Scampagnate in Fontesanta – di Nadia Peruzzi
Frase ispiratrice: Olivi e vigne sono sempre lì, sembrano sempre uguali a sé stessi di un tempo, ma non è così. Manca la vita che brulicava attorno a loro e quelle passioni, anche civili, che erano il bello delle nostre campagne!

Anche le case non sono più quelle. I vecchi abitanti, le grandi famiglie contadine non le occupano più. Dagli anni ‘60 in poi, man mano si sono svuotate per mancanza di braccia, visto che figli e nipoti sono andati a fare altri lavori. Sono state occupate da altri, con una sostituzione sociale che nelle nostre zone ha marcato la linea fra il prima e il dopo . Altre le storie, altri i trascorsi e i percorsi di vita.
Non sono come i Dei, che ho conosciuto da piccola. Si andava da loro a prender olio nuovo e formaggio. Erano una sosta obbligata quando si facevano le nostre scampagnate in Fontesanta . Andando a piedi, la loro era l’ultima casa che si trovava prima dell’ultima salita tagliagambe, venendo su da via Rimaggina.
Sosta obbligata . A volte breve a volte più lunga.
Col babbo e con la mamma erano occasioni per scambi di valutazioni sulla situazione politica, ma anche per ricordare i tempi in cui il babbo e altri della sua brigata scendevano per procurarsi cibo, vestiario e aiuti vari . I Dei, come tante altre famiglie contadine, sfidando il pericolo, erano protagonisti di quella forma di resistenza civile, senza la quale i partigiani non avrebbero potuto sopravvivere. Mettevano a disposizione quello che riuscivano a raccogliere anche dalle famiglie vicine. Certo dovevano fare attenzione, contare solo su quelle fidate. Le spie a quel tempo potevano annidarsi ovunque.
I Goli, i Poggiali, i Cappelletti altri che hanno dato il loro contributo fattivo e poi in tempo di pace, da militanti aprivano, volentieri le aie e le grandi cucine, in modo che le altre famiglie contadine vicine alle loro case potessero partecipare alle riunioni che la sezione organizzava in prossimità delle campagne elettorali o per discussioni di questioni importanti che riguardavano il territorio.
Mentre scrivo mi rendo conto che uso i plurali, il singolare mononucleare non era nemmeno ipotizzabile a quel tempo .
Erano famiglie numerose, costituite da genitori che abitavano con figli, nuore e nipoti . Talvolta anche le zie e gli zii se rimasti vedovi o avevano qualche problema di salute rientravano in famiglia.
Quando ci riunivamo c’era un intero mondo in quelle aie e cucine.
Dai piccoli ai molto vecchi, seduti in cerchio a dialogare.
A volte spuntava vino nuovo o vin santo che accendeva le serate sciogliendo quel che poteva essere una sorta di iniziale imbarazzo, fra il noi della sezione e il loro che ospitavano e erano lì per ascoltare.
Era invece, il bello e fecondo “noi “collettivo, in cui c’era chi aveva più parlantina e dimostrava di aver capito prima che noi si abbozzasse una qualche spiegazione e chi più zittone, parlava con gli occhi o con i gesti. Stava attento e quando meno te lo aspettavi in 2 parole, non di più, faceva sintesi perfetta e andava al punto cruciale.
Occhi attenti e partecipi. Sapevano da che parte stare.
Un mondo di persone semplici e vere che dava calore e forza, ricco di valori e di principi saldi.
Si tornava a casa a notte fonda, a volte stanchi ma con animo pieno di nuova consapevolezza, e speranza.
Era il tempo in cui il cambiamento era nell’aria e nelle cose .
Si stava anche realizzando.
Parli di un mondo che mi appartiene Sento che ne hai percepito e compreso i valori, un mondo di persone semplici e vere alle quali hai dato voce, dignità e riconoscenza. Grazie
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c’è un profumo speciale in questo racconto: condivisione.
c’è una musica delicata: noi
….ed un vento caldo che è : bandiera
e quella bellissima salita “tagliagambe” che sa di conquista, mai di solitudine!!!!
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La magia di Nadia quando riesce a coniugare tenerezza, fragilità e passione. La sua arma vincente
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