Regali: Carla a Patrizia

Per Patrizia – di Carla Faggi

Un pacchetto di carta verde perchè il verde è un colore che sento adatto a Patrizia, il verde è tranquillità, è appagamento, è esserci dopo tanta pazienza, ricerca, ma è anche il colore della continuità e dell’appartenenza.

All’interno del pacchetto verde un mazzo di fiori di campo, che mi ricordano un bello scritto di Patrizia che mi aveva colpito molto ed anche perchè i fiori di campo sono semplicità, bellezza e varietà.

Un po’ come lei che è tante cose, tanti interessi, e soprattutto tanta spontaneità.

Ci saranno margherite che come Patrizia sono fiori del popolo con misteri di magie amorose che ci ricordano come si può essere regine e belle con pochi fronzoli.

Ci saranno i crochi gialli che ci annunciano che l’inverno sta finendo ed è arrivata la primavera. Ora  si gode cara Patrizia di quello che si è costruito, con tranquillità e saggezza.

Poi ci saranno tanti altri fiori di ogni colore e specie, perchè tanti sono i tuoi interessi e tante le tue sensibilità.

Nel pacchetto c’è anche un libro di Casprini su Fonte Santa con l’intenzione di ripercorrere insieme quei sentieri sulle colline della tua Antella perchè Patrizia è attaccata al suo paese, ci racconta nello scrivere i suoi ricordi, la storia dell’Antella, delle sue genti, le tradizioni ed il carattere degli abitanti.

Regali: Stefania a Sandra

Una miscela esplosiva – di Stefania Bonanni

Vorrei regalare a Sandra una miscela esplosiva. Un insieme di sostanze che fosse possibile racchiudere in una scatolina per poi schizzare fuori all’apertura, che quei giochi antichi che liberavano burattini che scattavano srotolandosi.

Nella miscela metterei: due atomi della registrazione di una risata lunga e sonora della Sandra stessa, che è sempre un regalo per chi ride e per chi ne gode, due idrogeni di lettura dell’ “ode della patata” di Neruda, registrata mentre legge, per esempio, Simone Rovida, infine il video girato durante una mattinata serena, dal titolo “riso a crepapelle”, ed erano frittelle.

Poi nella scatolina ci metterei il regalo vero e proprio, che secondo me deve avere queste caratteristiche: essere una cosa che fa stare bene, essere qualcosa che la persona a cui si dona non si comprerebbe mai da sola. Io a Sandra comprerei un abbonamento per una decina di giri sulla giostra di Piazza della Repubblica, quella dorata con i cavalli e le carrozze. Una decina di giri dovrebbero bastare per un pomeriggio indimenticabile, da far girare la testa.

Definizione del nostro incontrarsi:

“Un posto dove ognuno parla ed ognuno ascolta: e già questa è una rivolta.”

Regali: Anna a Stefania

Orchidea per Stefania – di Anna Meli

Ti ho conosciuta negli anni 70.

            Eri una ragazzina vivace e sbarazzina, molto graziosa con due occhi neri stellati che esprimevano tanta voglia di vivere e felicità.

            Non avevamo ancora rapporti di amicizia, la nostra era solo una conoscenza superficiale e nonostante provai subito verso di te una grande simpatia

            Lavoravo vicino casa tua e ti vedevo spesso quando ti incontravi con i tuoi amici allegra scherzosa e spontanea: così ti sei mantenuta.

            Per un po’ di tempo, avendo avuto un trasferimento di lavoro, non ti ho più incontrato; ma un giorno uscendo da Messa ti trovo lì sullo spazio davanti alla chiesa, te col tuo Paolo, io col mio Mario.

            Ci siamo abbracciate commosse ed è stato come se il tempo non fosse passato, anzi la lontananza ci aveva unito ancora più forte e si manifestava in quel momento come non mai.

           Oggi ti ho invitata a casa mia e sapendo quanto ti piacciono i fiori, voglio regalarti una delle mie orchidee. Le più belle stanno già per sbocciare.

            Sarà di colore rosa a fiori grandi, rosa sfumato come quei tramonti che tu ammiri tanto, rosa come la speranza, come l’amicizia e so già da ora che lo gradirai e aspetterai ogni anno il suo rifiorire come la nostra amicizia.

Commento sui “Regali” tra Matite

di Cecilia Trinci

Anche se i “Regali” non sono stati ancora tutti inviati (perchè le Matite sono così, chi arriva prima, chi dopo, chi ha impegni e rimanda, chi si riduce all’ultimo minuto….e ormai le conosco tutte e ci sorrido, su tutte queste modalità) mi sento di farvi anche io un regalo.

Pagine dolcissime queste su questo “gioco”, inattese, nonostante mi sia abituata alle vostre sorprese. Quelle spinte a scrivere che ora chiamiamo “giochi” voglio che restino così, quasi carezze non troppo impegnative, un sussurro in un orecchio, per ricordare che il cuore non è solo un muscolo, che i nostri incontri non sono abitudini, che vedersi e cercarsi non è obbligatorio.

Qualcuno ha detto che per conoscere noi stessi occorre il confronto con gli altri, come se la nostra immagine ci apparisse dall’impronta che lasciamo su chi ci sta accanto, da come ci aiutano, loro, a vederci. Nessuno più di me ne è convinto: il confronto, l’incontro ci fa specchio, ci rende consapevoli, oltre che “non soli”.

Non è stato facile raggiungere Rossella, trovarla attraverso i rovi che lei stessa ha per tanto tempo messo a sua “difesa”, come dice Nadia e come ognuno di noi può confermare. Ma nessuno, in questo gruppo è facile da trovare, comprendere senza sapere tutto della sua vita. Abbiamo condiviso profondità da abissi oceanici. Questo unisce.

Vorrei regalare a Rossella un paio di occhiali rosa. Ieri mio nipote piccolo si è messo i miei occhiali da sole e mi ha chiesto “perché ti vedo nera, nonna?” Ecco io vorrei trovare occhiali con le lenti rosa perché Rossella si guardasse intorno e un paio di forbici da giardino per potare i rovi dietro cui si nasconde. Un rossetto fucsia per camminare al sole e essere orgogliosa di sé.

Vorrei regalare a Carla un sacchetto di biglie di vetro, per giocare come fossimo tornate bambine in un giardino della mia infanzia. Vorrei giocarci a “campana” e a palla prigioniera come facevo da piccola con una certa Gianna, che non ho più rivisto e che cerco da 60 anni.

Vorrei regalare a Carmela una gonna a ruota di seta blu perché indossandola facesse volare la stoffa e il blu in un girotondo felice, confondendo passato e presente, e vorrei che anche il suo collegio si colorasse di blu, e con quella gonna ci potesse tornare a volare, lungo i corridoi, cantando canzoni antiche.

Vorrei regalare a Sandra una chiave che apra tutti i cassetti e che da uno di questi saltasse fuori, come una magia da prestigiatore, la potenza dei suoi anni più belli. La chiave dovrebbe aprire anche gli altri dove ha riposto il suo passo veloce, l’ottimismo, lo sguardo sereno e i capelli rossi del primo giorno.

Vorrei regalare a Stefania un bastone nodoso di legno di faggio. Di faggio era la camerina di mia figlia, un legno chiaro, solido, ottimista, costruttivo e sereno. Il legno delle foreste con le foglie dentellate, profilate, gentili. Il legno delle foreste abruzzesi, di gente generosa e sincera, che sa ascoltare e capire e ricambiare qualsiasi piccolo piacere con sorgenti di riconoscenza e calore.

Vorrei regalare a Gabriella un cappello di paglia, con ampie tese, piene di ogni bellezza: veletta, uccellini, frutta rigogliosa e colorata, perché so che la sua enorme femminilità reggerebbe il peso di decorazioni mai troppo cariche per lei. Una donna con tante donne dentro, misteriose e sconosciute, una matrioska di donne emozionanti e passionali. Una veletta per l’educazione, uccellini per il suo canto in gabbia, frutta per la passione che nasconde.

Vorrei regalare a Tina il cestino da lavoro di mia nonna, con le forbici da ricamo di gusto liberty, gli aghi di tutte le fogge per ogni tipo di filo e per cucire qualsiasi stoffa, vera, cercata o inventata, aghi per seta volante, aghi per lana amorosa, per canapa grezza, per lenzuola di lino, per tende, o per attaccare bottoni e ferite aperte, per cucire dolori o paure, per ricomporre fratture, per costruire ponti e case e villaggi e piccole tane sicure.

Vorrei regalare a Patrizia una finestra sul mondo, senza tende, dove soltanto affacciandosi, potesse vedere sentieri e case, ponti e oceani, città, storie passate, prati e spiagge, grandi famiglie riunite e panchine con mamme e vecchi, con bambini e passeggini, e con tutti e a tutti lei parlasse di pace.

Vorrei regalare a Nadia una macchina del tempo perché potesse passeggiare in su e in giù per la sua storia rivivendo a suo piacere qualsiasi attimo o periodo della sua vita, viaggiando in un luogo dove è difficile andare senza un biglietto speciale. Con la sua valigia minimale, con le carte su cui ha segnato i punti più importanti, con il suo sorriso rarissimo e le sue lacrime ancora più segrete. Ma con l’obbligo di tornare sempre perché la vogliamo qui.

Vorrei regalare a Vanna un diario con la copertina verde prato e una penna d’oca del Giardino delle Esperidi perché ci racconti chi è, chi vorrebbe essere, e, da esperta di ascolto, si dedicasse a se stessa e alla gioia di una vita lucida, “verde” di fiori e di erba bagnata, profumata di fieno e di mare.

Vorrei regalare a Simone un megafono per raccontarci, a tutta voce, davvero Firenze, in tutti i modi e in tutti i cieli, in tutte le ore e con tutti le stagioni. La “città più bella del mondo” come sempre ci dice e un piedistallo su cui potesse salire per sovrastare la media dei cantori e dei narratori. Da lì tutti lo ascoltaranno. Anche lui stesso si ascolterà.

Vorrei regalare a Mimma una collana di perle. Bianca come la sua anima bimba, ogni pallina un desiderio realizzato e primo fra tutti tornare a ridere di pancia, con la testa indietro, gli occhi brillanti e la sua curiosità saziata, con la generosità nelle mani. Il suo ridere senza invidia, senza conoscere malizia, senza rimpianto, senza paura del futuro. Il ridere dell’amicizia non contaminata dal dovere.

Vorrei regalare a Anna una lampada a petrolio di mio nonno. Un oggetto raro, antico, molto bello, che illumina con discrezione, che sta su un tavolo di legno massiccio come la sua storia, che rischiara la via davanti a noi, per andare sempre, per non fermarsi, ma con garbo, con delicatezza, con l’immortalità di un oggetto d’arte che viene dalla vita vera, vissuta, dalla vita guadagnata.

Vorrei regalare a Lucia il mio mazzo di tarocchi perché sono immagini simboliche dipinte, sono personaggi e segni, numeri e presagi. Sono carte piene di anni e anni di divinazione fatta di buon senso e fantasia, di ascolto e sostegno. Sono ciò che resta di tante storie, racconti e cammini. Sono lo sguardo vicino e quello che si ha.

Vorrei regalare a Laura la mia piramide di cristallo. Spande intorno una luce multipla, prismatica, che si divide in mille linee colorate, ognuna va per la sua strada, toccando e tornando indietro. Il centro resta immobile, osservatore, dispensatore di un sicuro punto di vista incrollabile. Il cristallo pieno di minerali, ma purificati da un fuoco vivace, che trasforma gli spigoli in luce.

E a chi ci ha lasciato per vari motivi regalo le nostre parole e il mio ricordo grato.

Regali: Patrizia a Mimma

La collana magica – di Patrizia Fusi

Vorrei regalare un cosa mia a Mimma, sono indecisa su cosa, penso e giro lo sguardo intorno a me su quello che mi circonda.

 Le tre mezzine di rame di dimensioni diverse?

 La brocca in rame con beccuccio, coperchio a punta con disegni floreali e sbalzi,  imperfetto, ma lavorato e martellato a mano?

O un carillon a forma di mulino con la lanterna che illumina?

No sono oggetti troppo ingombranti so che deve cambiare casa, dovrà separarsi di cose a lei care.

Per questo motivo ho deciso di donarle una mia collana di vetro di colore turchese che non occupa posto.

La vedo adatta a lei, e vorrei che quando la indosserà  faccia la magia di farla essere più serena.

Questo piccolo pensiero e per ringraziarla di avermi portata nel gruppo tanti anni fa, e per la persona cara che è.

 Grazie Mimma

Regali: Nadia a Lucia

Intrecci per Lucia – di Nadia Peruzzi


Mi dispiace, cara Lucia, non avere qui con me la cosa a cui ho pensato subito dopo aver scoperto che eri tu la persona a cui avrei dovuto fare un dono.
Pur non avendolo, lo considero prezioso anche perché è figlio di un intreccio e di una relazione ulteriori. E’ Rossella che mi ha fatto scoprire, al mercato di Antella,  il banco che è origine di tutto.
E a proposito di intrecci, il dono è lui stesso un intreccio.  Intreccio di vimini che lasciano intravedere il lavoro di mani esperte nella raccolta di ciò che serve e di ingegno e inventiva per dare la forma dovuta rispetto al caos iniziale di stecchi apparentemente senza vita.
Perché questo cestino di vimini proprio a te, Lucia?
Perché nei tuoi scritti sempre si ritrova un ambiente che io non ho vissuto dall’interno, ma sento come parte irrinunciabile di me, dei miei pensieri, dei miei sentimenti. Ho nostalgia per quel contesto . Una nostalgia da groppo in gola ogni volta che ricordo le famiglie contadine che ho conosciuto nelle campagne attorno all’Antella da bambina e da adolescente. Una nostalgia che riaffiora fino a farmi commuovere ogni volta che ricordi il tuo babbo, rievochi il mondo contadino, e anche per soli accenni fai intravedere la sua essenza, la sua forza, il suo stare con i piedi per terra, quell’essere solido pur nella semplicità, e solida espressione di grande civiltà anche laddove non supportato da tanta scuola o da titoli particolari.
Cara Lucia mi fai pensare ad una casa di campagna in una giornata di sole, con attorno tanti alberi pieni di frutta, fiori dappertutto, un pozzo in mezzo all’aia, e persone indaffarate ma che si muovono in tranquillità e pace in scambio con una natura madre e non matrigna.
Sull’orlo del pozzo, o su quel muretto che delimita a destra il confine dell’aia,  il cestino di vimini potrebbe starci benissimo.  Magari con un geranio rosso dentro.