La voglia di scrivere …viene scrivendo

Assassino incolpevole: un possibile sequel – di Luca Di Volo

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Triste canto. . canto triste…triste canto…quelle gocciolone,  picchiando sul fango avevano scritto su un immaginario pentagramma le note di quella sequenza di suoni che,  da quella sera carica di pesante pioggia,  non mi aveva più abbandonato.

Ma andiamo per ordine. La strada che mi aveva portato da quel momento a dove mi trovavo ora, non era stata né facile né breve. Le ricerche, l’inchiesta, infine l’assoluzione, non perché “non colpevole”, solo perché mancava l’”habeas corpus”. . in parole povere “insufficienza di prove”; ed io ero stato l’ultimo a vedere viva la “presunta” vittima. Fui congedato col retropensiero: per ora se l’è cavata. . ma lo teniamo d’occhio…abbastanza minaccioso per finire di convincermi a cercare un po’ di pace nell’”altro” universo. Proprio dove mi trovavo ora.

E, per un povero terrestre, l’universo più lontano ma accessibile non poteva che essere nell’altro emisfero. Già…mio padre aveva un lontano cugino che aveva messo in piedi un’azienda vinicola in Sud Africa. Fu a lui che si rivolse per un impiego, anche temporaneo, in cui farmi smaltire quel momento difficile. Il cugino fu oltremodo cortese e comprensivo, ottenni l’impiego e mi trasferii nel Transvaal. . più lontano di così…

Non vorrei che qualcuno pensasse a me come se fossi diventato il grande buana bianco o una specie di Dio bum bum, cosa tanto cara a certe trame alla Indiana Jones. No, le mie mansioni erano solo di sorvegliare la manutenzione di certi recinti, sempre insidiati dalla fauna locale, ripristinarli quando occorreva, e dare una mano un po’ qua, un po’ là, tanto per rendermi utile  e giustificare la mia presenza in quel posto.

Come si vede, niente di straordinario, tranne una cosa che non mancò di sorprendere me per primo. Cercherò di spiegare: sarà utile al lettore e soprattutto a me.

L’avrò detto mille volte ma lo ripeto ancora: il mio desiderio era, letteralmente, rifugiarmi in un altro universo, senza minimamente sapere cosa questo significasse su un piano concreto o concettuale. Una fuga, non ci voleva Freud a spiegarlo, l’episodio di quella notte era probabilmente stato la miccia che aveva fatto deflagrare una spinta fino ad allora ben celata.

Avevo stabilito rapporti molto cordiali con gli indigeni del posto, ma questo non rende bene l’idea c’era tra noi una specie di sotterranea complicità, un “capire” insieme (non so dirlo meglio di così) molto insolito e certamente anomalo tra un europeo allevato secondo la scuola Aristotelica, e i discendenti di un ramo della cultura Zulu, che io non conoscevo nemmeno per sentito dire.

Così, una notte, mi trovai, insieme ad altri, ad ascoltare la voce dello sciamano che evocava, a quanto avevo capito gli spiriti della Terra e degli antenati. Nel suono ipnotico di quella voce ritrovavo per vie misteriose  quel triste canto che accompagnava i momenti della mia vita.

 Achernar azzurroviola, Canopo, bianca accecante, i due occhi blu delle Nubi di Magellano, il terribile fulgore del centro della Galassia, il Sagittario…Quel firmamento allietava e consolava, anche con la sua principesca bellezza, la mia certezza di essere veramente in quell’altro universo cui tanto agognavo. .

Finita la cerimonia, che era una cosa seria, almeno per chi pensava in quel modo, non la solita farsa a beneficio dei turisti, finita la cerimonia lo sciamano, col suo seguito, venne verso di me. Ebbi l’occasione così di vederlo bene: era un bell’uomo, alto, ben proporzionato. . il viso sprizzava intelligenza sottolineato da una barbetta appuntita che ricordava, a me europeo, certi visi Etruschi raffigurati nelle tombe. Lo sguardo poi, profondo e mobile dimostrava di aver visto molte cose di questo mondo…e forse di quell’altro, mi venne da pensare…

Si fermò a poca distanza e mi toccò la fronte. . io ero immobile quasi folgorato dalla stranezza della situazione. . un tocco leggero, quasi tenero, ma le parole non furono altrettanto tenere: ”Straniero-parlava Inglese, meno male. . -Straniero, sappiamo che fuggi, che neppure qui ti senti a casa …ed è vero, più vero di quel che credi…. ”Detto così, semplicemente, si voltò e sparì nel buio.

Strano a dirsi, ma quel discorso da profeta biblico non mi aveva granchè commosso. In fondo non ci voleva molto a capire che io mi sentivo fuori posto ovunque andassi…ci voleva altro che uno sciamano per me …anche se. . affascinante, questo lo dovevo ammettere.

Era ora di ritornare al bungalow, mi rialzai avviandomi verso il fuori strada .

A metà cammino, un lampo di luce nel mezzo dei cespugli della savana, mi colpì. Incuriosito mi avvicinai: c’era un oggetto attaccato ai rami spinosi. Al buio lo presi, quando l’ebbi in mano vidi cos’era. Una sciarpa gialla, gialla gialla come…non come, era la stessa. Ne ero sicuro. Faceva quasi parte di me…. .

Alzai gli occhi a quel cielo così straniero…e mi venne da pensare se tra tutte quelle nebulose, quelle stelle, quelle galassie, ci fosse qualcosa che mi desse una spiegazione.

Uno strano pensiero, ardito e superbo. .  La verità l’avrei saputa…ma solo molto molto tempo dopo.

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Voci nel freddo di Anna

VOCI NELLA NEBBIA – di Anna Meli

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            Si avvicina il tempo di Natale, lo si può notare guardando fuori, non è buio, è solo nebbia. Una nebbia fitta, umida, che attenua i rumori esalta il silenzio e copre di mistero ogni cosa.

            Lo so, è strano ma a me piace camminare, immergermi in quella fredda bambagia, sentirmi abbracciata  e tendere l’orecchio per ascoltare ogni lieve movimento, dall’incedere dei miei passi allo stroncarsi di un ramo secco. E poi mi sembra di sentire voci, tante voci lontane e confuse che riempiono un nulla che fu presenza e si trasformano in ricordi.

            Volti e persone riemergono dal passato e mi fanno compagnia nel mio andare solitario: una in particolare e risento la sua voce forte piacevolmente ironica e gentile che mi parla e mi consola.      Un soffio di vento mi accarezza il viso, sento un brivido. Mi abbraccio e non sono sola.

Voce del babbo per Sandra

Voce di babbo – di Sandra Conticini

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La tua vociona squillante si riconosceva da lontano, un po’ come la mia. Incuteva paura e rispetto, ma non per me che ti conoscevo così bene.

– Sandra sono i’ babbo –  dicevi quando mi chiamavi al telefono, ma con il tuo tono forte e chiaro potevo sentirti anche da un’altra stanza.

Me la ricordo benissimo e, ancora oggi, ogni tanto mi sembra di sentirla e ti sento vicino. Mi da sempre sicurezza e felicità, perchè insieme a lei, mi arrivano tanti bei ricordi di bambina. Ti ricordi quando mi portavi al giardino di Boboli e si correva giù per la discesa, oppure la domenica mattina mi portavi a visitare le Cappelle Medicee o gli Uffizi e mi illustravi le tombe o gli autori dei quadri, sempre con il tuo tono alto e chiaro. E’ la voce della mia infanzia, che mi ha insegnato a stare al mondo, che mi ha aiutato a capire il bene ed il male, è la voce delle mie radici, ed ora, non può che mancarmi insieme alla tua presenza.