ho scelto una panchina all’ombra per mangiare, ho continuato ad osservare chi passava, mi ha colpito l’allegria e la gioventù di due ragazzine che sfrecciavano con i pattini creando un po’ di disagio alle persone.

 Una giovane mamma con  due bambini , uno sul carrettino e l’altro  per mano: da come erano vestiti si vedeva che erano benestanti, in lontananza è apparsa un giovane rom che chiedeva l’elemosina,la giovane mamma si e soffermata ha aperto la borsa e poi ha continuato il cammino, ho visto che ha messo qualcosa nella mano tesa, questo atto di umanità mi ha rallegrato.

E l’ora di andare a prendere il treno. Cecilia sono quasi arrivata alla stazione di Firenze, grazie della compagnia che mi hai fatto

Lettera a Cecilia di Sandra: torno da Livorno

Spero non sia cambiata – di Sandra Conticini

Photo by Vladimir Srajber on Pexels.com

Ciao Cecilia,

sto tornando da Livorno, perchè ricordavo di esserci stata da piccola e volevo vedere se la città era cambiata.

In quell’occasione l’acquario mi sembrò grande, ora mi è parso piccolo e un po’ malmesso, ma credo di tornarci quando avranno finito il restauro, così avrò le idee più chiare.

Sono andata a fare un giro sulla terrazza Mascagni, ristrutturata è bellissima, ma sono dovuta scappare dal vento che tirava, mi sentivo  un appiccicaticcio addosso, gli occhiali  appannati dal salmastro ed ero a disagio. Peccato, mi sarebbe piaciuto stare lì a scaldarmi al sole e a godermi la vista sul mare con quelle belle onde alte che non sai se riescono a bagnarti o se ce la fai a scappare. Da ragazzi il mare mosso era un bel divertimento, non dava noia niente.

Ho fatto una passeggiata lungomare,  sono passata dai bagni Pancaldi, anche quelli un tantino fatiscenti,  sinceramente non capisco come fanno a stare su quei lastroni di cemento a prendere il sole in piena estate. Da lì ci sono passati principi, principesse, scrittori importanti, diciamo un turismo aristocratico, ma ora i tempi e le persone sono cambiate e bisognerebbe dargli una bella rinfrescata. 

Quello che mi affascinò anche da piccola fu il palazzo dell’Accademia Navale, tutti quei marinai in giro per la città e, ricordo ancora oggi l’entusiasmo del babbo che finalmente ebbe la soddisfazione di visitare la nave “Amerigo Vespucci”, per lui un mito.

Un’altra tappa, visto l’ora, è stata andare a mangiare un po’ di pesce da  “Melafumo”. Un’osteria tipica di Livorno senza nessunissima pretesa, ma caratteristica già da fuori. Pieno di bandiere portate da tutto il mondo, ogni tanto c’è qualche maglietta, fotografia del Che Guevara,  sciarpe e cappelli della squadre del Livorno, tavoli, sedie, piatti, bicchieri tutti diversi l’uno dall’altro. Ogni tanto qualcuno inizia a cantare e altri gli vanno dietro. Insomma un ambiente allegro, ma tranquillo, tanto che il tempo si è fermato. Ho dovuto una corsa per prendere il treno.

Sto arrivando a Firenze, ti saluto sperando di non averti annoiato.

Un abbraccio

Sandra

La lettera a Cecilia di Vittorio: torno da Livorno

20.11.2025

Lettera dal treno – di Vittorio Zappelli

Photo by Vladimir Srajber on Pexels.com

Buongiorno Cecilia

ti scrivo in questa mattina di tiepido sole  autunnale .Ho preso un treno per Livorno che invero pare troppo lento per i miei desideri. Voglio arrivare presto: una Lei mi aspetta alla stazione o almeno cosi’ me lo sento. Con questa premura il paesaggio che scorre dal finestrino mi fa solo da fondale per un volto che ogni poco si sovrappone agli alberi ed alle case che sfilano davanti. Alle 10 spero di incontrarla, appena sceso dal treno.

 Ore 10 e 10 il convoglio ha recuperato il tempo e sta arrivando .Ti lascio in sospeso con lo scritto che riprendero’ piu’ tardi …..

Ore 17 circa 

Eccomi di nuovo con la penna in mano …

la giornata  non è andata come avevo immaginato .

Innanzitutto Lei non si è vista il che mi ha reso inquieto all’inizio e poi anche addolorato . Cosi’  per sfogo ho deciso di sfiancarmi il fisico camminando ed andando a piedi a Montenero a rivedere la città labronica dall’alto. La vista di lassu’ con il mare a perimetrarla e le nebbie mattutine ancora da sciogliersi al sole , mi è apparsa bellissisma e fascinosa . Perfetta cornice per il mio appuntamento,  che pero’ non c’è stato .

Non mancavano turisti al santuario ; io ,con pensiero impertinente ed un po’ blasfemo , ho chiesto   la grazia di farmi trovare la Lei aspettata invano stamattina. 

Poi mi sono fermato li sulla piazza ad un bar per un panino prima di ritornare a valle ;quando una ragazza al tavolo vicino ha iniziato a tossire soffocando per un boccone di traverso, d’istinto Le ho affibbiato dietro la schiena un bel colpo che ha avuto pieno effetto ,liberandola dall’inghippo. Per questo mi ringrazia sorridendo  ,parliamo e dopo un po’ ritorniamo insieme in città con la funicolare e dopo proseguiamo a piedi fino al centro in sintonia chiacchericcia.

La grazia chiesta non si è avverata ma ,forse ,ne ho ricevuta un’altra.

Ecco ora chiudo lo scritto perchè sono di nuovo alla stazione

Ti lascio ,in omaggio a questa città sportiva ,chiassosa ed impertinente, con un:

Viva il cacciucco de’!

Ps mi accorgo che sul treno del ritorno sta salendo la Patrizia anche lei a Livorno

Chissà che ha fatto ? Ne riparleremo giovedi prossimo. 

Vittorio

Lettera a Cecilia di Stefania: torno da Napoli

Il non viaggio a Napoli – di Stefania Bonanni

Photo by Kelly on Pexels.com

Firenze, novembre 1985

Gentile signora,

Scrivo questa lettera perché così era detto nelle istruzioni, ma in realtà il mio viaggio a Napoli e’ stato solo un viaggio. Non ho visto Napoli, non ho incontrato chi mi aspettava, ho passato ore a pensare, e poco più.

Non sono mai stata a Napoli, perlomeno fisicamente, ma in realtà e’ un posto che conosco, amo molto, e mi e’ affine. Lo so, non sembra possibile, invece e’ una sensazione così profonda che il riscontro con la realtà mi sembra un rischio troppo grande. Viaggio tra i sentimenti.

Questa volta ho corso il rischio. Andando, in treno, pensavo potesse essere lo sfondo di un incontro che avrei voluto romantico, magico, colorato di voci e colori del mare, dei vicoli, della gente, di tutto quello che penso sia Napoli.

Arrivai alla stazione, scesi, e subito mi accertai  di avere la borsa chiusa ed il portafoglio a posto. Siccome e’ un atteggiamento che non mi appartiene assolutamente, pensai di essere preda dei luoghi comuni.  Se era così, luogo comune per luogo comune, cercai il Vesuvio con lo sguardo e la sua presenza solida e massiccia, mi rassicuro’.

Avrei avuto bisogno di compagnia, o di essere completamente sola, nel deserto. I passanti, chiassosi e strombazzanti, mi distraevano, e mi provocava dolore accantonare il mio pensiero fisso, come fosse l’ unica certezza in quella tempesta.

Che poi, il mio non era certo un pensiero straordinario.

Andavo a Napoli per un appuntamento “galante”. Penso sia la prima volta che uso questa parola un  po’ sdolcinata e ridicola, che sa di porte aperte e baciamani. Nulla di galante. Sapevamo benissimo perché ci si incontrava così lontano da casa. Sarebbe stato sesso. Solo sesso. Ed io non ero neanche tanto interessata. A Napoli, sul lungomare, con la luna che c’era, avrei voluto una musica in sottofondo e dolci parole da portare via. Però sapevo, era stato tutto molto chiaro, sapevo come sarebbe andata.

Ed allora, perché Napoli restasse un pensiero da sognatori, a quell’ appuntamento non ci sono andata.

Tornai in stazione e ripresi il treno, stavolta in direzione ostinata e contraria.

Sognero’ sul Ponte Vecchio.

Saluti cari. A giovedì, Cecilia.

La lettera a Cecilia di Rossella G.: vado a Livorno

Cara amica ti scrivo…. – di Rossella Gallori

Photo by Vladimir Srajber on Pexels.com

Vado vicino, per andare lontano

Carissima

…scriverti, originale, l’idea un po’ mi spiazza, ma ce la devo fare, deluderti? No non sarebbe il caso.

Sono su questo treno del cavolo che dondola un po’ troppo per i miei gusti, detesto viaggiare, non ho senso dell’orientamento, mi stanca solo il pensiero e e e…non voglio annoiarti sai già tanto di me, qualcosa ti risparmio!!

Quindi ti dicevo: il treno è affollato, ma era l’ unico modo per raggiungere Livorno, a piedi? non potevo,  troppo lontano, in macchina? non ho patente, a nuoto, ma da dove mi butto dal ponte Vecchio? Dal Girone? In bici?  Sieeeee non ci so andare. Quindi treno sgangherato e via.

Devo ritrovare parenti quasi sconosciuti, ti dirò ho cercato di raccontarlo al signore accanto a me, annuiva, sorrideva, poi ho capito che era sordomuto, la conversazione silenziosa con la sua compagna me lo ha confermato.

Cerco gente che mi somigli, so dove andare, cerco cognomi che non sono il mio, che conosco bene.

Ma ci sarà ancora il ghetto? Il mercato americano, i quattro mori?

Il viaggio è breve Ceci, ma per me è tutto lontano, lontanissimo, poi oggi ho caldo, mi sono vestita troppo, le mie solite seghe mentali: …..e se tira vento? Se il mare è mosso? Se i gabbiani avessero la diarrea? Con il terrore del puzzo di pesce, dove andrò a mangiare? Ricordo però un posto unto anche nell’insegna con la cecìna che sembra la luna, con il proprietario con la faccia a luna, con camerieri con la luna storta, vicino all’ acquario, credo.

UNA voce un po’ metallica annuncia la fermata prima di Livorno, Cast…che ne so. Spero di non avere difficoltà a scendere, mi ci mancherebbe un gradino troppo alto, così invece che “ ai mercatino amerhano” vo a finire all’ ospedale” de ginocchi sfatti”

Ma tu come stai Ceci? Sei contenta che prenda un giorno per me? Magari diventan due, tre,  se trovo un chicchessia che mi ospiti, scrivo ai mi omo: un torno, per ora! Sarebbe carino, a proposito il tuo di omo icchefa?? Mi perdoni la mia fiorentinità vero!

Ora concludo, devo scendere, i deh, i bimbo, mi rimbalzano già in testa, famigliari a tratti. Te l’ho già detto che ho un foglio con dei cognomi e gli indirizzi? Tutto in borsa che pesa di ansie e cose.

Poi quando torno ti farò sapere, forse son tutti già morti e sepolti, prima del mio arrivo  e questo pellegrinaggio è stato inutile, o forse mi riconosceranno, ho ascoltato tanto la loro lingua.

Scendoooo Ceci scendo, vo per leVenezie!!!

Ps: alla stazione  sul treno Livorno/ Firenze dal finestrino  ho visto una nuvola rossa, forse era fuoco, una testa in fiamme!  Anche stavolta la Madonna di Montenero, unnà fatto grazie!!!!

Lettera a Cecilia di Anna: vado a Genova, anzi no a Pisa

IN TRENO VERSO PISA – di Anna Meli

Photo by Palo Cech on Pexels.com

Cara Cecilia,

ti scrivo per metterti al corrente che oggi, in questa bella giornata di sole, ho deciso di godermela e andare a Pisa: un po’ d’arte, un po’ di mare condite di spensieratezza.

            Avevo proposto a Nadia di accompagnarmi, ma non ho avuto risposta. Forse avrà avuto qualche altro impegno. Ho deciso che la richiamerò una volta salita in treno.

            Sono in stazione e salgo con un po’ di fatica lo scalino della carrozza; c’è abbastanza gente ma, strusciandomi un po’, sono riuscita a sedermi vicino ad un anziano signore dall’aria importante con tanto di baffi e occhiali, assorto nella lettura di un giornale. Mi guarda un po’ di traverso, poiché è costretto a spostarsi per farmi posto vicino al finestrino. Riesco comunque ad accomodarmi.

            Il treno è in partenza, esce lentamente dalla stazione; osservo i binari che si incrociano in basso e cavi elettrici in alto che formano una gigantesca rete nella quale mi sento quasi prigioniera.   Solo pochi momenti e la locomotiva corre veloce vero la meta.

Mi squilla il telefono; rispondo. E’ Nadia che si scusa di non aver risposto al mio invito. Aveva dovuto recarsi a Genova per questioni familiari ed ora stava tornando e viaggiava in senso contrario al mio.

            E’ molto tempo che non ci vediamo e, nell’occasione, dopo lo scambio dei saluti e notizie varie, decidiamo di incontrarsi in una stazione lungo il percorso comune. Propongo Pisa e sento che lei mi sta rispondendo, ma la linea viene e va, Riesco a capire “Genova…poi dopo un breve intervallo…for La Spzi…altro intervallo.’’ La linea è molto disturbata. Ripeto lentamente e nel modo più chiaro possibile “ Pisa, scendi a Pisa!’’ e chiudo.

            Il viaggio continua, attraversa campagne incolte e abbandonate, si nasconde in buie gallerie, poi riemerge e respira alla visione dell’azzurro di qualche tratto di mare.

            Mi sento sospesa, forse dormicchio un po’, riesco solo a vedere al di là del finestrino una striscia azzurro-grigiastra che delimita l’orizzonte. Il treno sta rallentando, passano pochi minuti ed ecco ci siamo. Mi alzo, mi stiracchio, do una sbirciata fuori per vedere se Nadia è arrivata. Forse meglio scendere.

            La cerco prima con lo sguardo, poi mi incammino con fare incerto in varie direzioni ma niente, non c’è. Mi informo dell’arrivo del suo treno. Mi dicono che dopo una breve sosta è ripartito.

            Cerco ancora fra la gente, al bar della stazione, ma niente, niente da nessuna parte. Ho capito, forse non ci siamo intese. Dalla borsa prendo il telefonino e le scrivo un messaggio “ Mi dispiace non esserci incontrate, ma se sei qui da qualche parte ti invito a venire in Piazza dei Miracoli, io vado là.’’

Lettera a Cecilia di Nadia: torno da Genova

LETTERA DAL TRENO – di Nadia Peruzzi

Photo by SlimMars 13 on Pexels.com

Cara Cecilia,scrivo circondata da ragazzi vocianti che mi stanno rompendo i timpani e non solo quelli. Per cercare di sopravvivere al gran bordello,attorno e dentro la mia testa,ho tirato fuori dalla borsa carta e penna per vedere se scrivendoti riesco ad estraniarmi dal caos. Sto tornando da Genova. Come sai ho ancora dei parenti lì e ogni tanto li vado a trovare. Genova per me è terra di legami indissolubili e di affetti e ricordi che oltrepassano la linea fra l’esserci e il non esserci più. Sento più di un pizzico di nostalgia quando salgo sul treno che mi riporta a casa .I ricordi sono quelli di me bambina ,e di varie fasi della mia vita. È una città che è dentro di me,parte del mio patrimonio genetico,molto più di quella in cui sono nata.Ci sono stata così poco in quella,che vale solo come città in cui tornare da turista. Per questa invece è tutta un’altra storia.Ogni partenza è un pezzo di cuore che resta.Tanto più ora che ci sono solo nuove generazioni.Quelli con cui sono cresciuta ,andati,piano piano,tutti. Pioveva a dirotto,quando sono partita,e la pioggia sta accompagnando il viaggio. I disturbatori maleducati,si stanno tirando addosso di tutto,dal pop corn alle noccioline.Fanno venire gli istinti peggiori.Da “Wilma dammi la clava”,al pensiero di una penna di granito da tirare in testa al capo brigata,per vedere se placato lui si placano anche gli altri. Ci stiamo fermando a La Spezia.La fermata si fa più lunga del solito.Un calo di tensione elettrica,dicono. Potessero spegnersi anche le pile di questo gruppo di imbecilli starei meglio. Nemmeno la minaccia di una multa salata da parte del controllore sembra cosa che li preoccupi. Mi affaccio al finestrino che è tutto appannato .Sull’altro binario un treno che va in direzione opposta alla mia.Anche questo treno è fermo da un po’.Vedo attraverso il finestrino opacizzato dal vapore ,Anna con la sua espressione sempre tranquilla e serena. La saluto con un cenno del capo e un sorriso,mentre penso che nel suo vagone ci deve essere un silenzio che pagherei a peso d’oro. Vabbè, sopporterò ancora.Per fortuna lentamente i due treni si muovono. Che strano penso che Anna non abbia risposto al mio saluto. Forse non mi avrà visto. Nel dubbio ricomincio a scriverti ,perché mentre scrivo mi calmo e mentre penso riesco a distrarmi da quello che mi circonda. Mi sembra di essere entrata in una bolla di sapone,che mi fa da scudo protettivo.I rumori arrivano attutiti,la mente vola lontano. Non mi sono nemmeno accorta di aver passato Pisa. Mi torna in mente all’improvviso che prima di partire con Anna ci eravamo scambiate un messaggio,dandoci appuntamento a Pisa.Era da tanto che avevamo programmato una visita al Campo dei Miracoli,e l’occasione del mio rientro da Genova ci era sembrata provvidenziale. Ripenso alla signora cui ho mandato un saluto .Ecco perché non mi ha risposto.Ho preso una bella cantonata,Cecilia. E ora? Cecilia che faccio? Che figura! Sarà il caso di scusarmi subito con lei per averle dato buca,vero?Le scrivo un messaggio per spiegarle quello che mi è successo a causa della mia totale distrazione,sperando che nel frattempo Anna non si sia fatta prendere troppo dal nervoso.Non me la immagino arrabbiata,è sempre così calma e misurata , e spero che non si sia offesa troppo per questo disguido. Le proporrò ,se non se l’è presa troppo, di andarci in un altro momento. In macchina,questa volta. Saluti.Cecilia,incrocia con me le dita e speriamo che Anna l’abbia presa bene.