I RUMORI – Il mulino

Il granturco al Mulino di Montemignaio – di Daniele Violi

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Ho avvertito e percepito al buio i suoni e rumori dovuto al movimento di: 1° scatola di plastica come tamburo. 2° rumore di foglio di nylon 3° palline in contenitore. 4° caramelle in barattolo di vetro.

Nel buio mi trovo a mio agio. Nel buio i rumori accrescono la capacità di carpire dentro, tramite immaginazione ed orecchio, è una spinta forte di curiosità; come un gioco che, con me stesso metto in campo. Voglio rendere reale lo scenario è la fonte di questi rumori e suoni.

Semi di Granturco.

In un periodo annuale dopo l’estate, mi capitava una volta alla settimana di andare al Mulino ad acqua dei Fratelli Grifoni, in una frazione di Montemignaio. La mia venuta era dovuta alla possibilità di utilizzare un particolare contenitore presente tra i vagli che aveva la funzione di setacciare dopo l’operazione di trebbiatura manuale, le spighe selezionate di una varietà di Frumento, che raccoglievo nelle molteplici parcelle di terreno che costituivano le prove di sperimentazione che seguivo nella mia attività lavorativa in Val d’Arbia. Il Mulino ad acqua in piena efficienza sempre e da illo tempore aveva un vano sopra il canale di acqua, che ospitava le pietre molari movimentate dal ritrecine sottostante. La molatura in special modo dei semi di granturco, cariossidi di pezzatura più grossa rispetto ai semi di frumento, causava un rumore più acceso, che io percepivo dal locale accanto dove con attenzione cercavo di selezionare chicchi di grano con aspetto di crescita maggiore, che venivano impiegati per sviluppare una maggiore possibilità di resa e produrre spighe più forti e resistenti. Tutto il trambusto quasi come un ritmo, che veniva dal vano accanto accompagnato dal rumore dello scorrere dell’acqua sottostante, ricreava una immaginaria musica caraibica, accentuata talvolta dalla molatura di castagne secche molto più chiassosa. Tutto pareva magico e antico.

                                             

I RUMORI – Il treno a vapore

La veletta sul treno a vapore – di Sandra Conticini

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Avrei sempre voluto fare un viaggio su quel treno a vapore degli anni quaranta. Che emozione doveva essere intraprendere un viaggio, tante persone di quegli anni se ne sono andate senza riuscire a vedere il paese accanto a dove abitavano, una realtà che ormai non riusciamo a capire.

Riesco ad immaginarmi con la veletta nera sul viso, un bel  tailleur nero con  gonna con lo spacco,  giacca attillata  ed il  collo e manicotti di pelliccia , calze a rete e scarpe a punta con tacco  fine.  Intanto mio marito mi porge la mano per aiutarmi a salire su, perchè il tacco delle scarpe rischia di rimanere incastrato sui gradini bucherellati  del treno e con quella gonna stretta lo spacco rischia di rompersi!

Intanto i servitori  caricano i  bauli pieni di vestiti e le cappelliere. Sì perchè ogni vestito aveva il suo cappello.

Chissà se questo tipo di vita sarebbe stato adatto a me, credo proprio di no.