Personaggio piuma: Rossella

Leggera – di Rossella Gallori

foto di Lucia Bettoni


Si era spogliata di tutto, o quasi, aveva indossato un top trasparente, il nulla con le spalline, i pantaloni di garza impalpabile nascondevano i piedi nudi, la bandana fucsia di seta terminava con microscopici campanellini, che ad ogni sua risata brillavano, ballando..
Leggera, percorreva le piccole strade del centro, senza toccare terra, i capelli increspati scendevano morbide sulle sue spalle tatuate dai sogni..
Senza età, senza peso, senza ancore, senza rancori, raggiungeva il suo sogno ogni sera, quella piazza che amava da sempre, che la faceva sentire unica, trasparente, luminosa…
Il suo posto: un grande cuscino di velluto morbido e gigante su quei gradini accoglienti, il calamaio a destra con l’ inchiostro bleu, la piuma d’oca lilla con il pennino mai spuntato tra le dita….scriveva sogni su un blocco illuminato da una luce pallida e profumata, che regalava con un sorriso ed un piccolo bacio…
Ad ogni parola gli occhi si socchiudevano, immaginando, stelle, luna, amore, dalle sue labbra mille piume impalpabili dai colori delicati raggiungevano il cuore…
Leggera, priva di ansie, di incubi, di dolori, all’ alba riprendeva la via di casa, percorrendo quasi volando, le stesse stradelle.
La sua casa tra nuvole di panna montata, senza porte, dalle finestre spalancate un forte profumo di vaniglia raggiungeva Dio…..

Peso piuma

Piume leggere – di Mimma Caravaggi

Chiunque può venire in possesso di una piuma. Puoi trovarla casualmente persa per caso da un piccolo pettirosso durante il suo leggiadro volo libero. Una piuma che si stacca dal suo corpicino per volare anche lei leggiadra con piccole evoluzioni che ti affascinano nel guardarla cadere rovinosamente e velocemente a terra in un batter d’ali. Una piuma che solo toccarla mi da la sensazione di sfiorare uno stupendo panno di velluto di seta incorporeo, affascinante per la sua composizione. Come vorrei imitarla così, solo una volta per caso, sentirmi leggera e felice di librarmi in aria fino a cadere precipitosamente a terra, dispiaciuta di riprendere tutto il mio peso corporeo. Lo accetto!

Le piume sono come i sogni

Piume – di Patrizia Fusi

foto di Patrizia Fusi

Non sono riuscita a trovare delle piume nei posti dove vado a camminare, me le sono fatte dare da mia figlia, una è una penna rossa per scrivere, l’altra di fagiano, color avana con delle striature più scure, ho cercato di farla volare, ha un volo diritto e rigido, cade subito non volteggia.

Io vorrei essere una piuma leggera, morbida, soffice e bianca, lasciarmi andare, farmi portare nei miei sogni, che non sempre conosco.

La casualità e la mia voglia di conoscere mi ha fatto incontrare il gruppo delle Matite, che mi ha fatto volare con la fantasia, mettere su carta le mie emozioni, con alcune incertezze, ma la tenacia mi ha fatto continuare.

 Non voglio chiuderla in un libro la mia piuma, vorrei farla ancora correre leggera, da un’emozione all’altra, vorrei che mi accompagnasse ancora nei miei sogni.

“Chiunque può amare chiunque”

Chiunque…Chi – di Rossella Gallori

Ci ha sempre separato una piccola piuma, a volte quella del collo di un’oca nana, a volte una piuma sfacciata di pavone gigante

Una rossa piuma intrigante unì il tuo dorso al mio seno.

Chi ha detto che non ti posso amare?

Chi ha soffiato per primo sulla magia di un incontro?

Forse quella finestra spalancata e quel vento forte ci han riempiti di ali microscopiche e leggere!

Starnutivo io, ridevi tu, mi baciavi   piangevo…lacrime di gioia…

Le penne tra le labbra, gli occhi arrossati, nebbia di piume!

Una mano si allunga e tra noi una penna verde, semaforo  luminoso ed immobile, non ci fermavamo più.

Chi ha detto che non ti posso amare?

 Resti di un boa di struzzo, fili sottili, colorati e magici.

Chi ha detto che non ti posso amare?

Piume d’ argento i tuoi capelli, riccioli di piccione i miei.

Chi ha detto: non ti posso amare, chi ha scritto con la penna d’ oca maligna…quel no?

Smetto di scrivere, accarezzo seta con l’anima, corta e morbida, un piumaggio leggero, che non sfugge al mio soffiare, ne  aggiungo ad altre, altre, ed altre ancora…..un ventaglio assurdo ed impalpabile….

Chi ha detto che non ti posso amare, chi? Chi?

Personaggi piuma: Laura

Vivere come una piuma – di Laura Galgani

Le piaceva moltissimo lavorare ai complicati strumenti di bordo volteggiando da una consolle all’altra così, senza peso, con le gambe tirate su, in orizzontale, come se stesse galleggiando su un fluido invisibile.

Gli anni di studio, poi di duro addestramento, si erano condensati in un modo di essere che faceva parte di lei con naturalezza. Conoscenza e volontà si erano fuse insieme e la sostenevano in ogni istante. E poi c’era l’amore. Quello per la più piccola particella e quello per l’infinito, che da lassù sembrava di poter abbracciare.  

Pensava a sé stessa come ad un minuscolo granello di polvere, insignificante eppure prezioso. Stava lassù, nella stazione spaziale, a studiare procedure e a svolgere esperimenti, con un entusiasmo che solo da bambina aveva provato, giocando con tutto ciò che trovava, in soffitta o in giardino.

Fin da allora trattava ogni oggetto, pianta, animale, con la leggerezza di una piuma portata dal vento che all’improvviso si stanca e si posa, senza ferire. Sentiva di portare in sé qualcosa di ogni creatura e tutte le parevano animate da un soffio, da una luce.

Tenacia e pazienza l’avevano portata fin lassù. Fra i riccioli biondi teneva ancora tre piccoli fermagli a pinza di quando era adolescente, con buffe facce di orsetti e uccellini che facevano capolino fra un ciuffo e l’altro.    Si sentiva ancora un po’ ragazzina, in fondo. Anche dentro alla goffa tuta che indossava durante le passeggiate nello spazio. In quei momenti solo un filo la teneva legata alla stazione spaziale, alla vita, paradossale e normale al tempo stesso, che si era scelta.

L’ultima volta che si era lanciata nel vuoto aveva pensato per un attimo che in fondo sarebbe stato bello se il cavo non avesse retto; si sarebbe lasciata andare e avrebbe potuto nuotare nello spazio, fluttuare e rotolarsi fra le stelle sopra di lei, sotto e ovunque. La Terra lì davanti a lei ancor più bella, azzurra, l’avrebbe amata ancor di più, e si sarebbe data con un ultimo slancio al suo abbraccio materno.  Poteva esserci un modo più bello di morire?

Il sole balenato all’improvviso da dietro la Terra l’aveva riportata come con uno schiaffo alla sua parte più razionale. Aveva completato rapidamente la procedura di reset di alcuni strumenti e aveva dato l’ok per il rientro.

Quella notte sia era addormentata senza paura, perché aveva intuito che non era mai nata e mai sarebbe morta, che tutto esisteva in lei come nell’universo, che niente aveva inizio e niente aveva fine, che tutto ciò che è, è perfetto e continuamente si trasforma. Almeno nel precario istante dell’intuizione.   

Chiunque è unico

Risuonare nella stessa melodia – di Laura Galgani

Foto di Ri Butov da Pixabay

Ciascuno è unico. Questo significa “chiunque”. Chi – è – unico.

Tutti siamo unici. Di ciascuno ce n’è uno solo.

Allo stesso tempo, però, siamo replicanti, cloni, avatar, copie di quell’unico, primordiale modello partorito dalla mente di Dio.

Chiunque è il riflesso di quel disegno perfetto che esisteva già, in incognito, fin dalla prima oscillazione dalle particelle in seno alla materia condensata, presente ancor prima del Big Bang.

Eppure a Dio non veniamo mai a noia, nonostante ci replichiamo da duecentomila anni, pressoché sempre uguali.

Ho consapevolezza di questo?

Che anche io sono “chiunque” – cioè estremamente uguale e allo stesso tempo enormemente diversa da tutti gli altri esseri umani?

Mi piace soffermarmi su quanto di bello, di rassicurante, io trovi in questa verità: se riesco a mettermi in relazione con ciò che nell’altro è identico a me, avrò sempre qualcosa, qualcuno, in cui rispecchiarmi.

Non sarò mai sola.

Non ci saranno barriere invalicabili fra me e il cuore di un’altra persona.

Senza per questo volerla possedere, cambiare, manipolare.

Semplicemente per risuonare l’uno nell’altra, sentirsi fratelli, vibrare per un attimo al suono della stessa melodia.

Piume che non servono a volare

Piume – di Stefania Bonanni

Ogni volta che un sogno rimane nei pensieri, senza diventarne padrone. Ogni volta un dono leggero e pieno di candore, aiuta i pensieri a trasformarsi in piume candide, capaci di donare luce alle cose che toccano. Sogni piccoli, piume che non servono a volare, di quelle bianche e morbide che nei sogni volano senza essere attaccate alle ali di nessuno, ma sono le prime alle quali si pensa se si pensa alle piume. Come fiocchi, farfalle,  ballerine, fiori sbocciati dalle  nuvole,  come la grazia, la leggerezza, la bellezza,  come quello che si può perdere, ed a volte basta un attimo.

Chiunque è ovunque

Chiunque – di Lucia Bettoni

Foto di Lucia Bettoni

Chiunque è l’altro
Chiunque è l’attimo
Chiunque è l’umanità
Umanità sulla punta delle dita
Umanità accolta
Umanità abbracciata
È un viaggio insieme
È un viaggio ovunque

Chiunque Ovunque

È una serenata sotto la finestra
la finestra di chiunque ovunque
È attraversare il fiume con il sole
con un amore mio ovunque

Chiunque è come spolverare l’aria

Chiunque si può amare ovunque
Ovunque si può amare chiunque

Bello come un girotondo
Libero come il canto del lupo

Canto per te amore e non per chiunque
Un canto senza fine che si sentirà ovunque

Abbiamo parlato di…. – con Simone Bellini

Piume…..

……ma anche di candore, tenacia, casualità e chiunque

Le piume volano e toccano vari aspetti del nostro vissuto

CANDORE – di Simone Bellini

Mi sei passata davanti leggera, ondeggiando al vento, trascinando il mio sguardo meravigliato dal tuo leggiadro candore, mi sei venuta incontro con piccole allegre piroette e ti sei seduta accanto a me, il tuo candido sorriso armonioso si posò sui miei occhi come un dono della vita.

Simone   2021-11-03


La forza di una piuma

incontro del 3 novembre 2021

Una delicata favola del film Forrest Gump, del 1994, a cui vogliamo credere.

Molti sono i messaggi, la prima questa piuma volante, (guidata dal caso o dal destino?) che ci guida nella scena dell’inizio e che ritroviamo in quella della fine: un ciclo di vita e di casualità, di occasioni raccolte nel modo migliore, che si chiude in un cerchio d’amore. Perché……

……..Chiunque può amare chiunque.

Ombra mancante

Ombra mancante – di Luca Di Volo

Ombra, mia cara ombra

Conforto di luce, fedele compagna

Di giorni assolati

Di dolci d’oro mattine,

sposa del sole divino

Quando impertinenti le nubi

Coprono l’astro

O quando nel cielo di velluto

Nottilucente di stelle misteriose

Per noi mortali il sole si addormenta

Ombra, mia cara ombra

Dove riposi con le tue compagne?

Io non ti vedo e mi smarrisco

Purtuttavia io sono

Ti sopravvivo o mia sorella

Dove tu non puoi essere

Ma quando finalmente

Dal sole baciata, io ti rivedo

Un dolce abbraccio

A te mi unisce, una cosa sola

Io e te e la luce bella

Del giorno che tutto l’orizzonte infiamma.

E io torno a vivere.

Due novembre

MEMENTO MORI – di Vanna Bigazzi

Chiudo gli occhi e fantastico, cosa sto facendo? Non ho certezze ma l’immagine c’e` dentro di me, ombre che vivono in noi. Sono entrate nell’attimo fuggente che libera dal presente, intento a ribadire quello che siamo. Tutto passa ma non le immagini che riescono a farci rimanere con chi non c’e` piu`. Parliamo pure con i nostri morti, ci riuniremo, in questo modo, con quell’energia eterna fuori dal tempo. Integriamoci con il tutto, anche con la realta` di essere finiti. Solo cosi` potremo star bene. Non sta bene chi non sa includere nel proprio percorso di vita la realta` della morte. La non accettazione provoca uno spacco, una frattura nel nostro essere, che spesso l’uomo esorcizza con alcool, droghe e farmaci, triste realta` del nostro mondo giovanile. Insegniamo ai nostri figli, ai bambini, il culto delle tombe.

OMMMBBBBRA VIBRANTE

OMBRA – di Mimma Caravaggi

L’ ombra di solito mi fa paura. Se vedo venirmi incontro un’ombra all’improvviso faccio un salto per la paura percepisco l’ombra più in fase negativa che positiva. Le nuvole fanno ombra e coprono il sole ed è un peccato. Ho visto solo un’ombra e mi sono spaventata. Quindi per me prevale il lato negativo della parola. Se penso al suono che si emette pronunciandola è tutto diverso. E’ un suono armonioso che non mi incute pura ma mi piace ripetere la parola più volte ed è quasi canzone.

Il muro delle ombre

Il pianeta Ombre – di Stefania Bonanni

Foto di Adina Voicu da Pixabay

Ho sempre sognato  che ci sia un posto dove trovino senso le cose che senso comune più non hanno. Le cose che si sono perse, gli orecchini spaiati, le cartoline testimonianze di vacanze da bambini, i grembiuli della prima volta a scuola, uno dei calzini forse mangiato da qualche strana creatura che vive nel cestello della lavatrice, e per l’appunto, le ombre. Quei disegnini che hanno animato mura ed asfalto, e poi non hanno più trovato corrispondenza. Improvvisamente non c’era più chi vi si adattasse perfettamente, non erano ancora replicabili. Milioni di ombre che cercano l’originale. Forse un pianeta sconosciuto, di un’altra galassia, di un’altra dimensione, dove contano i piccoli gesti, dove non si perde nulla, dove le ombre vivono una vita autonoma, anche nel buio anche nel vento, anche nell’acqua. Provocano piccoli soffi, a volte un brivido nell’afa soffocante, a volte il tremito di una tenda, a volte il calore di uno sguardo, a volte l’infinita solitudine di stare con la gente, a volte la voglia struggente di ricordarle, di ricordare le ombre.

Quando la mia famiglia era un’altra, una della quale io sono frutto e si viveva nella casina vicina al fosso, davanti alla porta c’era un grande muro bianco.  Capitava che chi stava sulla soglia con la porta aperta, venisse come fotografato sul muro davanti. Era la finestra di cucina,  sulla parete opposta alla porta, quando c’era il sole. Sul muro si dipingeva una figura nervosa, con tanti capelli  la sigaretta penzoloni alla sinistra delle labbra, le gambe magre nei pantaloni sempre un po’ larghi, pronte a muoversi in passi lunghi ma veloci, nervosi anche quelli. Quest’ombra restava pochissimo,  subito si perdeva nel sole, pronta a farsi rivedere su altre pareti, forse. Poi compariva un’ombra morbida, sinuosa, tranquilla, che aveva tutto il tempo di scrivere un’ombra serena, fatta di gesti lenti e familiari. Un’ombra con in mano un cencio per spolverare, o la scopa per pulire gli scalini, e che poi rientrava in casa, ed in quel momento aveva il sole in faccia, e, sono sicura, gli occhi sorridenti.

Poi arrivava l’ombra lunga lunga e secca secca di una figura con una strana architettura in testa, vesti lunghe, diritte, tutte abbottonate, che non svolazzavano mai. La strana pettinatura era una grossa, lunga treccia grigia, che girava tutt’intorno alla testa, che nell’ombra sembrava un intreccio di paglia, simile a quello che ornava la base dei fiaschi. La nonna usciva svelta, le piaceva essere di corsa. Aveva sempre qualcosa sul fuoco, paura si attaccasse.

C’erano anche due figure piccole, ombre di bambine con i codini. Una un po’ piu’ alta, più magra. Una più biondina, ma le ombre erano simili.

Tutto disegnato su quel muro che ha ripetuto gesti, pettinature, gambe che crescevano, vestitini larghi e ricamati, forse anche ginocchia sbucciate e nasi mocciosi.

Io sono tornata, a guardare il muro, ed è sempre tutto lì,  se ci si ferma e si “vede”, con un pò’ di languore e tanta gratitudine.

Tu chiamale, se vuoi, …ombre.

Ombra allungata

L’ombra – di Stefania Bonanni

foto di Lucia Bettoni

Diffido di chi sembra non avere parti oscure.

 L’ombra definisce i contorni e rende vero, mette nero su bianco e mescola le figure vicine che si penetrano diventando  cosa sola.

L’ombra allungata dal  sole stanco regala gambe lunghe e braccia capaci di abbracciare interi palazzi

E nei giorni in cui ti sembrerà che il mondo intero ti schiacci la schiena nessuno sarà capace di trattenere la tua ombra.

Ombre lontane

OMBRE – di Anna Meli

            Passeggiava lentamente in quella stradina sterrata che conduceva in aperta campagna al limitare fra i campi e il bosco; lei e la sua ombra alla quale confidava i suoi pensieri, sicura di essere ascoltata e compresa in quell’assoluto silenzio. Le raccontava cose che altri forse non avrebbero capito; la considerava la sua anima nuda e con lei si sentiva sempre a suo agio.

            Era stata fedele compagna dei suoi giochi di bambina e, con altri ragazzi, aveva improvvisato mille figure di animali immaginari mettendosi in competizione, su chi riusciva a essere il più alto o a chi riusciva per primo a pestarne i contorni vincendo.

            Quegli antichi, ma sempre stimolanti giochi, erano ripetuti ora dai suoi nipotini che spesso la coinvolgevano facendola sentire per qualche momento ancora giovane e leggera.

            L’ombra però col passare degli anni aveva assunto per lei un significato e una percezione diversi: le piaceva ammirare il tappeto discontinuo e mobile che la grande quercia proiettava sull’erba sbruciacchiata e stendersi là per riuscire a darle un suono: il suono di ombre lontane perse nel tempo. Là era finalmente arrivata.