Serata spettrale (Sandra)

…continua tu…..

Incipit: Ticchetta calma l’acqua sulla tettoia e poi si addensa improvvisa in uno scroscio leggero che scivola per la viuzza avvolta dalla sera. La luna si nascondeva dietro nuvole minacciose. I nostri passi incerti sulla ghiaia tradivano la paura di quel luogo spettrale. L’assassino era nervoso, cercava niente e tutto, la spilla con la pietra verde smeraldo si incontrò con le sue mani. Tornò ai momenti più lontani quando lei gli aveva mostrato il lungo velo di tulle croccante tirandolo fuori dalla cassapanca. Uscì dal buio della stanza. Sui rami di un albero si è impigliato un lembo di plastica che si era attaccato sui rami. I raggi della luna lo illuminano, sembra un fantasma che balla.

La vendetta è un piatto freddo – di Sandra Conticini

In quella serata spettrale poteva ormai succedere di tutto, pensò.

Ma come aveva fatto ad entrare nel parco? Lei non se ne capacitava. Il muro di cinta ed il cancello erano altri quasi quattro metri e  l’allarme inserito non aveva suonato. Erano dieci anni ormai che abitava sola, da quando lui se ne era andato via e non si era più visto né sentito, sperava che fosse espatriato o, meglio ancora, morto.

Sbirciò dalla finestra della sala e vide la sua figura che si nascondeva dietro la grossa quercia, ed una cintura da uomo  ciondolava da un ramo. Al pensiero che sarebbe potuta servire per strangolarla, iniziò a tremare.

Perse la ragione, si buttò in testa il primo foulard che le capitò tra le mani, quello giallo con le rose, due dita di rossetto, un piumino sulle spalle, un bastone in mano ed uscì fuori.

Con quel buio il fruscio dei lembi di un pezzo di plastica la fecero sobbalzare ma andò avanti ed iniziò ad urlare: -Farabutto esci fuori che non mi fai paura. Torni  a farti vivo ora dopo tanti anni,  ti faccio vedere io!

Sentì  delle mani che le stringevano il collo, allora con  il bastone tirò una botta all’indietro e la presa si allentò. Si voltò e lo vide in terra sanguinante con la testa fracassata che respirava ancora. Presa dalla rabbia continuò a picchiare sempre più forte finchè smise di respirare.

Con molta calma tornò in casa, prese un bicchierino di rum e  pensò:

 – Finalmente, mi sono tolto qualche sassolino dalla scarpa, vigliacco!!!.

Racconti di paura (Stefania)

…continua tu…

Incipit: Ticchetta calma l’acqua della tettoia e poi si addensa improvvisa in uno scroscio leggero che scivola per la viuzza avvolta dalla sera (Luca M.).La luna si nascondeva dietro le nuvole minacciose. I nostri passi incerti sulla ghiaia tradivano la paura di quel luogo spettrale (Simone). L’Assassino era nervoso (Stefano)Cercava niente e tutto. La spilla con la pietra smeraldo s’incontrò con le sue mani (Carmela).Tornò ai momenti più lontani quando lei gli aveva mostrato il lungo velo di tulle croccante, tirandolo fuori dalla cassapanca (Stefania).Uscì dal buio della stanza (Stefano). Sui rami di un albero si è impigliato un lembo di plastica che si muove al vento. I raggi della luna lo illuminano: sembra un fantasma che balla (Patrizia).

Sera di paura – di Stefania Bonanni

Ad uno ad uno, erano entrati in parecchi. Del resto, la sera nuvolosa recava minacce vaghe, ma paurose. Venivano in mente fantasmi, spiriti, visioni e suggestioni. Di solito le insolite presenze mi fanno compagnia. Questa sera però, lo devo confessare, l’atmosfera era da paura. Mentre si aspettavano gli ultimi ospiti (c’erano ancora dei posti liberi), mi venne in mente un’antica storia, una strana faccenda sentita raccontare mille volte, che ogni volta mi divertiva per i particolari inediti aggiunti dall’oratore.

Cominciava nella casa di certi contadini, sulla collina dietro il fosso, nell’avvicinarsi delle nozze della figlia più piccola. Si sarebbe sposata con un giovane dagli occhi azzurri ed i modi gentili, non proprio una rarità, ma di certo un’ eccezione, tra quei campi.

La sera in cui la promessa sposa mostro’ il velo alle sorelle, successe il finimondo. Lei era la piu’ giovane, e le sorelle dissero che mai e poi mai si sarebbero fatte prendere in giro da tutti perché non avevano ancora il moroso. La sorellina non si doveva sposare. Punto.

Fiumi di lacrime bagnarono perfino il pavimento, strilli disperati si sentirono dalle case vicine, chi si voleva ammazzare, chi voleva uccidere qualcuno, chi strappo’ il velo. La promessa sposa svenne.

Passarono mesi ed anche anni, ma lei pare non si sia piu’ ripresa. Da allora comincio’ a fare strane cose, così raccontarono. Dissero di averla vista di notte camminare nel fosso, ed era sempre vestita di bianco, come le spose, come i fantasmi.

Un giorno, un brutto giorno, svenne e non si riebbe mai più. Il dottore disse che era stata avvelenata. Inorridirono tutti: a chi poteva dare fastidio una povera pazza? Poi, con il tempo, si seppero delle cose. Per esempio, che la mamma in punto di morte le aveva lasciato una spilla con uno smeraldo, e che era sparita. Intanto le altre due sorelle, che non si erano mai sposate, sembravano diventate statue di sale. Brutte erano  sempre state, ma ora erano così pallide e risecchite, che sembravano fantasmi. Sull’avvelenamento, non ci furono mai indizi di colpevolezza.

Fino al giorno in cui, al mercato, furono viste fare compere. Di già, non erano state al mercato da anni, che comprassero qualcosa poi, fu notato da tutti.

Presero una cinghia da uomo ed un foulard giallo a fiori. Non si sa a chi venne in mente, che il foulard si abbinava bene alla spilla con lo smeraldo.

Una delle due sorelle fu trovata penzoloni alla ringhiera del ponte sul fosso, con al collo la cinghia… l’ altra fu di nuovo vista al mercato, e la spilla le teneva fermo il foulard giallo. Aveva anche il rossetto.

Nel frattempo, la sala si era riempita. Dovevo ricominciare il racconto. Come ogni sera di Halloween.

Di male in peggio (Simone)

…continua tu….

Incipit: Ticchetta calma l’acqua della tettoia e poi si addensa improvvisa in uno scroscio leggero che scivola per la viuzza avvolta dalla sera (Luca M.).La luna si nascondeva dietro le nuvole minacciose. I nostri passi incerti sulla ghiaia tradivano la paura di quel luogo spettrale (Simone). L’Assassino era nervoso (Stefano)Cercava niente e tutto. La spilla con la pietra smeraldo s’incontrò con le sue mani (Carmela).Tornò ai momenti più lontani quando lei gli aveva mostrato il lungo velo di tulle croccante, tirandolo fuori dalla cassapanca (Stefania).Uscì dal buio della stanza (Stefano). Sui rami di un albero si è impigliato un lembo di plastica che si muove al vento. I raggi della luna lo illuminano: sembra un fantasma che balla (Patrizia).

PIOGGIA ASSASSINA – di Simone Bellini

Sotto questa pioggia incessante portata dal vento gelido tornare a casa era diventato un film horror, ogni passo era un tuffo al cuore.

La luna dietro le nuvole rendeva ancora più cupa l’ambientazione.

Quando d’un tratto, come uno schiaffo bagnato,un lembo di plastica portato dal vento si avvinghiò sui miei occhi

– Ahhh !!!- urlai terrorizzato, mentre gli scrosci d’acqua aumentavano a dismisura .

Riuscii a liberarmi gli occhi quando – Ahhh !!! – vidi un uomo con uno sguardo assassino, iniettato di sangue, pararmisi davanti brandendo un coltellaccio – Maledetto ! La riconosci questa ? – disse mostrando nell’altra mano una spilla di pietra verde smeraldo ed un velo a fiori macchiato di rossetto.

-La riconosci? E’ di mia moglie !  E questa? Questa cintura è tua vero ? –

La lama nelle sue mani si sollevò, scintillò illuminata dai raggi della luna.

I miei occhi terrorizzati , sotto una pioggia incessante che riempiva le strade come un fiume in piena, cercavano disperatamente di avvertire l’assassino dell’incombente pericolo.

-Non dici niente  maledetto codardo. Non cercare di distrarmi con le tue occhiate di avvertimento, non ci casco ,non c’è nessuno dietro ! Confessa maledetto, dillo glu che sei glu l’amante glu glu di mia mo.. gluglu.. glie… glugluglu.. dillooooo..gluuuuuuuu gluuuuu gluuuuuu……..

Ultimo sguardo (Nadia)

…continua tu….

Incipit: Ticchetta calma l’acqua della tettoia e poi si addensa improvvisa in uno scroscio leggero che scivola per la viuzza avvolta dalla sera (Luca M.).La luna si nascondeva dietro le nuvole minacciose. I nostri passi incerti sulla ghiaia tradivano la paura di quel luogo spettrale (Simone). L’Assassino era nervoso (Stefano)Cercava niente e tutto. La spilla con la pietra smeraldo s’incontrò con le sue mani (Carmela).Tornò ai momenti più lontani quando lei gli aveva mostrato il lungo velo di tulle croccante, tirandolo fuori dalla cassapanca (Stefania).Uscì dal buio della stanza (Stefano). Sui rami di un albero si è impigliato un lembo di plastica che si muove al vento. I raggi della luna lo illuminano: sembra un fantasma che balla (Patrizia).

Ultimo sguardo – di Nadia Peruzzi

Photo by Rodolfo Clix on Pexels.com

Girò e rigirò la spilla fra le sue mani. Provò nostalgia, ma c’era molta molta più rabbia nel ricordo di quando l’aveva regalata a sua moglie.
La mise in tasca. Non era quella che cercava, in camera da letto.
Cercava altro. Tutto quello che avrebbe potuto incastrarlo. Nessuno sapeva di lui.
Quella casa era inesistente, per tutti quelli che li avevano conosciuti prima.
Lei vi si era rifugiata, per scappare da lui. L’aveva rintracciata con fatica. Ma ci era riuscito, finalmente.
Le aveva stretto al collo la sciarpa gialla con i grandi fiori, che aveva trovato sul bracciolo della poltrona del salotto, dopo averla colpita sul volto e sulla testa con la fibbia della cintura dei suoi pantaloni.
La rabbia che da sempre accompagnava i suoi sentimenti e decideva dei suoi comportamenti, era esplosa di nuovo in violenza senza freni.
Provò a resistergli, Giulia, ma lui, che già era un uomo massiccio, aveva decuplicato la sua forza e aggressività.
Non ebbe scampo.
La lasciò in camera. La compose sul letto, così com’era. Un sacco vuoto, la faccia ferita e il volto paonazzo.
Il rossetto cremisi, caduto in terra durante la colluttazione, lo usò con spregio per violare ancora un’ultima volta quello che era stato un bel viso con bellissime labbra.
Ne uscì fuori una maschera orribile . Tanto quanto era lui, nell’anima e da sempre.
Al pallido chiarore della piccola lampada accesa sul comodino, osservò quello scempio senza alcun rimorso. Dentro di sé il ghiaccio di un cuore di pietra che non aveva nulla di umano.
Per anni Giulia lo aveva sopportato in silenzio. Fuggendo in quel luogo abitato da poche anime e lontano da tutto e da tutti aveva sperato di salvarsi.
Fino a quella sera.
L’acqua a scroscio, aveva coperto l’avanzare guardingo del suo carnefice. Nemmeno la ghiaia davanti casa si era mossa per avvertirla.
Se lo era ritrovato davanti, quando aveva aperto la porta ad un toc lieve e ritmato usato di solito dalla sua amica più cara, che abitava a pochi passi da lei.
Fuggire non era servito a niente. Quel diavolo era lì per chiudere la partita. Non riuscì nemmeno ad urlare.
Lui fu rapidissimo a togliere di mezzo il rossetto, a recuperare la sciarpa e la cintura tutta imbrattata di sangue. Ripulì velocemente ogni cosa che aveva toccato per evitare che potessero rintracciarlo grazie alle sue impronte.
Si muoveva come un’ombra nella casa buia.
La notte lo avvolse come un nero mantello quando uscì.  
Riuscì a non fare alcun rumore, come quando era arrivato.
Lo sfrigolare di quel pezzo di plastica che ondeggiava dal grande acero della casa di fronte, coprì, complice, ogni suo passo.

Assassino per caso (Rossella B.)

….continua tu…..

Incipit: Ticchetta calma l’acqua della tettoia e poi si addensa improvvisa in uno scroscio leggero che scivola per la viuzza avvolta dalla sera (Luca M.).La luna si nascondeva dietro le nuvole minacciose. I nostri passi incerti sulla ghiaia tradivano la paura di quel luogo spettrale (Simone). L’Assassino era nervoso (Stefano)Cercava niente e tutto. La spilla con la pietra smeraldo s’incontrò con le sue mani (Carmela).Tornò ai momenti più lontani quando lei gli aveva mostrato il lungo velo di tulle croccante, tirandolo fuori dalla cassapanca (Stefania).Uscì dal buio della stanza (Stefano). Sui rami di un albero si è impigliato un lembo di plastica che si muove al vento. I raggi della luna lo illuminano: sembra un fantasma che balla (Patrizia).

Assassino per caso – di Rossella Bonechi

Photo by Ahmet Yiu011fit Ku00d6KSAL on Pexels.com

…. come ballava leggera quella sciarpa gialla che non era un suo regalo. Sì, era un assassino, ma un assassino per caso non per professione, quindi aveva ucciso spinto dalla rabbia padrona, dalla paura mille-facce, dalla sua vigliaccheria e pochezza umana.

Ora raccontare tutto a quella commissaria ragazzina in tacchi alti e rossetto era come liberarsi e più spiegava e descriveva e più si sentiva leggero, quasi giustificato.

Dopo gli rilessero il verbale da firmare e gli sembrò di ascoltare il copione di un dramma da quattro soldi, una storia già sentita e già scritta che non lo riguardava, banale nella sua assurdità.

Quando lo fecero alzare per portarlo via volle aggiungere un’ultima cosa per lui di vitale importanza e cercando lo sguardo della poliziotta le sussurrò: ” io l’amavo, mi creda, l’amavo più di me stesso”.

Paura del buio (Anna)

...continua tu….

            Incipit: Ticchetta calma l’acqua della tettoia e poi si addensa improvvisa in uno scroscio leggero che scivola per la viuzza avvolta dalla sera (Luca M.).La luna si nascondeva dietro le nuvole minacciose. I nostri passi incerti sulla ghiaia tradivano la paura di quel luogo spettrale (Simone). L’Assassino era nervoso (Stefano)Cercava niente e tutto. La spilla con la pietra smeraldo s’incontrò con le sue mani (Carmela).Tornò ai momenti più lontani quando lei gli aveva mostrato il lungo velo di tulle croccante, tirandolo fuori dalla cassapanca (Stefania).Uscì dal buio della stanza (Stefano). Sui rami di un albero si è impigliato un lembo di plastica che si muove al vento. I raggi della luna lo illuminano: sembra un fantasma che balla (Patrizia).

Filastrocca nel buio – di Anna Meli

            Quando uscimmo dal cinema la pioggia cadeva ancora leggera. Ci incamminammo per quella viuzza buia con l’intenzione di arrivare prima a casa. Poi la pioggia si infittì fino a rendere difficile il nostro andare. Solo un vecchio lampione, là in fondo, emanava una luce giallastra per niente rassicurante.

            Mia sorella scivolò sulla ghiaia: i suoi piedi si erano impigliati in una cintura da uomo abbandonata lì chissà da chi e da quanto tempo. Riuscii a sostenerla e, in quel momento, il suo foulard giallo volò via nel vento. Irrecuperabile.

            Lampi sinistri illuminavano a tratti il cielo. Uno spicchio di luna si era perso fra le nuvole. Il buio era completo e nero.

            Fortuna che riuscivamo ad illuminare i nostri passi col telefonino.

            Le nostre menti, anche se in modo diverso, erano occupate dalle notizie della TV sui femminicidi giornalieri e non riuscivamo a parlare d’altro. Proposi di cambiare argomento e di cantare a bassa voce una canzoncina – filastrocca di quando eravamo bambine, ma ciò fece soltanto aumentare la paura. Ci stringemmo l’una con l’altra proseguendo il camino.

            Eravamo abbastanza vicine a casa e allungando il passo saremmo arrivate presto. Giunte a breve distanza vedemmo filtrare luce dalla persiana e in quel momento una figura nera sgusciò dalla porta sparendo nella notte come uno spirito maligno.

            Paura è dir poco, ma entrammo, sbigottite a quella vista. La casa era a soqquadro: il vecchio baule della nonna, rovesciato in mezzo alla stanza, mostrava stoffe ricamate, centrini, cose di altri tempi insieme al suo velo da sposa ingiallito. Mancava anche la sua spilla di smeraldi ed altre cose preziose lì nascoste.

            Corsi a chiudere la porta; in quel momento un sacchetto di plastica portato dal vento volò nella notte nera. Ebbi un brivido e lanciai un urlo.

            Nello specchio dell’ingresso imbrattato col mio rossetto si poteva leggere: “tremate sorelline tornerò. L’uomo nero.”